Azione contro la fame: più dell'85% delle persone in crisi alimentare vive in Paesi in guerra
85 miliardi all’anno per i 5 maggiori esportatori di armi e 9.000 persone al giorno muoiono di fame per colpa della guerra
OXFAM: Usa, Russia Francia, Cina e Germania coprono il 75% del commercio di armi globale. Italia sesta
[25 Maggio 2023]
Il 24 maggio 2018, il Consiglio di sicurezza dell’Onu adottava all’unanimità la Risoluzione 2417, che riconosce il legame mortale tra conflitti e fame e dichiara che l’uso della fame come arma può costituire un crimine di guerra. A 5 anni da quell’iniziativa storica lo stesso Consiglio di sicurezza dell’Onu sta discutendo di come garantire la sicurezza dei civili nei Paesi in guerra e Oxfam denuncia che «La spesa militare globale nel 2022 ha toccato la cifra record di 2.200 miliardi di dollari, sufficienti a coprire oltre 42 volte gli aiuti richiesti dalle Nazioni Unite per fronteggiare le più gravi crisi umanitarie nel mondo (pari a 51,7 miliardi di dollari) e 11 volte l’Aiuto Pubblico allo Sviluppo globale (pari a 206 miliardi di dollari)».
L’ONG internazionale ha lanciato un appello urgente perché «Si adottino politiche per salvare la vita di milioni di persone intrappolate in zone di conflitto, agendo concretamente contro il moltiplicarsi di guerre e la proliferazione di armi». Infatti, secondo le stine di Oxfam, «Dal 2018 al 2022 la sola spesa mondiale per l’importazione di armi è stata in media pari a 112 miliardi di dollari all’anno, mentre ogni giorno 9 mila persone sono morte per fame a causa principalmente degli effetti prodotti dai conflitti in corso».
I primi cinque Paesi al mondo per export di armi sono Stati Uniti, Russia, Francia, Cina e Germania e ben 4 fanno parte come membri permanenti dello stesso Consiglio du sicurezza dell’Onu che dovrebbe dire come proteggere i cib vili dalle stesse armi che loro vendono a chi li bombarda e mitraglia… Oxfam evidenzia chw «Da soli sono responsabili dei tre quarti del commercio globale e secondo le stime hanno complessivamente guadagnato 85 miliardi di dollari all’anno negli ultimi 4 anni. L’Italia non è stata da meno, attestandosi sesta tra i grandi esportatori, con il 3,8% del commercio mondiale nello stesso periodo, alle spalle della Germania responsabile del 4,2% delle esportazioni globali».
Francesco Petrelli, policy advisor di Oxfam Italia sulla sicurezza alimentare, fa notare il paradosso di Paesi che invocano la pace e che con la vendita globale di armi che alimentano guerre in tutto il mondo: «Le armi che vengono vendute, non solo sono responsabili della morte di civili innocenti, ma contribuiscono a ridurre alla fame chi sopravvive».
Anche Azione contro la Fame, nel suo report “No matter who’s fighting, hunger always wins”, evidenzia «Come sia la fame, in fin dei conti, ad avere la meglio in ogni conflitto, e come a pagare il prezzo maggiore siano sempre i civili. L’85% dei 258 milioni[1] di persone in condizioni di crisi alimentare[2], vive in un Paese in conflitto; per 117 milioni di persone i conflitti rappresentano la causa principale e diretta della fame».
Il report analizza i dati di un’ampia gamma di conflitti armati in tutto il mondo per identificare le connessioni specifiche e complesse tra guerre e fame e Simone Garroni, direttore di Azione contro la Fame , conferma che «Le guerre sono la principale causa di fame nel mondo, eppure sia i conflitti che la fame sono prevenibili. Ed è questo che li rende ancor più inaccettabili. L’allarmante recrudescenza della fame nel mondo va di pari passo con il numero e l’intensità crescenti dei conflitti armati e con la palese inosservanza del diritto umanitario internazionale da parte dei belligeranti».
Infatti, il diritto umanitario internazionale proibisce gli sfollamenti forzati, la contaminazione da mine e gli attacchi alla terra, al cibo, all’acqua e agli operatori umanitari, tuttavia, Azione contro la Fame, Oxfam e altre organizzazioni presenti in Paesi colpiti da conflitti lunghi e sanguinosi, riportano che «Queste azioni continuano ad essere compiute impunemente, privando le persone della possibilità di nutrire sé stesse e le loro famiglie. Basti pensare che nel 2022, 376.400 persone hanno sperimentato condizioni di carestia, ovvero il livello più estremo e mortale di fame, in Afghanistan, Burkina Faso, Haiti, Nigeria, Somalia, Sud Sudan e Yemen – tutti Paesi che affrontano conflitti prolungati o gravi condizioni di insicurezza».
Nei 4 anni presi in esame dal rapporto di Oxfam, «Le esportazioni globali dei principali sistemi d’arma convenzionali sono aumentate del 4,8% rispetto al decennio precedente, mentre nel 2022 quasi 48.000 civili sono stati uccisi a causa dei conflitti armati, che sono arrivati a causare lo sfollamento forzato di quasi 90 milioni di persone nel mondo».
Petrelli commenta: «Numeri spaventosi, ma è solo la punta dell’iceberg. I signori della guerra e le milizie al soldo del miglior offerente, stanno realizzando miliardi di dollari di profitti grazie al traffico illegale di armi leggere che alimentano i conflitti in Somalia e Sud Sudan». E, mentre i produttori, venditori e trafficanti di armi fanno affari d’oro, Oxfam denuncia che «Solo l’anno scorso i conflitti in corso nel mondo sono stati un fattore fondamentale che ha portato alla fame estrema 117 milioni di persone in 19 Paesi. Intere popolazioni, che spesso vivono nei paesi più poveri e vulnerabili del pianeta, si ritrovano minacciate dalla guerra che si aggiunge alla crisi climatica e alla recessione economica».
E gli “aiuti” statali ai Paesi amici spesso si trasformano in armi per sostenere regimi autoritari e per dare la caccia ai migranti politici, economici e climatici. Oxfam rivela che «Nell’Africa subsahariana l’anno scorso i governi hanno speso 19 miliardi di dollari per le forze armate, mentre per sostenere l’agricoltura si è tornati ai livelli di oltre 20 anni fa. Solo 38 su 54 paesi africani hanno rispettato l’impegno preso nella Conferenza di Malabo nel 2014 di investire almeno il 10% del proprio bilancio nazionale in agricoltura. Al contrario in paesi attraversati da sanguinosi conflitti, come il Sud Sudan, la spesa militare l’anno scorso è aumentata di oltre il 50% rispetto al 2021, mentre 7,7 milioni di persone (il 63% della popolazione) si trovano oggi sull’orlo della carestia. Ciò ha causato l’aumento esponenziale dei matrimoni infantili, impedendo a bambini e ragazzi di studiare, avere un futuro degno di questo nome. Qui poi è sempre più difficile portare aiuti alla popolazione a causa degli scontri, con l’accesso al cibo che viene usato come arma per ottenere vantaggi politici dalle parti in conflitto».
Petrelli conclude: «Le grandi potenze mondiali, riunite al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, dovrebbero anteporre la pace al profitto, l’accesso al cibo alla fornitura di armi. Ne saranno in grado? Come più volte ha ricordato Papa Francesco “Viviamo in una terza guerra mondiale combattuta a pezzi”. Una spirale di violenza e disumanità che deve essere interrotta prima che per molti sia troppo tardi».