Accordo per il cessate il fuoco nel nord della Siria, il giudizio dei kurdi
Le Syrian Democratic Forces: l’accordo sul cessate il fuoco copre solo l’area tra Girê Spi e Serêkaniyê. Continuiamo a resistere
[18 Ottobre 2019]
Turchia e Stati Uniti hanno raggiunto un accordo per un cessate il fuoco di 120 ore in Siria durante il quale gli Usa favoriranno l’evacuazione dei miliziani kurdi dalla zona di sicurezza concordata con Ankara. Dopo l’incontro con il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, il vicepresidente Usa Mike ha annunciato che le sanzioni imposte dagli Usa alla Turchia per l’offensiva in Siria saranno tolte appena il cessate il fuoco diventerà permanente e che nell’attesa non ne verranno imposte delle altre. La Turchia otterrà una zona di sicurezza concordata con gli Usa di circa 32 km all’interno della Siria (un’area dove ormai ci sono già truppe siriane e russe). L’agenzia iraniana Pars News sottolinea che «La Turchia terminerà “totalmente” la sua offensiva militare in Siria solo dopo il ritiro dei combattenti curdi dalla zona di sicurezza di circa 30 km concordata con la Turchia». Erdogan ha avvertito coloro che hanno subito festeggiato la fine delle ostilità che l’accordo con gli Usa è solo ina pausa nell’offensiva scatenata dall’esercito turco e dai suoi mercenari jihadisti e che si trasformerà in una fine definitiva dell’offensiva solo se i kurdi si ritireranno interamente, come concordato. Secondo l’intesa, i combattenti kurdi delle unità di protezione popolare (Yekîneyên Parastina Gel – Ypg) e i loro alleati arabi, aramei, assiri e yazidi delle Syran Democratic Forces (SDF) dovranno lasciare la “safe zone” imposta dalla Turchia, essere disarmati e le loro strutture militari distrutte. Ma Il comando generale delle FDS ha detto che non si tratta affatto di una resa perché la tregua non riguarda affatto tutto il territorio di confine del Rojava kurdo-siriano. In una dichiarazione ufficiale delle SDF si legge: «A seguito di richiesta e approvazione delle Syran Democratic Forces (FDS) e con la mediazione degli Stati Uniti, rappresentati dal vice Presidente Mike Pence, oggi (17 ottobre 2019) è stata concordata una tregua immediata tra le FDS e lo Stato turco lungo le linee del fronte da Serêkaniyê (Ras al-Ain) fino a Girê Spî (Tall Abyad). La tregua è iniziata alle ore 22. Le FDS ribadiscono la loro determinazione di rispettare la tregua e invitano lo Stato turco a fare altrettanto».
In una dichiarazione a Ronahi Tv riportata dall’agenzia ANF, il comandante in capo delle FDS, generale Mazlum Abdi ha valutato l’accordo sul cessate il fuoco: «Questo è un inizio. Lo Stato turco non ha fermato l’invasione. Il nostro popolo, le nostre forze politiche devono migliorare la lotta, le forze politiche curde devono sviluppare e rafforzare la loro unità».
Abdi ha rivelato che «Colloqui su un possibile accordo erano in corso da tre giorni e le FDS erano a conoscenza degli sviluppi. Il Presidente Usa ci teneva a trovare un accordo e aveva mandato una lettera al Presidente turco Erdoğan. Il nostro popolo deve sapere che l’accordo sul cessate il fuoco copre l’area tra Girê Spi e Serêkaniyê. Faremo tutto il necessario per rendere il cessate il fuoco un successo. Gli Usa sono responsabili di vigilare sull’accordo che comprende il ritorno delle persone espulse nelle loro case e non include cambiamenti della demografia nell’area. Gli obiettivi degli attaccanti non si devono realizzare. Nulla è stato discusso per le altre regioni. Le nostre forze restano lì».
Mentre i giornali di quasi tutto il mondo vedono nella tregua una sconfitta dei kurdi sul campo, Abdi ha sottolineato che «Questo cessate il fuoco è stato il risultato della lotta eroica di soldati delle FDS, kurdi, arabi, assiri cristiani e altri, condotta insieme e risultato del sostegno di tutte le forze nel mondo, di popoli e di Stati, che tutte le forze del mondo hanno mostrato alle FDS Possiamo dire che questo è un inizio. L’occupazione turca non continuerà nel modo attuale. Come risultato di una grande resistenza, è stata fermata. Il nostro popolo e le nostre forze politiche, devono rafforzare la loro unità e aumentare la loro lotta, in particolare le nostre forze politiche curde che devono superare le differenze tra di loro e creare una grande unità, in modo che la fase che abbiamo davanti possa avere successo».
Tra la solidarietà internazionale i kurdi annoverano anche la durissima telefonata del Consiglio Giuseppe Conte con il presidente turco Erdogan, durante la quale Conte ha ribadito che l’Italia ritiene inaccettabile l’azione militare avviata in Siria e «non sono mancati momenti di forte tensione a fronte del fermo e reiterato invito del presidente Conte ad interrompere questa iniziativa militare, che ha effetti negativi sulla popolazione civile». Conte ha chiesto a Erdogan di ritirare le truppe.
Poco prima dell’annuncio dell’accordo Turchia-Usa sul cessate il fuoco, nella serata del 16 ottobre, il comandante generale delle SDF, Mazlum Abdi Kobanê aveva parlato con Ronahî TV della situazione attuale in Siria del nord e dell’est, sottolineando che «Lo Stato turco vuole occupare la regione e le SDF risponderanno agli attacchi di invasione fino all’ultimo momento con la resistenza. L’attacco complessivo dello Stato turco occupante dura già da otto giorni. Questi attacchi inizialmente sono partiti su 150 chilometri lungo il confine, in alcuni punto già su territorio dello Stato siriano. Hanno cercato di penetrare attraverso la linea di collegamento da Serêkaniyê (Ras al-Ain) e Girê Spî (Tall Abyad) all’interno del Paese. La resistenza è ininterrotta e continuerà. Lo Stato turco attacca con migliaia dei suoi soldati e mercenari, centinaia di carri armati, jet da combattimento, aerei da combattimento e da ricognizione. In particolare da regioni come Azaz, al-Bab e Efrîn, sono stati trasferiti qui decine di migliaia di mercenari di IS, al-Nusra e altre bande. Conosciamo fin troppo bene la maggior parte di queste bande che vogliono vendicarsi. Di fronte a loro ci sono kurdi, arabi, suryoye e appartenenti a altre etnie, che si sono riunite sotto il tetto delle SDF e si oppongono. Finora le e i nostri combattenti si sono ritirati/e solo da Girê Spî, e questo solo dopo una grande resistenza. A Serêkaniyê la resistenza continua. I soldati dell’esercito di occupazione si muovono solo in una zona molto piccola della città, la battaglia continua in modo aspro. Gli invasori cercano di circondare Serêkaniyê».
L’esercito turco ha annunciato di aver ,conquistato’ Serêkaniyê, ma Kobanê dice che «Questo non è vero. A Serêkaniyê si svolge una resistenza di dimensione storica. Saluto tutti i e le combattenti e amici e amiche che vi prendono parte, perché stanno compiendo qualcosa di straordinario». Serêkaniyê è sul confine turco-siriano, direttamente di fronte all’omonima città del Kurdistan turco che i turchi chiamano Ceylanpınar e dove non esiste un valico di confine aperto: «Per questo – spiega Kobanê – lo Stato turco ha mobilitato tutte le sue forze e attacca da tutti i lati. Ma la resistenza si svolge in modo leggendario. Non avanzano come pianificato. Questa guerra continuerà ancora e non finirà tanto facilmente. L’ovest di Girê Spî è costituito da territorio quasi aperto. Lo Stato turco con i suoi aerei da combattimento e carri armati ha potuto raggiungere alcuni punti sulla via di collegamento internazionale M4. Ma un’avanzata nella misura in cui viene propagandata dallo Stato o dalla stampa turca, non è vera. Da questo punto di vista si manipola pesantemente. I villaggi della zona sono tutti collegati tra loro, gli scontri in molte località sono ancora in corso. Alcuni dei villaggi si trovano sotto il nostro controllo, altri a loro volta sono stati presi. La resistenza continua e non finirà tanto facilmente. Una sola volta hanno cercato di conquistare la via di collegamento internazionale. Ma sono stati attaccati e scacciati da noi in modo efficace. Vogliono controllare la strada per avanzare da lì verso Kobanê. Martedì lo Stato turco ha cercato di nuovo di penetrare a Minbic (Manbij). Gli occupanti sono avanzati in due ali, ma hanno fallito grazie ai e alle nostre combattenti che hanno reagito di conseguenza. Dopo scontri è stato possibile spezzare l’ondata di attacchi. Altri attacchi sono da escludere». Le SDF e il governo autonomo della Siria nord-orientale denunciano un massacro di civili, anche con l’utilizzo di armi chimiche e fosforo bianco e napalm, come dimostrerebbero le gravi ustioni dei ricoverati – tra i quali molti bambini – nell’ospedale di Ras al Ayn. Il ministro della difesa di Ankara ha risposto incredibilmente che «Tutti sanno che l’esercito turco non ha armi chimiche. Alcune informazioni ci indicano che” le milizie curde delle Ypg usano armi chimiche per poi accusare la Turchia»,
Kobanê ha fatto un tragico riassunto dell’offensiva turca: «Posso dire che viene condotta una guerra di forte intensità. Noi continuiamo a opporre resistenza. Finora sono caduti/e circa 200 nostri/e amici e amiche. La maggior parte di loro ha perso la vita negli attacchi aerei. La popolazione civile però si trova di fronte a un massacro continuo. Sia a Serêkaniyê sia in altre località, si sono verificati dei massacri. 205 civili, tra cui donne e bambini, non vivono più. Circa 300 altri/e sono feriti/e. Questi dati si riferiscono a numeri che sono stati trasmessi dagli ospedali. Lo Stato turco non distingue tra obiettivi civili e militari. In questo modo cerca di ottenere risultati. Questa è la strategia della Turchia. Ma non è limitata solo al Rojava. Lo Stato turco segue un piano ovunque voglia irrompere. Per scacciare la popolazione civile, tutte le regioni vengono bombardate indistintamente. Questa è una politica scelta in modo consapevole. Lo Stato turco non lascia alla popolazione altra scelta se non la fuga per poter insediare in questa regione gente da altre regioni». Kobanê dopo aver fortemente criticato il “tradimento” statunitense ha confermato di aver ricevuto il 14 ottobre una telefonata dal presidente Usa: «Trump stesso ha telefonato. Erano presenti anche il suo vice Presidente e alcuni senatori. Abbiamo parlato di quale sia la direzione in cui si sviluppa la situazione qui. Si è informato sui nostri piano e su quali possibilità di azione esistono. Sull’accordo sulla sicurezza dei confini che abbiamo raggiunto con il regime, ha dichiarato di non essere contrario. Ha detto: “Vogliono difendere il loro Paese. Questo lo possono fare, noi lo sosteniamo”. Trump ha detto che lo capiva, perché gli Usa non hanno adempiuto ai loro impegni. La nostra parte ha reso chiaro che gli Usa devono fermare questa guerra. Noi abbiamo dichiarato che questa guerra è diventata possibile solo a causa del ritiro delle truppe Usa e che per questo gli Usa hanno l’obbligo di fermarla. Noi abbiamo ricordato alla parte Usa i suoi impegni di proteggere i popoli della regione e di mantenere la lotta contro lo Stato Islamico. Perché al momento a Serêkaniyê è in corso una guerra intensa. Abbiamo fatto notare che Kobanê è in pericolo e che a questa guerra va messa fine. Trump ha detto che avrebbe parlato con Erdoğan e avrebbe tentato tutto. Se necessario avrebbe inasprito le sanzioni. Inoltre abbiamo prospettato agli Usa che la nostra collaborazione, posto che adempiano ai loro doveri, può continuare. In fondo sono stati loro che non si sono attenuti ai nostri accordi».
Ma ormai i kurdi e i loro alleati (e un po’ tutti in Medio Oriente) sembrano considerare Trump un alleato inaffidabile e Kobanê spiega perché le SDF hanno chiesto l’intervento di Putin e Assad: «La relazione con la Siria e la Russia era elementare. Era necessaria per impedire gli attacchi dello Stato turco. Non si tratta però di un’alleanza. Da un punto di vista si potrebbe valutare come una specie di riconciliazione. Il quadro di questo accordo è costituito dall’obiettivo di impedire allo Stato turco di occupare territorio siriano. Ai colloqui hanno preso parte responsabili militari russi, rappresentanti del governo siriano e noi. L’accordo tra noi non ha uno sfondo politico. E’ solo di natura militare. La zona che si intende occupare, inizia sulla linea del confine e entra per 30 chilometri in profondità in territorio siriano. Gli Usa sostengono la posizione di non intervenire lì. Per questo ci siamo intesi con la Siria su una difesa comune dei confini. In questo modo lo Stato turco non potrà estendere il territorio che ha occupato. Un altro tema è il quadro di un accordo a livello politico. Al momento in proposito non conduciamo ancora colloqui, tuttavia andrà a finire così. In fondo il Rojava è una parte della Siria. Attualmente ci occupiamo esclusivamente della guerra di aggressione della Turchia. Per via della situazione attuale abbiamo assegnato all’esercito siriano la regione di confine di Minbic. Anche a Tirbespî, Serêkaniyê, Til Temir e lungo la M4 sono state assegnate postazioni ai soldati siriani. Si tratta di punti strategicamente importanti. Negli accordi con la Siria, la Russia è la potenza di protezione che garantisce l’accordo. Ci sono due forze che possono fermare lo Stato occupante: gli USA e la Russia. La situazione degli statunitensi è chiara, per questo la presenza di un’altra forza come la Russia è un vantaggio. Il 90 percento del territorio del Rojava si trova fuori dalla zona dei combattimenti. Solo lì dove è necessario, combatteremo insieme all’esercito siriano. Più tardi punteremo alla basi per un accordo politico per il futuro della Siria. Alcune cerchie ritengono che lo Stato siriano sia entrato in questa zona senza alcuna base. Questa affermazione non corrisponde a verità. Noi ci troviamo in una situazione straordinaria che richiede che le nostre forze combattano insieme all’esercito siriano. La nostra popolazione dovrebbe seguire la situazione con attenzione e non lasciarsi provocare. Queste aree provocatorie possono anche dire che abbiamo perso le nostre conquiste. Questo non è vero. Le informazioni che non provengono da noi, non hanno contenuti veritieri. Fondamentali sono le dichiarazioni dell’Amministrazione Autonoma».
Kobanê ha concluso ricordando che «La resistenza in Rojava non è limitata all’oggi. Da otto anni tutto il modo guarda alla resistenza delle Forze Democratiche della Siria e alle Unità di Difesa del Popolo e delle Donne YPG/YPJ. Anche nella situazione attuale vediamo i lati positivi di questa lotta. Che il mondo intero sia al fianco delle kurde e dei kurdi a fronte dell’invasione, senza dubbio dipende dal fatto che si sente in obbligo con loro. Tutte le nostre amiche e i nostri amici affermano la solidarietà con noi. Ma queste reazioni non ci bastano. Perché gli attacchi di occupazione continuano. La posizione dei partiti curdi dovrebbe essere più concreta. Ancora una volta abbiamo imparato che lo Stato turco è il nemico di tutti noi. Il suo unico obiettivo è di cancellare i kurdi. Il fatto che abbiamo ritirato le nostre forze dalla zona di confine, evidentemente non è bastato. Si vogliono distruggere le nostre conquiste. Per attuare questo, lo Stato turco trova davvero molti pretesti. I partiti politici kurdi dovrebbero unirsi sotto un tetto comune. Anche se militarmente non sono presenti sul posto, ha un grande significato che formino un’unità a livello politico. Alcune delle nostre forze kurde sono attive in strutture differenti. Anche loro devono prendere posizione contro questa invasione. Solo con dichiarazioni e riunioni la cosa non è risolta; dovrebbero compiere passi concreti e impegnarsi per la resistenza a Kobanê, Serêkaniyê e Girê Spî. Il nostro accordo con la Siria non è stato ancora completamente attuato. È vero, l’esercito è arrivato a Minbic e Til Temir. Ma abbiamo raggiunto un accordo sulla sicurezza dei confini. Al momento non ci sono ancora truppe del regime sulla linea di confine. Ora dovrebbero andarci per indebolire l’invasione. Colgo l’occasione per inviare a tutte e tutti i combattenti delle Ypg Ypj e e SDF e alla popolazione locale cordiali saluti. Le nostre amiche e i nostri amici su tutti i fronti oppongono una storica resistenza. In particolare salute le nostre amiche e i nostri amici a Serêkaniyê. Da otto giorni resistono a tecnologia bellica estremamente moderna. Lì dove c’è resistenza, la vittoria non è lontana. Di questo sono convinto. Noi combatteremo, noi vinceremo. E questo sarà presto».