Afghanistan: Guterres chiede unità dopo la disfatta della comunità internazionale

Ma la situazione era già terribile prima della vittoria dei talebani, soprattutto per donne, ragazze e bambini

[17 Agosto 2021]

Chi si aspettava dal presidente Usa Joe Biden una qualche autocritica per la disastrisa sconfitta in Afghanista – un’avventura voluta del repubblicano Bush, coltivata dal democratico Obama e conclusa nell’ignominia del repubblicano Trump e dal democratico Biden – si sbagliava. Il tutto lo riassume bene Adruano Sofri nella sua rubrica che tiene su Facebook: «Non perdo tempo a criticare il discorso appena tenuto da Biden: è un discorso disastroso davanti alla tragedia e alla farsa che si consumano in Afghanistan, nel palazzo presidenziale di Kabul e all’aereoporto, e nelle strade e nelle case dei civili. Voglio indicare un solo aspetto del discorso, davvero impressionante. Biden ha parlato solo di sé come presidente degli Stati Uniti, dell’interesse degli Stati Uniti, della sicurezza del territorio degli Stati Uniti dal terrorismo. Ha pronunciato le parole “i nostri alleati” una sola volta, nel passaggio più insignificante sullo svolgimento ulteriore dell’evacuazione dal paese. La Nato e l’Europa, li ha liquidati semplicemente ignorandoli, la colossale alleanza internazionale intitolata Enduring Freedom, e poi le sue prosecuzioni, la NATO della missione ISAF dal 2006, e la missione supplementare protratta fino alla disfatta in corso: nulle e non avvenute. Come si licenzia un cameriere in nero, senza buonuscita».

L’Onu ha molte responsabilità nell’aver consentito con il suo debole silenzio l’attacco illegale all’Afghanistan – dopo quello all’Iraq – ma sono responsabilità che risalgono a 20 anni fa e che non possono essere attribuite direttamente all’attuale segretario generale dell’Onu, il socialista ed ex presidente portoghese António Guterres e che, mentre gli afgani disperati cercavano di sfuggire ai talebani e si imbarcavano (e cadevano) sugli aerei, durante un briefing in una sessione di emergenza del Consiglio di sicurezza.

Guterres ha fatto appello al Consiglio di sicurezza  – dove i 5 Paesi membri permanenti stanno già prendendo strade separate o hanno già riconosciuto (Russia e Cina) il nuovo Emirato Islamico dell’Afghanistan –    «Affinché si unisca e garantisca che i diritti umani siano rispettati, gli aiuti umanitari continuino e che il Paese non torni ad essere una piattaforma per il terrorismo.  I prossimi giorni saranno cruciali. Il mondo ci sta guardando. Non possiamo e non dobbiamo abbandonare il popolo afghano».

Il capo dell’Onu ha fatto notare che «La comunità internazionale sta seguendo gli sviluppi in Afghanistan con il cuore pesante e profonda inquietudine per ciò che ci aspetta. In questo momento grave, esorto tutte le parti, in particolare i talebani, a esercitare la massima moderazione per proteggere vite umane e garantire che i bisogni umanitari possano essere soddisfatti».

L’ormai ex ambasciatore all’Onu della Repubblica Islamica dell’Afghanistan, Ghulam M. Isaczai, ha parlato della paura che ha attanagliato Kabul: «Persone sfollate da altre province si erano riversate nella capitale, considerata l’ultimo rifugio del Paese.  I residenti di Kabul riferiscono che i talebani hanno già iniziato a perquisire casa per casa in alcuni quartieri di Kabul, registrando nomi e cercando persone nella loro lista di obiettivi. Ci sono già segnalazioni di uccisioni mirate e saccheggi in città».

Guterres ha evidenziato «La necessità di proteggere i civili e consentire l’accesso umanitario. Esorto le nazioni a mostrare la volontà di accogliere i rifugiati afghani e di fermare qualsiasi deportazione. Ora è il momento di stare uniti, Invito la comunità internazionale a parlare con una sola voce per difendere i diritti umani» e ha espresso particolare preoccupazione per «Le crescenti violazioni contro donne e ragazze. E’ essenziale che i diritti conquistati a fatica delle donne e delle ragazze afgane siano protetti.  Stanno cercando il sostegno della comunità internazionale, la stessa comunità internazionale che ha assicurato loro che le opportunità sarebbero state ampliate, l’istruzione sarebbe stata garantita, le libertà si sarebbero diffuse e i diritti sarebbero stati garantiti».

Guterres si riferisce a quel che la Nato sotto comando Usa non è riuscita a fare in 20 anni di fallimentare invasione dell’Afghanista. In queste tragiche ore anche i giornali e le televisioni italiane diffondono l’immagine di un Afghanistan democratico, dove le donne erano state liberate dal burka e dall’oppressione patriarcale. Niente di meno vero: se si esclude Kabul – e limitato all’alta borghesia che collaborava con gli occidentali e ad alcune professioniste – per le donne in Afghanistan non era cambiato niente, vigeva la legge islamica, le adultere venivano ancora arrestate, fustigate e lapidate, continuavano i matrimoni forzati delle bambine e il Paese era in mano a una falsa democrazia tribale alla cui testa c’erano signori della guerra e dell’oppio, cricche di cleptomani armati e finanziati dalla Nato e dagli Usa, che se la sono filata con la cassa, come ha fatto senza nemmeno guardarsi indietro il corrotto e inetto presidente Ashraf Ghani.

Ma, di fronte a quel disastro della comunità internazionale che è l’Afghanistan, a Guterres non è rimasto altro che l’ennesima dichiarazione di rito che è anche un’umiliante ammissione di sconfitta: «L’unità internazionale sarà anche fondamentale per garantire che l’Afghanistan non venga mai più utilizzato come piattaforma o rifugio sicuro per le organizzazioni terroristiche. Faccio appello al Consiglio di sicurezza – e alla comunità internazionale nel suo insieme – affinché rimangano uniti, lavorino insieme e agiscano insieme e utilizzino tutti gli strumenti a sua disposizione per sopprimere la minaccia terroristica globale in Afghanistan e per garantire che i diritti umani fondamentali saranno rispettati. Indipendentemente da chi detiene il potere, questi due principi fondamentali – per i quali il nostro mondo ha un interesse così profondo e costante – devono essere sostenuti».

Poi, il segretario generale ha sottolineato «L’impegno dell’Onu a sostenere l’Afghanistan. Il personale e gli uffici rimangono in aree che sono passate sotto il controllo dei talebani e la maggior parte del personale e dei locali sono stati rispettati. Poiché circa la metà di tutti gli afghani, ovvero circa 18 milioni di persone, dipendono dagli aiuti umanitari, è essenziale che i servizi di base continuino a essere forniti. In una dichiarazione rilasciata domenica, i talebani hanno affermato che avrebbero lavorato con le istituzioni esistenti. E’ fondamentale che gli stipendi dei dipendenti pubblici continuino a essere pagati, le infrastrutture siano mantenute, gli aeroporti siano riaperti e i servizi sanitari e di istruzione continuino. Mentre le Nazioni Unite si adatteranno alla situazione della sicurezza in Afghanistan, rimarremo e forniremo sostegno al popolo afghano nel momento del bisogno».

Il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha approvato una dichiarazione nella quale si chiede «La cessazione delle ostilità e l’istituzione, attraverso negoziati inclusivi, di un nuovo governo in Afghanistan che sarebbe stato unito, inclusivo e rappresentativo, e con la partecipazione delle donne» e ha fatto appello alla «fine immediata delle violenze e al  ripristino della sicurezza e dell’ordine civile e costituzionale».

Per il Consiglio di sicurezza  sono necessari «Colloqui urgenti per risolvere l’attuale crisi di autorità e per arrivare a una soluzione pacifica attraverso un processo di riconciliazione nazionale guidato e posseduto dall’Afghanistan» e i 15 ambasciatori hanno espresso «Profonda preoccupazione per il numero di gravi violazioni segnalate del diritto internazionale sui diritti umani e degli abusi dei diritti umani» e hanno sottolineato «La necessità urgente e imperativa di assicurare i responsabili alla giustizia».

Ma intanto sui palazzi del potere di Kabul e di tutte le altre città afghane è stato ammainato il tricolore nero-rosso-verde della Repubblica islamica dell’Afghanistan e sventola la bandiera bianca dell’Emirato Islamico talebano con la scritta nera “Non c’è altro dio che Allah, e Maometto è il Suo messaggero”.

Un gruppo di 24 esperti indipendenti dei diritti umani nominati dall’Onu ha chiesto «Una rapida azione globale per prevenire il “massacro civile” in Afghanistan», avvertendo anche che «Due decenni di lavoro su sanità, istruzione, cultura e infrastrutture sociali sono a rischio».

Gli esperti Onu, dopo aver ricordato che finora i talebani erano considerati dal Consiglio di sicurezza Onu un’organizzazione terroristica, hanno fatto notare che i talebani hanno violato tutti gli impegni presi nelle trattative con il governo Usa: «Siamo indignati per gli attacchi sconsiderati contro i civili, il targeting di giornalisti e media indipendenti e la violenza diretta a donne e ragazze, compresa l’imposizione di restrizioni alla loro capacità di agire in qualsiasi modo indipendente nella società, il che è del tutto incompatibile con il dignità e diritti delle donne e delle ragazze. Oggi, i rapporti di 16 province continuano a mostrare che la maggior parte delle donne sta subendo le stesse violazioni dei diritti di 20 anni fa sotto il controllo dei talebani, compreso l’uso forzato del burka, il matrimonio forzato, la restrizione alla libertà di movimento e l’uso obbligatorio di un mahram, divieto di lavoro e accesso limitato all’assistenza sanitaria, all’istruzione e altro ancora. Circa l’80% di quasi un quarto di milione di afgani che sono stati costretti a fuggire dalla fine di maggio sono donne e bambini».

I 25 esperti concludono: «Non possiamo restare a guardare mentre le vite del popolo afghano sono trattate con disprezzo, derisione e noncuranza. L’Afghanistan è un banco di prova per il valore della Carta delle Nazioni Unite e per l’impegno degli Stati a impedire che la piaga del terrorismo distrugga società e valori portatori di diritti. Esortiamo tutti gli Stati a rimanere saldi e ad avere il coraggio morale e la chiarezza di agire per prevenire ulteriori violenze e danni. La comunità internazionale sarà giudicata in base alle nostre azioni, alla nostra forza d’animo e alla nostra volontà di dare un senso alle nostre parole sui diritti in questo momento decisivo».

Lo studio “Children and armed conflict in Afghanistan”, consegnato ieri al Consiglio di sicurezza Onu descrive una situazione terribile già prima della presa di Kabul: 5.770 giovani afgani sono stati uccisi o mutilati tra gennaio 2019 e dicembre 2020. Nel frattempo, durante la prima metà di quest’anno, le vittime tra i  bambini hanno raggiunto i livelli più alti di sempre, con centinaia di morti nelle ultime settimane a causa del deterioramento della situazione politica e della sicurezza.

Virginia Gamba, rappresentante speciale del Segretario generale dell’Onu per i bambini ei conflitti armati, ha affermato che «L’Afghanistan continua a essere uno dei luoghi più pericolosi in cui essere un bambino.  Sono sconvolta dai continui e crescenti livelli di violenza subiti dai bambini in Afghanistan, compresi quelli coinvolti in un combattimento. Mentre la situazione già drammatica continua a evolversi rapidamente e continuano a sorgere segnalazioni di violazioni dei diritti umani, chiedo che tutti gli abusi cessino ed esorto i talebani e tutte le altre parti a rispettare i loro obblighi ai sensi del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani, nonché degli impegni nazionali e proteggere la vita e i diritti di tutte le persone, comprese quelle delle donne e delle ragazze».

Lo studio ha rivelato che durante il periodo di riferimento, una vittima su tre era un bambino e che «I gruppi armati, in particolare i talebani, sono stati responsabili della maggior parte degli incidenti, ovvero il 46%, con le forze governative e filogovernative che rappresentano il 35%, seguite da mine antiuomo e residuati bellici esplosivi».

Secondo la Gamba, «E’ urgente che tutte le parti adottino le azioni necessarie per ridurre al minimo i danni ai bambini e dare priorità alla loro protezione nella conduzione delle ostilità, nonché proteggere scuole e ospedali. Un tale danno è destinato a colpire le generazioni future, quando ai bambini afghani è già stata portata via l’infanzia. Con cifre già allarmanti e i talebani identificati nel rapporto come uno dei principali responsabili della violenza contro i bambini, il futuro dei bambini, in particolare delle ragazze, in Afghanistan è oscuro».

L’Onu ha inoltre verificato più di 6.470 gravi violazioni contro i bambini durante il periodo di riferimento, di cui quasi la metà attribuite ai talebani. Sono stati verificati anche circa 297 attacchi a scuole e ospedali.  Nonostante una diminuzione degli assalti alle scuole, sono aumentati gli attacchi agli ospedali e al personale sanitario, dando colpi mortali al fragile sistema sanitario afghano che sta affrontando la pandemia di COvid-19.

La Gamba  denuncia che «Nel frattempo, gli attacchi deliberati dei talebani alle scuole femminili restano una tendenza preoccupante. Faccio appello ai talebani, e a tutte le altre parti in conflitto, affinché rispettino i diritti umani, compreso il diritto all’istruzione per le ragazze. Le parti in guerra, principalmente i talebani, hanno anche reclutato 260 ragazzi nelle ostilità, per lo più in ruoli di combattimento. La pandemia ha esacerbato la vulnerabilità dei ragazzi: una situazione che peggiorerà, visti gli attuali livelli di violenza. Oggi invito tutte le parti, in particolare i talebani, a prevenire il reclutamento e l’uso, il rapimento, l’uccisione e la mutilazione dei bambini e a porre fine a tutte le violazioni e ad adottare urgentemente misure concrete per proteggere i bambini, le scuole e gli ospedali e mitigare i minori vittime».

La Rappresentante speciale dell’Onu ha inoltre invitato l’Afghanistan a «Sostenere la criminalizzazione della pratica del bacha bazi , una forma di abuso sessuale contro i ragazzi, in linea con le revisioni del codice penale nel 2018.  La vera protezione per i bambini afghani arriverà solo attraverso una risoluzione pacifica del conflitto.  “Chiedo a tutte le parti, in particolare ai talebani di oggi, di garantire che le questioni relative alla protezione dei bambini abbiano la priorità da parte di tutti gli attori coinvolti nei negoziati di pace per prevenire in modo sostenibile il ripetersi di gravi violazioni contro i bambini e contribuire a migliorare la fattibilità della pace».