Basi militari cinesi negli atolli contesi del Mar Cinese Meridionale: le foto
Pechino occupa e distrugge interi atolli corallini, provocando un disastro ambientale
[7 Febbraio 2018]
Il giornale filippino Philippines Daily Inquirer ha pubblicato foto che dimostrerebbero che la Cina ha già costruito e sta costruendo “fortezze insulari” nel Mar Cinese Meridionale, sugli atolli corallini dell’arcipelago delle Spratly, al largo delle Filippine – che li considerano territorio nazionale – ma rivendicati anche in tutto o in parte anche da Brunei, Malysia,Taiwan e Vietnam.
Le foto, scattate da un drone e consegnate al Philippines Daily Inquirer da una fonte anonima, sarebbero state realizzate tra giugno e dicembre 2017 e hanno mostrato attività di costruzione e traffici di navi da carico cinesi che il giornale filippino ha definito «Una campagna di costruzione “sfrenata” progettata per proiettare il potere cinese lungo una rotta di trasporti ricca di risorse, attraverso la quale ogni anno passano trilioni di dollari di scambi globali». Al giornale invece non sembra interessare il fortissimo impatto ambientale dell’occupazione cinese che ha completamente cementificato alcune isole e messo in pericolo il fragile habitat degli atolli e della barriera corallina delle Spratly, che i cinesi chiamano Nansha, i filippini Kapuluan ng Kalayaan, i vietnamiti Quần đảo Trường Sa e i malesi Kepulauan Spratly.
Il Philippines Daily Inquirer ha mostrato le fotografie a Eugenio Bito-onon Jr., l’ex sindaco di Kalayaan sull’isola di Pag-asa (Thitu), la più grande occupata dalle Filippine nelle Spratly, che ha riconosciuto nuove strutture artificiali sulle isole che non c’erano due anni fa quando sorvolò gli atolli occupati dai cinesi insieme a dei giornalisti statunitensi dell’HBO: «Queste foto sono autentiche. Ho volato con l’HBO prima delle elezioni del 2016. Abbiamo ricevuto ripetuti avvertimenti dai cinesi perché stavamo girando intorno alle isole. Vedo che ora ci sono ulteriori strutture verticali.
Alcune foto mostrano navi mercantili e navi da rifornimento, che secondo il giornale sembravano trasportare materiali da costruzione sulle isole occupate dalla Cina. Altre immagini mostrano pontili, hangar, torri di controllo, elisuperfici ed edifici a più piani che i cinesi hanno costruito su isolotti rivendicati dalle Filippine come Fiery Cross, Calderon (Cuarteron), Burgos (Gaven), Mabini (Johnson South), Panganiban (Mischief), Zamora (Subi) e McKennan (Hughes).
Secondo Bonnie Glaser, un’esperta di sicurezza nell’Asia-Pacifico del thinktank Usa Center for strategic and international studies, le immagini di quelle che il Philippines Daily Inquirer descrive come “fortezze insulari”. sono «Il lotto più completo e dettagliato di immagini aeree disponibili» degli avamposti militari cinesi nel Mar Cinese Meridionale. A dicembre il Center for strategic and international studies aveva pubblicato un rapporto – anche questo corredato da foto – nel quale accusava la Cina aveva creato sulle Spratly strutture militari grandi più di quattro volte del Buckingham Palace.
Una delle barriere coralline occupate dai cinesi, Panganiban, si trova all’interno della Zona economica esclusiva delle Filippine (370 EZ) nel Mar Cinese Meridionale. La Corte permanente di arbitrato sostenuta dall’Onu a L’Aia ha stabilito che Panganiban Reef appartiene alle Filippine. Ma la cosa non sembra preoccupare molto il presidente fascistoide delle Filippine Rodrigo Duterte che, da quando ha preso il potere nel 2016, ha stabilito una nuova e lucrosa alleanza con la Cina comunista durante una visita di stato di 4 giorni a Pechino, durante la quale ha messo la sordina alle rivendicazioni nazionaliste del precedente governo sulle Spratly/Nansha/Kapuluan ng Kalayaan. Harry Roque, il portavoce di Duterte, rispondendo ai giornalisti che gli chiedevano cosa intendesse fare il governo di Manila di fronte alle prove dell’occupazione cinese, ha risposto: «La regione è stata a lungo militarizzata. Che cosa volete che facciamo? Non possiamo dichiarare guerra». L’opposizione filippina accusa il governo iper-nazionalista (a parole) di Duterte di tradire il «sacro dovere fondamentale di difendere il territorio del nostro Paese».
Fonti del Partito comunista cinese ribattono che in realtà le foto mostrerebbero soprattutto installazioni civili Chen Xiangmiao, dell’Istituto nazionale per studi sul mare della Cina meridionale, ha detto al Global Times: «La costruzione di strutture civili è l’obiettivo principale dell’urbanizzazione elle isole del Mar Cinese Meridionale e la porzione di dispiegamento della difesa è relativamente piccola».
Un altro esperto cinese, Zhuang Guotu, ha accusato i giornalisti stranieri di dire falsità sulle attività di Pechino nel Mar Cinese Meridionale, ma ha ribadito che «La Cina ha il diritto di costruire qualsiasi cosa sul suo territorio» (anche se le Spratly non sono considerate territorio cinese dalla comunità internazionale) e ha aggiunto che le infrastrutture militari cinesi non sono un espansione militare, ma solo la difesa della sicurezza e degli interessi della Cina. Interessi che, come tutti sanno riguardano il controllo di rotte di navigazione vitali ma anche lo sfruttamento delle risorse ittiche e del petrolio e del gas che sarebbero nascosti nei fondali delle Spratly.