In Africa occidentale e Sahel 5 golpe militari in 2 anni: in crisi l’impalcatura post coloniale della Cédéao
Burkina Faso: è stato un golpe vero. Un popolo stanco della guerra anti-jihadista e per le risorse
Francia e Onu: immediato rilascio del presidente Kaboré e il rapido ritorno all'ordine costituzionale
[26 Gennaio 2022]
Quello avvenuto nella notte tra il 23 e il 24 gennaio in Burkina Faso non era un ammutinamento di soldati insoddisfatti, ma un vero e proprio colpo di Stato. A confermarlo sono stati, dagli schermi della televisione nazionale, gli stessi militari golpisti che avevano arrestato il presidente Roch Marc Christian Kaboré, che da allora non è più ricomparso e non ha più parlato in pubblico. La situazione resta confusa, anche se i golpisti del Mouvement patriotique pour la sauvegarde et la restauration (MPSR) hanno detto che il golpe è avvenuto «Senza spargimento di sangue e senza alcuna violenza fisica sugli arrestati, detenuti in un luogo sicuro e nel rispetto della loro dignità». Il capitano Sidsoré Kader Ouédraogo, portavoce dell’MPSR, ha detto che il golpe è dovuto «Alla situazione di insicurezza che minaccia le fondamenta della nazione e all’incapacità delle autorità di unire i Burkinabè per far fronte alla situazione e all’esasperazione di i diversi strati sociali della nazione. Il movimento che riunisce tutte le forze di difesa e di sicurezza ha così deciso di porre fine al potere del signor Roch Marc Christian Kaboré». Poi il MPSR ha sospeso la Costituzione, sciolto l’Assemblea nazionale, chiuso le frontiere aeree e terrestri e decretato il coprifuoco dalle 21:00 alle 5:00 su tutto il territorio nazionale del Burkina Faso. Però i golpisti hanno assicurato che il Paese potrà «Tornare a un ordine costituzionale entro un termine ragionevole». Naturalmente decideranno loro quando sia ragionevole.
Intanto resta l’incertezza sulle dimissioni di Roch Marc Christian Kaboré. La lettera manoscritta che porta la sua firma e che è stata pubblicata sulla pagina Facebook di Radiotélévision burkinabè non è stata ancora autenticata.
Ieri, nella capitale Ouagadougou c’è stata una manifestazione a sostegno dei golpisti, organizzata dal movimento Sauvons le Burkina Faso, che ha riempito Place de la Nation. Gli organizzatori hanno detto di voler dimostrare alla comunità internazionale che i militari putschisti rappresentano «Un popolo sovrano e libero» e un manifestante ha detto a Radio France International (RFI) «Siamo venuti a sostenere l’esercito. Per 7 anni abbiamo dovuto fare i conti con un regime incompetente, inattivo e corrotto. L’esercito si è preso le sue responsabilità. Dobbiamo sostenerlo per cambiare il Burkina Faso».
Dopo aver denunciato in un comunicato di un «Fallito tentativo di assassinare il presidente Roch Marc Christian Kaboré» il Mouvement du peuple pour le progrès (MPP), il Partito che egemonizzava il governo, sembra essersi dileguato appena i militari sono comparsi in televisione per annunciare il successo del golpe. L’unica dichiarazione è quella di un deputato del MPP, Lassina Ouattara, che ha espresso tutto il suo sconforto per come si sono messe le cose: «E’ ancora un brutto colpo per l’attivista che sono e per il nostro Partito, per i democratici che siamo, è un colpo da KO. Non è lo stesso di quando si perde il potere, anche se non sono tutti i sorrisi, non è tutta la gioia. Quella che constatiamo tutti è una battuta d’arresto per le istituzioni democratiche della Repubblica. Quindi è qualcosa di doloroso. Anche dire che non l’abbiamo visto arrivare è lo stesso prova di miopia politica, perché comunque c’erano segnali di allarme, c’erano davvero dei rumors nella società dopo tutto ciò che il Burkina ha conosciuto dall’avvento del terrorismo nel nostro Paese. In ogni caso, siamo sempre stati molto vicini ai movimenti popolari».
Il poverissimo Burkina Faso – l’ex Alto Volta francese – è nel cuore dello scontro per le risorse dell’Africa centrale e del Sahel: da una parte i giacimenti e il petrolio scoperti a nord, dall’alta i cacao e il cotone a sud, il territorio aggredito da cambiamenti climatici rapidissimi e percorso dalle rotte della droga e del traffico di esseri umani. Un Paese dove musulmani e cristiani convivevano in pace da sempre ma che ha attratto come un favo di miele le milizie jihadiste che vogliono instaurare un califfato islamico tra il Sahel, il Sahara e la Nigeria. Un triste destino per il Paese di Thomas Sankara che con la sua breve stagione di un socialismo africano che aveva messo nelle mani del popolo – donne e uomini – le risorse aveva rappresentato una speranza per tutta l’Africa. Una speranza stroncata nel 1987 dal golpe militare assassino e fratricida di Blaise Compaoré, organizzato dalla Francia con la volonterosa complicità delle dittature neocoloniali che servivano Parigi e odiavano e temevano Sankara.
Intervistato da RFI sul golpe in Burkina Faso.il presidente francese Emmanuel Macron ha detto che «La Francia, come sapete, è presente nella regione per combattere il terrorismo. E mi impegno costantemente a stare al fianco delle autorità regionali. La Cédéao (Communauté économique des États de l’Afrique de l’Ouest, della quale fa parte anche il Burkina Faso, ndr) ‘ECOWAS ha condannato questo nuovo colpo di stato guidato dai militari. Ed essendo il presidente Kaboré stato eletto democraticamente dal suo popolo due volte, la Francia sostiene la posizione della Cédéao. La nostra priorità è ovviamente che prima di tutto sia preservata la sua integrità fisica e che si possa mantenere la calma. Oggi è troppo presto per entrare più nel dettaglio, se così si può dire, nella caratterizzazione della situazione in Burkina Faso. Ed è chiaro che questa situazione resta preoccupante visto quello che è successo dall’estate del 2020 in Mali, quello che è successo negli ultimi mesi in Guinea. E penso che la regione debba essere sostenuta nel suo desiderio di mantenere le transizioni civili e le elezioni democratiche. Oltre a ciò, vorrei qui ricordare che la nostra priorità nella regione è ovviamente quella di continuare a combattere il terrorismo islamista, che continua a devastare il Mali, ma anche in Burkina Faso, che è stato bersaglio di numerosi attentati terroristici questi ultimi anni. Inoltre, se guardiamo alle richieste, alle motivazioni dei golpisti, è chiaro che la situazione della sicurezza e i colpi inferti sia all’esercito che alla popolazione civile da questi gruppi terroristici sono un fattore determinante di questa ribellione. Quindi il nostro desiderio è da un lato in stretta connessione con la Cédéao, ma anche dell’insieme degli altri Stati coinvolti in quella che è stata chiamata l’Iniziativa Accra, di combattere tutte le forme di terrorismo nella regione, e di essere al fianco degli Stati e delle popolazioni».
RFI ha fatto notare a Macron che questi golpe militari sono spesso appoggiati dalla popolazione civile e il presidente francese ha risposto che «Non bisogna sottovalutare la fatica e l’esaurimento creati dagli attacchi permanenti di gruppi terroristici che da un lato indeboliscono le forze armate ma che indeboliscono profondamente anche il legame con la popolazione e le istituzioni legittime. Quindi anche per questo, se vogliamo lottare per l’istruzione, l’emancipazione economica, la stabilità di governi democraticamente eletti in questi Paesi e per la sovranità degli Stati, è importante continuare a intensificare la lotta al terrorismo».
Ma Emmanuel Dupuy, presidente dell’Institut prospective et sécurité en Europe (IPSE), ha ricordato in un intervista a Sputnik che proprio dove Macron, «Nel novembre 2017 aveva incensato il modello democratico e il principio di del Burkina Faso in un suo famoso discorso» e che quindi il golpe a Ouagadougou sarebbe un fallimento totale e la africana della Francia sarebbe totalmente atrofizzata».
Dupuy fa notare che «Una buona parte dei Presidenti su cui contavamo per la stabilità e il sostegno contro i gruppi terroristici armati sono ormai tutti scomparsi. E’ il caso di Ibrahim Boubacar Kéïta in Mali, di Alpha Condé in Guinea, di Idriss Déby Itno in Ciad o di Mahamadou Issoufou in Niger. In una logica più o meno democratica, gli unici due rimasti erano Mohamed Ould Ghazouani dalla Mauritania e Roch Kaboré dal Burkina Faso. Se quest’ultimo fosse caduto, non c’è bisogno di dire che la politica africana sarà guardata con ancora di più circospezione».
Con quello in Burkina Faso, siamo al quinto golpe riuscito o tentato in un Paese della Cédéao, dopo la presa del potere da parte dei militari in Mali nel 2020 e il nuovo golpe nel settembre 2021, poi il golpe in riuscito Guinea e il colpo di stato non riuscito in in Niger nel marzo 2021, poco prima dell’insediamento del presidente Mohamed Bazoum. Dupuy sottolinea che «Questo implica che in 4 de 15 Paesi della Cédéao la situazione politica è particolarmente instabile poiché lì l’ordine istituzionale non regna più. Potremmo anche aggiungere un quinto Paese che non fa parte della Cédéao, [ma che è un suo vicino immediato], il Ciad, il cui ordine istituzionale è stato sconvolto con la morte del maresciallo Idriss Déby Itno» e dove il figlio dell’ex presidente si è impossessato del potere insieme ai militari.
In Africa occidentale, c’è quindi una grande instabilità e una messa in discussione della leadership politica, legata alla ex potenza coloniale francese, che è diffusa in tutti i paesi. «Questa situazione dà l’impressione che i prossimi della lista il cui potere potrebbe essere messo in discussione siano i presidenti Mohamed Bazoum del Niger, Alassane Ouattara della Costa d’Avorio e potenzialmente Faure Gnassingbé del Togo e Macky Sall del Senegal – prevede Dupuy – Riguardo al Senegal, ricordiamo le manifestazioni popolari a sostegno di Ousmane Sonko, principale leader dell’opposizione, e contro Macky Sall (che da febbraio assumerà per un anno la presidenza dell’Unione Africana, ndr), con la prospettiva che forse il presidente senegalese prenderebbe in considerazione la possibilità, contrariamente a quanto prevede la Costituzione, di candidarsi per un terzo mandato nel 2023. Si tratta di una situazione che si è verificata in Costa d’Avorio nel 2020 e che ha provocato il colpo di stato in Guinea nel 2021. Tutti questi eventi rendono la Cédéao permeabile e mettono in discussione questa istituzione perché ci si può chiedere a cosa serva in definitiva se non può prevenire i golpe o non ha come missione principale quella di sanzionare i regimi militari che, per inciso, sono sostenuti dalle popolazioni».
Per Dupuy, «In Africa si sta creando un “nuovo asse” del potere militare. Dall’Algeria, dove il capo di stato maggiore Saïd Chengriha è il vero detentore del potere, al Mali con Assimi Goïta, alla Guinea con Mamady Doumbouya e forse presto un nuovo uomo forte in Burkina Faso, questo nuovo asse si sta già diffondendo».
Intanto l’Onu ha sollecitato un rapido ritorno all’ordine costituzionale in Burkina Faso e la portavoce dell’alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani (OHCHR), Ravina Shamdasani, ha chiesto «L’immediato rilascio del capo di Stato Roch Marc Christian Kaboré. Chiediamo ai militari di rilasciare immediatamente il presidente Kaboré e altri alti funzionari che sono stati arrestati».
Durante la sua visita in Burkina Faso nel novembre 2021, l’Alto Commissario Onu per i diritti umani, Michelle Bachelet, aveva accolto con favore lo svolgimento pacifico delle elezioni legislative e presidenziali nel 2020, sottolineando «L’importanza di preservare i progressi duramente conquistati in democrazia e nei diritti umani nel Paese».
Ma la Shamdasani ha ricordato che «Durante quella visita, abbiamo osservato una crescente frustrazione e impazienza per il deterioramento della situazione della sicurezza in Burkina Faso. Questo include gli attacchi sempre più atroci da parte di gruppi armati non statali e altri attori violenti nella regione del Sahel e la risposta delle autorità».
Molti osservatori temono che i jihadisti approfittino del golpe in Burkina Faso e l’OHCHR sottolinea che «Date le immense minacce alla sicurezza e le sfide umanitarie che il Paese deve affrontare, è più importante che mai garantire il pieno rispetto della legge, dell’ordine costituzionale e degli obblighi del Paese in termini di diritto umanitario. Proteggere efficacemente lo spazio democratico, garantire che le persone possano esprimere le proprie lamentele e aspirazioni e impegnarsi in un dialogo costruttivo è fondamentale per cercare di risolvere le numerose crisi che il Burkina Faso sta vivendo».