Chi è il nuovo giovane e ricco presidente dell’Ecuador, Noboa Azín?

Ha vinto al ballottaggio grazie alle divisioni della sinistra, ma spuntano conti in paradisi fiscali ed evasione fiscale

[17 Ottobre 2023]

Ancora una volta in Ecuador le divisioni di una sinistra maggioritaria hanno consentito a un candidato di destra di vincere le elezioni. Infatti, il Consejo Nacional Electoral (CNE) ha certificato che Daniel Roy-Gilchrist Noboa Azín con il 52,12% dei voti ha battuto al secondo turno Luisa González, del movimiento Revolución Ciudadana (RC), che si è fermata al 47,88 %.

Così, almeno per i prossimi due anni, il 36enne Naboa sarà il più giovane presidente eletto dell’Ecuador dopo Juan José Flores, il primo presidente del  1830, entrato in carica prima di compiere 30 anni. Naboa è uscito a sorpresa vincitore dalle elezioni, indette dopo che, a maggio, l’ormai ex presidente equadoregno, lo screditato Guillermo Lasso, aveva decretato la muerte cruzada del suo governo e dell’Asamblea Nacional e portato ad elezioni anticipate che sembravano già vinte dalla sinistra che, pur divisa, si era aggiudicata le precedenti elezioni regionali e municipali.

Noboa entrerà in carica a dicembre e il suo mandato durerà fino a maggio 2025, per completare la legislatura iniziata da Lasso nel 2021 e finità tra proteste degli indios e accusa di familismo e corruzione.

Nel suo primo breve discorso dopo la vittoria, pronunciato nella sua grande villa che si affaccia sull’oceano pacifico, dove vive con la bellissima moglie Lavinia Valbonesi, imprenditrice del biologico e influencer, Naboa ha detto che il suo progetto politico è quello di «Restituire un sorriso al Paese” con l’istruzione e l’occupazione per le persone che oggi le cercanoi, per dare tranquillità alle famiglie che oggi non possono uscire e dare progresso a un Paese che ha tutti gli elementi per essere un esempio mondiale. Comincerò a lavorare per quel nuovo Ecuador, per ricostruire un Paese che è stato gravemente colpito dalla violenza, dalla corruzione e dall’odio».

Naboa non è certo un equadoregno qualsias. Ha studiato alla Stern School of Business della New York University, è laureato in Pubblica Amministrazione all’ Harvard Kennedy School e ha un master in governance e comunicazione politica alla George Washington University. E non è nemmeno estraneo alla politica (come ha tentato con successo di far credere): era già un deputato e presidente della Commissione per lo sviluppo economico, produttivo e della microimpresa e, soprattutto, è il figlio di Álvaro Noboa, che per 5 volte – 1998, 2002, 2006, 2009 e 2013 – ha cercato, senza successo di diventare presidente della Repubblica, andando però al ballottaggio in 3 di quelle elezioni.

All’inizio nessuno dava per possibile la vittoria del giovane Noboa che nei sondaggi di agosto era al settimo posto tra 8 candidati. A cambiare tutto è bastato un dibattito elettorale svoltosi in TV una settimana prima del primo turno, durante il quale Noboa ha fatto una buonissima impressione e la sua popolarità è schizzata alle stelle. Questo nonostante fosse sostenuto  dall’alleanza Acción Democrática Nacional formata dai movimenti Pueblo, Igualdad y Democracia di Arturo Moreno, cugino dell’ex presidente Lenín Moreno  e da Mover, l’ex Alianza PAIS di Lenin Moreno, considerato un traditore dalla sinistra e inviso dalla stragrande maggioranza degli equadoregni.

L’ex presidente dell’Ecuador Rafael Correa, in esilio e la cui ingombrante presenza esterna è probabilmente costata la vittoria alla sinistra, ha commentato: «Cara Patria, Grande Patria: questa volta non ci siamo riusciti. Ci siamo trovati di fronte a poteri enormi. Un candidato è stato addirittura assassinato per impedire la nostra vittoria. Il tradimento di Lenin Moreno continua a causare scompiglio, ma nessuno dubiti che, alla fine, l’Ecuador ritornerà sulla via dello sviluppo e dell’integrazione latinoamericana. Sempre fino alla vittoria!».

La sconfitta Luisa González sembra averòa presameglio di Correa e ha dichiarato: «Al candidato, ora presidente eletto, Daniel Noboa, le nostre più sentite congratulazioni, perché è la democrazia. Non abbiamo mai chiesto di incendiare la città né siamo mai usciti gridando alla frode. Il popolo ecuadoriano ha ascoltato le proposte di Noboa e spero che si realizzino e, così, riattivare l’economia, attirare investimenti esteri, pacificare anche questo Paese, prendere il controllo delle carceri, delle piazze, delle strade, controllare la violenza e la criminalità». S differenza del delusissimo Correa, la González ha offerto al nuovo presidente – debolissimo in Parlamento – «Il sostegno di Revolución Ciudadana per la realizzazione dei progetti promessi in campagna elettorale, purché non si cerchi di privatizzare le risorse o di rendere precaria la sanità, l’occupazione e l’istruzione. Contate sul nostro sostegno per costruire quella patria dignitosa , quella patria delle opportunità e per impedire ai nostri fratelli di emigrare […] Può contate sul nostro sostegno nell’Asemblea per le riforme giuridiche, per la sicurezza, per la sanità, per l’istruzione, per tutto ciò di cui abbiamo bisogno, purché non privatizzi le nostre risorse e non ci renda precari. L’Ecuador deve essere unito, l’Ecuador deve lavorare con la bandiera gialla, blu e rossa […] Basta con l’odio, basta con la polarizzazione, l’Ecuador deve guarire e contare su di noi per un accordo di patria comune. González ha anche ringraziato coloro che l’hanno votata. Abbiamo davvero fatto la storia. E’ la prima volta che una donna arriva al secondo turno e ha la possibilità di essere presidente della Repubblica. Spero che altre donne siano incoraggiate in futuro a cercare la leadership nel paese. Siamo capaci».

Marcela Aguiñaga, presidente di RC, ha ringraziato la González «Per aver accettato la sfida di rappresentarci e per averci invitati a sognare un Ecuador migliore. Grazie, cara militante, per la tua resistenza. L’Ecuador ha bisogno di unità, di pace e che finiscano i giorni di dolore».

E Noboa ha risposto in un clima che sembra di ritrovata unità nazionale: «Voglio ringraziare Luisa González, la candidata di Revolución Ciudadana, ha condotto un’ottima campagna e credo che i suoi sforzi prima o poi daranno i loro frutti, e la vedo come una figura politica che ha ancora molta strada da fare».

Ma la sua elezione è avvenuta all’ombra di un dossier che evidenzia i pesanti conflitti di interesse del presidente neoeletto e che riportano a suo padre “Alvarito”, a capo del gruppo Noboa. Questo gruppo, secondo una denuncia presentata una settimana prima delle elezioni da 21 organizzazioni ecuadoregne «E’ composto da più di 20 aziende che controllano non solo la produzione di banane, ma comprende anche, tra le altre attività, la trasformazione alimentare, la produzione di fattori produttivi associati catene di trasporto, l’importazione di fertilizzanti, una propria società di fumigazione e la più grande società di servizi di stoccaggio di container del paese, con una propria flotta di trasporti e servizi di sicurezza privati. Inoltre, la società gestisce  proprie compagnie di navigazione (Naviera del Pacífico, Fluviasa) e altri servizi logistici per l’esportazione». In questa gigantesca azienda di famiglia, Noboa Azín era il direttore delle spedizioni ed è stato direttore commerciale fino a giugno 2018.

Secondo le informazioni della Superintendencia de Compañías – un ente statale – pubblicate nella denuncia delle 21 organizzazioni, l’attuale presidente eletto possiede azioni di 7 società: Nobexport, Predios Curitiba, Pozuelo de Oro (Pozoro), Pesquera Marintan, Fantastisol, Cordenesa e Logic Choice (LOGCH) e, basandosi sui “Pandora Papers” pubblicati dall’International Consortium of Investigative Journalists (ICIJ), il giornale brasiliano Folha de Sao Paulo ha rivelato che Noboa Azín possiede almeno due compagnie “offshore”: Lanfranco Holdings SA e Festil Investments SA a Panama, un Paese considerato dall’Ecuador un “paradiso fiscale”, incluso nella lista del Servicio de Rentas Internas (SRI).

Il problema del neo-presidente della Repubblica è che in Ecuador la Ley Orgánica para la Aplicación de la Consulta Popular, o Ley del Pacto Ético, vieta ai dipendenti pubblici e ai candidati a cariche pubbliche elettive «di essere proprietari, diretti o indiretti, di beni o capitali, di qualsiasi natura, in giurisdizioni o regimi considerati paradisi fiscali».

Le 21 organizzazioni che hanno presentato la denuncia accusano anche il presidente ora eletto di evadere le tasse: « I conti fiscali del candidato presidenziale non tornano. In cinque anni non ha pagato l’imposta sul reddito e, nonostante questo, ha effettuato trasferimenti di milioni di dollari sui suoi conti all’estero».

Secondo la denuncia, «Dal 2009 al 2013 Noboa non ha effettuato dichiarazioni dei redditi; Tuttavia, in quel periodo ha pagato 33.578,32 per l’mpuesto a la Salida de Divisa (ISD, flussi di valuta estera, ndr). Sebbene Noboa abbia pagato un’imposta sul reddito modesta dal 2014 al 2023, nello stesso periodo sorprendentemente ha pagato 88.491,39 dollari in ISD. Cioè, in 14 anni – come registrato nell’SRI – il candidato Noboa ha pagato un totale di 122.069,71 dollari in ISD. Quanti soldi ha portato all’estero? Ha trasferito circa 2,1 milioni di dollari sui suoi conti esteri».

Le organizzazioni ritengono che «Esiste un chiaro caso di evasione», anche perché sul sito dell’SRI si può vedere che lo  status di contribuente di Noboa appare “sospeso” e che questo è motivato da una “depurazione”. I denuncianti spiegano che «Questo significa che la sospensione viene effettuata dall’SRI finché Noboa non adempie a tutti gli obblighi e alle dichiarazioni fiscali, Tuttavia, questo non pregiudica che le imprese a suo nome continuino a operare».

Un’altra questione che ha attirato l’attenzione delle organizzazioni denuncianti è  che, nonostante l’importo dei soldi trasferiti all’estero, i beni dichiarati dal neo-presidente alla Contraloría General del Estado sono di soli 643.848 dollari: «Ha incluso tra i suoi beni una villa a Santa Elena (costa dell’Ecuador) acquistata nel 2015, dove risiede tre o quattro giorni alla settimana e valutata 1,5 milioni di dollari. Ha inoltre riferito di avere debiti per 859.000 per un mutuo ipotecario. Non ha denunciato i propri veicoli», si legge nella denuncia.

Le 21 organizzazioni concludono: «Nessuno mette in dubbio che il signor Noboa possa avere imprese aziende e anche una fortuna, ma deve dichiarare e pagare le tasse. Evaderle, oltre ad essere un crimine, impedisce gli investimenti pubblici, la creazione di posti di lavoro, attentando al benessere collettivo e alla giustizia sociale».

Un’altra tegola sull’elezione di Noboa Junior potrebbe venire da dove è cominciata la frana del suo predecessore Lasso. Intervistato dal programma radiofonico A Primera Hora, il presidente della Confederación de Nacionalidades Indígenas del Ecuador  (Conaie), Leonidas Iza, ha affermato che «I traffico di droga porta i giusti vantaggi. Come mai hanno messo un ministro che amplifica la capacità di esportazione e si scopre che in Spagna trovano la droga nelle casse di banane?».

Iza si riferiva allo scandalo che ha coinvolto Bernardo Manzano, ministro dell’agricoltura e dell’allevamento del governo uscente di lasso tra maggio 2022 e febbraio 2023 e che è stato direttore delle produzioni della Corporación Noboa tra il 2021 e il 2022 e che era legata al gruppo imprenditoriale della famiglia del neopresidente dal 1992, con una pausa tra il 2013 e il 2021.

Il presidente della Conaie ricorda che nella sua breve esperienza come n ministro Manzano «Si fece promotore di un controverso decreto che eliminava il doppio controllo di qualità nell’esportazione delle banane  e stabiliva che venisse effettuato solo nelle aziende agricole, escludendo una successiva verifica nei porti che, presumeva, ha causava ritardi nelle esportazioni. Allo stesso modo, sono state vietate le autorizzazioni per nuove piantagioni di banane. In questo momento, cari ecuadoregni, dobbiamo confrontarci con la destra ecuadoregna, la destra che sta distruggendo questo Paese, la destra che trae profitto dal narcotraffico».

Ma alla fine i cari ecuadoregni hanno preferito votare il ricco rampollo di destra – evasore fiscale e in odore di narcotraffoco – che una sinistra che non ha saputo e voluto trovare l’unità.  Probabilmente se ne pentiranno. Ma pentirsi del loo voto per gli equadoregni sembra essere diventata  una penitenza abituale.