Di fronte al coronavirus emerge la necessità di un vero governo federale europeo
Nell’ambito di una risposta europea al Covid-19 potrebbero essere usate anche delle cooperazioni rafforzate in materia fiscale per poter realizzare subito tra gli Stati favorevoli delle tasse europee (come la carbon tax) per rafforzare il bilancio europeo e fornire garanzie aggiuntive alla BEI per emettere debito e sostenere gli investimenti
[2 Aprile 2020]
La pandemia definirà la percezione sociale dell’UE, dei nostri Stati, delle istituzioni e della democrazia per un lungo periodo. Per quanto riguarda l’UE, anche a causa di un’informazione incompleta, si sta diffondendo una visione negativa, che favorisce l’emergere di un pericoloso nazionalismo di ritorno. Ciò è dovuto al fatto che molti non si rendono conto che anche le risposte apparentemente nazionali sono in realtà rese possibili dall’Unione in vario modo. E anche le presunte divisioni tra nord e sud, ricchi e poveri, sono in realtà una semplificazione fuorviante. Nella famosa lettera dei 9 Paesi che chiedevano misure straordinarie e Recovery Bonds erano ricompresi anche Irlanda, Belgio e Lussemburgo, difficilmente considerabili come sud. E il Lussemburgo certo non è povero, essendo il Paese con il reddito pro-capite più alto dell’UE! E ora si stanno aggiungendo altri Paesi, tra cui quelli baltici, che meridionali non sono.
La decisione della Commissione di sospendere il Patto di Stabilità è stata accolta trionfalmente in Italia. Ma perché? In teoria sarebbe solo un via libera a fare debito nazionale, cioè a diverse risposte nazionali, e non una risposta europea. Se fosse solo questo, ciò permetterebbe agli Stati con meno debito pregresso di intervenire in modo molto più efficace, perché in grado di indebitarsi maggiormente e a un costo minore rispetto ai Paesi più indebitati. Inoltre, i Paesi che hanno una pubblica amministrazione più efficiente riusciranno a spendere meglio e più velocemente. Da entrambi i punti di vista per l’Italia non sarebbe l’ideale. Con il suo debito pubblico l’Italia non potrebbe aumentare il debito in maniera significativa, specialmente in una fase di crisi economica in cui gli investitori cercano rifugio in titoli sicuri.
La ragione dell’accoglienza trionfale è dovuta al fatto che in realtà la decisione della Commissione si accompagna a quelle della Banca Centrale Europea, andando a costituire un pacchetto europeo formidabile. La BCE ha messo in campo azioni inedite, cioè per certi aspetti perfino maggiori di quelle di Draghi durante la crisi del 2012. Infatti oltre al rafforzamento degli strumenti esistenti, prevede un’azione aggiuntiva da 750 miliardi, portando a 1110 miliardi la portata d’azione per il solo 2020, e con la possibilità di aumentarli. Soprattutto, per la prima volta ha tolto una serie di vincoli, previsti negli interventi precedenti, rispetto all’acquisto dei titoli di un singolo Paese. Cioè ha garantito la sostenibilità del debito pubblico anche per i Paesi più indebitati, come la Grecia e l’Italia, e la possibilità di concentrare gli acquisti su un singolo Paese se si trovasse in particolare difficoltà.
Le istituzioni sovranazionali – la Commissione e la BCE – con il combinato disposto delle loro decisioni stanno permettendo all’UE di rispondere. La risposta SEMBRA nazionale, ma in realtà è europea perché l’indebitamento nazionale per certi Paesi è reso possibile solo dall’intervento della Banca Centrale Europea. Se vogliamo è l’ennesimo beneficio dell’euro per i Paesi più deboli. Ecco perché la minaccia di Conte “facciamo da soli” da un lato non è credibile e dall’altro sconta il fatto che il nostro “fare” in realtà dipende ed è reso possibile dalla BCE. Ed ecco perché il Presidente Mattarella nel suo discorso ha ringraziato le istituzioni sovranazionali europee, e strigliato invece il Consiglio, composto dai governi nazionali e incapace di decidere. Ecco perché abbiamo interesse a rafforzare la capacità d’azione – cioè le competenze ed i poteri – delle istituzioni sovranazionali.
Paradossalmente, proprio il fatto che la BCE ha steso una rete di protezione e dunque ha “comprato tempo”, ha permesso al Consiglio di tergiversare, sapendo che sul piano economico e dei mercati non avrebbe pagato dazio, grazie alla BCE. Inizialmente Lagarde aveva provato a mettere pressione sui governi, dicendo che lo spread non era un problema della BCE ma dei governi. I mercati sono crollati, l’Eurogruppo non ha deciso nulla di significativa e la BCE ha dovuto intervenire. Il bluff era stato scoperto!
È uno dei tanti paradossi della crisi. Da un lato vediamo Stati internamente forti nell’imporre misure drastiche come la quarantena, cioè con ancora una legittimità – aspetto psicologico collettivo – significativa. Dall’altro quegli stessi Stati sono oggettivamente deboli, tanto da essere costretti ad una sorta di “Dichiarazione di impotenza” quando riconoscono – come fanno Conte, Macron e tutti gli altri – che senza strumenti europei comuni la crisi, dal punto di vista economico e sociale, non si supera. La via nazionale porta solo all’autoritarismo, come ci mostra l’Ungheria di Orbàn.
I governi nazionali non sono più sovrani, ma hanno impedito la creazione di una vera sovranità democratica europea. Hanno evitato di creare un governo federale, riservandosi il compito di assicurare all’Unione un “indirizzo politico”, come vorrebbero i Trattati. Monnet propose la creazione del Consiglio Europeo – la riunione dei Capi di Stato e di governo nazionali – come una sorta di “governo europeo provvisorio” in attesa di creare un governo federale. I governi nazionali come governo europeo provvisorio hanno fallito strutturalmente, nel 2008, nel 2012 e oggi. Mentre tutte le politiche solidali e lungimiranti vengono proposte – e dove possibile attuate – dalle istituzioni sovranazionali. La crisi mostra che i governi nazionali devono cedere il passo ad un vero governo federale europeo.
Il vero problema dell’UE è che abbiamo un’unione monetaria, ma non un’unione economia e politica, cioè non una politica economica e fiscale fatta da un governo federale. Così l’unico strumento efficace d’azione è la politica monetaria della BCE. Mentre la politica fiscale, essendo rimasta nazionale e suscettibile essenzialmente di decisioni unanimi, non riesce a giocare un ruolo, che pure sarebbe indispensabile. Se vogliamo avere una vera solidarietà e capacità d’azione europea occorrono poteri fiscali affidati alle istituzioni sovranazionali.
In sostanza una risposta europea al Covid-19 significa decidere di gestire insieme a livello europeo una quota significativa di PIL per ripartire. Il modo più lineare sarebbe rafforzare significativamente il bilancio europeo con tasse europee e creare titoli di debito europei. Ma l’Unione ha l’obbligo del pareggio di bilancio, e quindi per fare debito europeo bisognerà nell’emergenza usare come surrogati gli strumenti esistenti, come il Meccanismo Europeo di Stabilità e la Banca Europea degli Investimenti, anche se hanno una gestione intergovernativa e non democratica. In più potrebbero essere usate delle cooperazioni rafforzate in materia fiscale per poter realizzare subito tra gli Stati favorevoli delle tasse europee (come la carbon tax, la carbon border tax, la digital tax, e la tassa sulle transazioni finanziarie speculative – cioè tutte tasse che non toccano i cittadini, ma quelli che oggi riescono ad evitare la tassazione nazionale) per rafforzare il bilancio europeo e fornire garanzie aggiuntive alla BEI per emettere debito e sostenere gli investimenti. Tutte proposte cui hanno aderito anche molte personalità della cultura, della società civile e delle istituzioni.
Ma al contempo bisogna avviare la riforma dei Trattati per dotare l’UE degli strumenti efficaci – cioè un governo federale dotato di poteri fiscali e senza l’obbligo del pareggio di bilancio – che servono in vista di altre future crisi, di qualsiasi natura esse siano. Per evitare che gli strumenti provvisori e a gestione intergovernativa creati nell’emergenza, come avvenuto in passato con il MES, divengano perenni.
La pandemia ci sta mostrando sia l’impotenza nazionale che l’efficacia delle istituzioni sovranazionali, nei limiti dei loro poteri (e quindi più incisiva la BCE rispetto alla Commissione). È ora di completare il processo di unificazione europea, con un governo federale dell’UE.
di Roberto Castaldi*
*direttore del centro studi Cesue, spin-off della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa