Energia: il futuro è digitale ed è il prossimo settore in cui colpirà la disruption digitale
Il Politecnico di Milano presenta il primo Digital Energy Report in Italia
[23 Novembre 2017]
Vittorio Chiesa, direttore dell’Energy&Strategy Group della School of management del Politecnico di Milano, che oggi ha presentato il “Primo Digital Energy Report in Italia”, è convinto che «Il futuro dell’energia è digitale e l’energia è il prossimo settore in cui la disruption digitale colpirà. La digital energy, infatti, non riguarda solo tecnologie avanzate abilitate al controllo dei consumi, come comunemente si intende, ma permea in profondità tutte le fasi della filiera, dalla produzione alla vendita. E’ il fattore che abilita l’ecosistema dei prodotti e servizi smart da cui ormai sono caratterizzati le reti, i sistemi produttivi e quelli di consumo dell’energia.
Il Digital Energy Report, che ha visto la partecipazione attiva di numerose aziende partner. punta a rispondere a qualche domande epocale: «Come è fatta e come si declina un’architettura digitale? Come si quantificano i benefici, anche intangibili, conseguenti alla sua adozione? Quali sono le opzioni di sviluppo che le soluzioni digitali abilitano per i possibili utilizzatori?» e il rapporto sottolinea che «intende contribuire al dibattito con numeri e strumenti di analisi che permettano di comprendere la reale portata del fenomeno e definire il perimetro di azione della digitalizzazione nell’ambito energetico, così da valutarne, pur con tutte le cautele del caso, la redditività economica in diversi ambiti di applicazione, dal manufacturing e building alla produzione di energia da fonti rinnovabili».
Chiesa spiega che «Le sfide della digital energy per gli attori della filiera sono molte, sia sul piano tecnologico, perché è ancora lunga la strada da percorrere per rendere fruibili e sfruttabili molti dei benefici intangibili, sia soprattutto sul piano dei modelli di business vincenti, che andrebbero rapidamente identificati e adottati. Infatti, se le aziende non modificano in maniera profonda il loro assetto rischiano di essere soggetti a fenomeni di disruption, come in ogni settore dove sia entrata prepotentemente la digitalizzazione. Allo stesso tempo è quanto mai interessante, particolarmente in Italia, tenere sotto controllo le startup, non soltanto per la ventata di novità che possono portare in un settore caratterizzato da un elevato grado di maturità, ma anche perché proprio da queste potrebbe arrivare il nuovo incumbent della digital Energy».
Al Politecnico di Milano evidenziano che «Parlare di digital energy significa parlare di architetture complesse che oltre ai sistemi hardware e software per il monitoraggio e l’azionamento dei diversi impianti energetici comprendono i sistemi di trasmissione dei dati e l’intelligenza necessaria alla loro elaborazione. Gli apparati fisici che abilitano la trasformazione digitale sono prodotti intelligenti interconnessi che offrono nuove funzionalità e che vengono chiamati IoT, Internet of Things. La vera innovazione però non consiste nella semplice connettività dell’oggetto, ma nella possibilità di interagire con altri oggetti o con l’uomo».
Il rapporto analizza tra ambiti principali: Smart Energy & Grid, Smart Manufacturing e Smart Building e le loro ossibili, reali, architetture digitali e i vantaggi della digitalizzazione, approfondendo le soluzioni tecnologiche implementabili e la loro sostenibilità economica e ne viene fuori che, «Come prevedibile. la maggiore redditività spetta alle soluzioni “energy only”, più focalizzate a ottimizzare i benefici tangibili legati al risparmio energetico. Ma ciò genera un paradosso: se da un lato la loro “concretezza” è premiata dagli indicatori di redditività, è altrettanto vero che si riduce il potenziale di sfruttamento della trasformazione digitale dell’energia, che trova invece nelle architetture “full enabler” la propria massimizzazione».
Chiesa mette in guardia: «Vi è dunque il rischio che una visione di breve periodo sposti la maggior parte degli investimenti verso soluzioni ‘energy only’, sicuramente efficienti dal punto di vista economico ma meno adatte, soprattutto in contesti quali lo Smart Manufacturing, a garantire quel salto in termini di produttività che invece la quarta rivoluzione industriale promette di portare nel Paese».
Ma quella in atto è anche un’evoluzione culturale connessa alla visione integrata energetica-digitale e la chiave di successo condivisa tra i vari operatori sembra essere «l’alto livello di flessibilità della soluzione digitale offerta: l’adattabilità delle infrastrutture per la raccolta dei dati e della loro trasmissione, così come quella degli strumenti di analytics, sono fondamentali per la penetrazione in contesti assolutamente eterogenei».
Ma come avviene la raccolta e l’analisi dei dati? Al Politecnico spiegano ancora che «Gli apparati fisici che abilitano la digitalizzazione possono essere già integrati in macchinari o impianti di ultima generazione oppure venire inseriti successivamente. La raccolta dati è possibile grazie all’interfaccia con sistemi come SCADA (Supervisory Control And Data Acquisition) o PLC (Programmable Logic Controller). In seguito, i dati vengono indirizzati verso piattaforme di immagazzinamento locali (come software e server aziendali) oppure in Cloud, con lo scopo di aggregarli e potervi accedere con facilità. Quanto all’”intelligenza”, può essere posta in coda al framework (intelligenza bottom), modalità che comporta un’ingente mole di dati trasmessi e una potenza di trasmissione e immagazzinamento onerosa, o in testa (intelligenza edge), con una pre-elaborazione del dato che viene trasmesso “pulito”, diventando strumento diretto degli Analytics dell’ultimo blocco. Le capacità dei prodotti interconnessi spaziano così dal più semplice monitoraggio delle condizioni di funzionamento di un asset, con la segnalazione di eventuali anomalie, al controllo, all’ottimizzazione, fino allo sviluppo di una certa autonomia del prodotto. Software evoluti infatti consentono di decifrare in modo sempre più accurato le informazioni contenute nei Big Data, creando nuove opportunità di business legate alla condivisione dei dati stessi, ma anche a quella dei risultati delle elaborazioni numeriche».
La continua crescita delle energie rinnovabili ha portato a profonde trasformazioni della rete: «Per decenni il settore energetico è stato infatti caratterizzato da economie di scala, produzioni centralizzate e reti di trasmissione e distribuzione di proprietà pubblica – si legge nel rapporto – Il nuovo modello della generazione distribuita richiede al contrario sempre maggiore “intelligenza” e capacità di operare in maniera attiva sia da parte dei sistemi di generazione che della rete, modulando quindi con sempre maggiore frequenza e flessibilità produzione, trasmissione e distribuzione di energia».
I risultati dello studio per la Smart Energy sono estremamente chiari: «Le soluzioni digitali sembrano avere i requisiti di disponibilità commerciale e sostenibilità economica per trovare una più che adeguata diffusione nel mercato italiano. Se opportunamente modulata, con soluzioni “light” per le realtà di più piccole dimensioni e soluzioni “heavy” nel caso di operatori che possano ragionare in ottica multi-impianto, la scelta di soluzioni digitali per la gestione della generazione di energia appare una scelta vincente, non soltanto per il proprietario o gestore dell’impianto, che ne ottiene un beneficio economico diretto, ma anche per il sistema elettrico nel suo complesso, che guadagna in termini di affidabilità e flessibilità nella fase di generazione. Il processo di consolidamento e maturazione industriale, che caratterizza questa fase di sviluppo del mercato italiano, rappresenta il contesto ideale per la diffusione delle soluzioni digitali. Numerosi anche i benefici intangibili, in aggiunta a quelli tangibili, spesso direttamente proporzionali alla complessità dell’architettura».
Stiamo assistendo a una digitalizzazione sempre più accelerata sia nelle grandi imprese che nelle piccole e medie imprese e «Le nuove tecnologie consentono di avere accesso a dati e informazioni che tuttavia necessitano di essere interpretati con un linguaggio comune, trasformando il dato in sé in opportunità di sviluppo e di business. Il Piano Industria 4.0, avviato a settembre 2016 con una dotazione di 13 miliardi di euro tra il 2017 e il 2020, ha proprio lo scopo di stimolare la trasformazione digitale delle imprese manifatturiere, rendendole competitive in un mercato in continua evoluzione. Le tecnologie incluse nel Piano spaziano dalla raccolta dati, alla robotica, all’automazione avanzata e hanno quindi uno spettro più ampio rispetto a quanto affrontato nel Rapporto, vantando possibili impatti anche sulla produttività, sulla qualità di lavorazione, sulla sicurezza, sulla logistica.In ambito industriale, la valutazione della sostenibilità economica dei casi di implementazione di soluzioni digital è stata affrontata supponendo due diversi scenari di adozione, che tenessero conto dello stato dell’impresa al momento dell’introduzione delle nuove tecnologie: un primo scenario più “evoluto”, con la presenza di un sistema informativo up-to-date(compatibile quindi con applicazioni distribuite e non soggetto a particolari vincoli di legacy) e di un sistema di monitoraggio del tipo SGE (Sistema di Gestione dell’Energia, ossia dispositivi che consentono di massimizzare l’efficienza energetica dei processi industriali) e invece un secondo scenario caratterizzato da un sistema informativo standard, senza sistema di monitoraggio SGE, cosa che richiede notevoli modifiche anche a livello hardware per l’integrazione di nuovi strumenti di misura e l’installazione di un sistema di comunicazione sicuro ed efficace«.
I casi studio dealla Smart Manufacturing si sono concentrati sui settori in cui risulta più diffusa l’implementazione di soluzioni digital: ceramica, componentistica per automotive e tessile, che contano in Italia oltre 22.000 imprese attive a inizio 2017 e generano un fatturato complessivo di circa 150 miliardi di euro, poco più del 20% del volume d’affari «cubato» dall’intero comparto manifatturiero italiano e il rapporto fa notare che Anche le soluzioni digitali per lo Smart Manufacturing sembrano avere i requisiti di disponibilità commerciale e sostenibilità economica per trovare una più che adeguata diffusione nel mercato italiano. Il Piano Industria 4.0 e i suoi effetti positivi sulla redditività rappresenta un indubbio volano a questa tipologia di investimenti, che hanno comunque dei “fondamentali” economici solidi. Se però ci si limita alla quantificazione tangibile dei benefici, la redditività percentuale delle soluzioni a più basso investimento (l’architettura “basic”) può rappresentare una tentazione forte per il mondo del manifatturiero, ma ciò rischia di privilegiare la visione di breve termine rispetto a quella di lungo, che invece privilegia le architetture “advanced”, in grado di massimizzare gli altri benefici, quelli intangibili».
IL Digital Energy Report ha provato a isolare il contributo dell’efficienza energetica per comprendere se e quanto questa variabile da sola sia in grado di spiegare il razionale economico di adozione e dice che «Se si guarda ad esempio alle architetture “basic”, la media della redditività complessiva è pari al 59% nello scenario “con SGE” e al 51% in quello “senza SGE”. Se si considera invece la sola componente energetica, i valori scendono rispettivamente al 52% e al 49%, con una differenza contenuta (tra 2 e 7 punti percentuali) che indica la rilevanza della variabile energia nella sostenibilità economica dell’investimento. Situazione analoga si ritrova nell’architettura “intermediate” e “advanced”.Dunque, la componente energetica pesa decisamente nella redditività degli investimenti. Pur con tutti i distinguo del caso (si sono scelti settori ad elevato peso della componente energia, che è per sua natura tra le più semplici da quantificare ed è quindi stata inclusa nel calcolo a discapito di altri effetti, più complessi da quantificare e da generalizzare) il fatto rappresenta comunque un segnale molto positivo, proprio perché costituisce una sorta di “baseline” dell’investimento, sulla quale gli investitori possono contare e rispetto alla quale gli effetti addizionali, siano essi tangibili o intangibili, hanno un ulteriore e certo favorevole impatto».
Negli Smart Building, edifici che garantiscono la gestione automatica di impianti e sistemi, come quelli per l’illuminazione e la climatizzazione, con particolare attenzione al monitoraggio degli ambienti interni per il risparmio energetico e la sicurezza delle persone (ad esempio gli impianti industriali); «Il mondo digitale incontra quello dell’efficienza energetica consentendo il monitoraggio, il controllo e la regolazione delle variabili che determinano il funzionamento ottimale degli impianti. Parallelamente al flusso di energia si genera così anche un flusso di dati funzionale all’ottimizzazione dell’intero sistema e che abilita inoltre una proficua interazione con soggetti esterni come i manutentori. Due sono le architetture studiate nel caso dello Smart Building e la valutazione della sostenibilità economica dell’implementazione di soluzioni digital è stata affrontata supponendo due diversi scenari di adozione: edifici di nuova costruzione di classe energetica A1 e edifici già esistenti di classe energetica F, per cui è necessario un adeguamento degli impianti (retrofit). I tre casi studio hanno valutato l’applicazione delle tecnologie digital in tre ambiti che si differenziano tra loro per il consumo energetico, elettrico e termico, specifico: GDO, Ospedale ed Edificio ad uso uffici».
Il rapporto conclude che «Anche le soluzioni digitali per lo Smart Building sembrano avere i requisiti di disponibilità commerciale e sostenibilità economica per trovare una più che adeguata diffusione nel mercato italiano ed è particolarmente interessante come, nonostante una maggior necessità di investimento, lo scenario “retrofit” sia quello con la maggior redditività. Da un lato ciò dipende dal fatto che, applicata a una situazione dove i consumi sono maggiori, l’intelligenza digitale permette risparmi percentualmente maggiori rispetto al caso in cui si parta da un livello di efficienza energetica già elevato. Dall’altro lato, è un segnale importante di come le soluzioni digital per lo Smart Building possano rappresentare un primo e importante passo di efficientamento di un parco edifici che come sappiamo non è tra i più giovani nel nostro Paese. La differenza di redditività nei diversi casi è significativamente correlata all’intensità dei consumi energetici, con GDO e ospedali avvantaggiati rispetto agli edifici ad uso uffici».