Golpe bis in Mali: i militari hanno arrestato il “loro” governo
L’Onu chiede di riavviare la transizione. Pronto un accordo militari – opposizione del M5-RFP?
[27 Maggio 2021]
Il 24 maggio, il presidente del governo di transizione del Mali, Bah N’Daw e il suo primo ministro, Moctar Ouane, e alcuni dei loro collaboratori, sono stati arrestati dai militari e portati al campo militare di Kati, a una quindicina di chilometri dalla capitale Bamako.
Secondo le informazioni pubblicate dalla stampa del Mali, il colonnello Assimi Goïta, vicepresidente facente funzione e a capo dei golpisti che nel 2020 avevano rovesciamento dell’ex presidente maliano Ibrahim Boubacar Keïta e portato al potere N’Daw e Ouane, ha fatto arrestare il presidente e il premier del governo di transizione perché avevano fatto un rimpasto di governo senza consultarlo.
Gli arresti e le successive “dimissioni” del presidente di transizione e del suo primo ministro sono arrivati arrivano dopo l’annuncio di un nuovo governo dal quale sono stati licenziati due ufficiali dei Berretti Rossi, un’unità d’élite dell’esercito da cui proviene anche Goïta. La loro sostituzione con militari dei Berretti Verdi avrebbe alimentato il malcontento dell’ex giunta militare, mostrando platealmente ancora una volta le profonde divisioni all’interno dell’esercito maliano. Nell’aprile 2012, i Berretti Rossi avevano tentato senza successo di prendere il potere dopo il colpo di stato del 21 marzo guidato dai Berretti Verdi. Allora, i combattimenti tra le due unità avevano provocato una ventina di morti.
Ieri il Consiglio di sicurezza dell’Onu si è riunito a porte chiuse «per discutere dell’apparente colpo di stato militare contro il governo di transizione del Mali» e in un comunicato ha condannato fermamente gli arresti e chiesto «Il rilascio sicuro, immediato e incondizionato di tutti i responsabili detenuti», esortando «gli elementi delle forze di difesa e di sicurezza a tornare alle loro caserme senza indugio».
Anche il segretario generale dell’Onu, António Guterres, si è detto molto preoccupato per il nuovo golpe in Mali e ha detto che il suo rappresentante speciale nella regione sta lavorando a stretto contatto con la Communauté économique des Etats d’Afrique de l’Ouest (CEDEAO – ECOWAS), l’Unione africana e altri partner che sostengono la transizione.
L’United Nations Multidimensional Integrated Stabilization Mission in Mali (MINUSMA), si è unita ai partner internazionali nel condannare il «tentativo di colpo di stato», avvertendo che «Il rilascio immediato e incondizionato del presidente Bah N’Daw e del primo ministro Moctar Ouane», sottolineando che «Gli elementi militari responsabili della loro detenzione saranno ritenuti personalmente responsabili della loro sicurezza».
Durante una conferenza stampa tenutasi ieri, il portavoce dell’Onu, Stéphane Dujarric, ha detto che «MINUSMA continua a lavorare a stretto contatto con la delegazione ECOWAS, che si trova attualmente a Bamako. Il nostro rappresentante speciale e capo della missione di mantenimento della pace, El-Ghassim Wane, ha partecipato alle riunioni della delegazione ECOWAS. MINUSMA ha continuato a sostenere gli sforzi dell’ECOWAS e ha invitato tutti gli attori interessati a cooperare pienamente in vista di una rapida ripresa del normale corso della transizione. E’ essenziale che questa crisi venga risolta con urgenza in quanto costituisce una sfida aggiuntiva che influirebbe negativamente sull’attuazione dell’accordo di pace. Guterres, intanto, continua a monitorare la situazione in Mali con preoccupazione e continua ad essere coinvolto».
Il problema è come sia possibile che dei militari armati dall’occidente, in un paese dove c’è una missione di pace Onu e dove sono presenti truppe francesi e di altri Paesi europei – che addestrano e appoggiano gli stessi militari – possano attuare due golpe nel giro di pochi mesi sfidando la comunità internazionale. Tanto più che l’esercito del Mali non ha certamente una storia di “coraggio”, visto che l’attuale crisi del mali è cominciata con la sconfitta dell’esercito maliano prima da parte dei ribelli tuareg indipendentisti e poi dalle milizie jihadiste che instaurarono un califfato islamista nel nord-est del Paese che fu abbattuto solo da un pesante intervento militare francese.
Nella sua dichiarazione, il Consiglio di sicurezza ha ribadito il sostegno alla transizione a guida civile e ha chiesto che venga ripristinata per «Portare alle elezioni e all’ordine costituzionale entro il termine stabilito di 18 mesi, in conformità con la carta della transizione».
I Consiglio ha invitato tutte le parti coinvolte del Mali a «Dare la priorità alla costruzione della fiducia, impegnarsi nel dialogo ed essere disposti a scendere a compromessi per raggiungere questi obiettivi. Imporre con la forza un cambio di leadership della transizione, anche con dimissioni forzate, è inaccettabile».
Ma il Consiglio di sicurezza Onu è preoccupato soprattutto per «Il rischio di un impatto negativo di questi sviluppi sugli sforzi in corso per combattere il terrorismo, attuare l’accordo sulla pace e la riconciliazione in Mali e stabilizzare il centro del paese» e ha ribadito il «Forte sostegno agli sforzi di mediazione dell’Unione africana e dell’ECOWAS» e invitato tutte le parti interessate del Mali a «continuare a cooperare pienamente con gli sforzi di tutti i partner per garantire la ripresa della transizione guidata dai civili».
A leggere i social network il nuovo golpe avrebbe un forte sostegno tra l’opinione pubblica del Mali, insoddisfatta dall’inefficienza del governo di transizione e fioccano gli avvertimenti a MINUSMA ed ECOWAS di non intromettersi nella situazione post-golpe bis. Che il governo di transizione fosse i<diventato impopolare lo dice anche il fatto che il principale sindacato del Mali, l’UNTM, avesse indetto uno sciopero a tempo indeterminato che durava già da due settimane per protestare contro uno stallo del governo che in 9 mesi e non aveva fatto nulla di tangibile, né in termini di riforme istituzionali e politiche, né di revisione dell’accordo per la pace e la riconciliazione. Quel che non si capisce è perché i responsabili di questa a inefficienza sarebbero i civili defenestrati e non i militari golpisti che li avevano insediati perché facessero quel che volevano loro.
Secondo quanto scrive Jeune Afrique, la novità delle ultime ore è che il Mouvement du 5 juin-Rassemblement des forces patriotiques (M5-RFP), che con le sue proteste favorì il golpe del 2020 ma tenuto dai militari fuori dal governo di transizione, ora avrebbe accettato di proporre un suo nome per la carica di nuovo primo ministro, accettando di fatto il nuovo golpe e facendo il gioco dei militari con i quali il M5-RFP finora aveva avuto un rapporto più che conflittuale.
Ora il M5-RFP e i militari golpisti del Conseil national pour le salut du peuple (CNSP) ufficialmente dissoltosi a gennaio ma che di fatto governa il Mali dopo il golpe, potrebbero diventare alleati.
Jeune Afrique rivela che già nella notte tra il 24 e il 25 maggio, mentre N’Daw e Ouane venivano tradotti in prigione nel campo militare di Kati, i militari avevano chiesto al M5-RFP di proporre al colonnello golpista Goïta un nome per sostituire il primo ministro.
Secondo le informazioni in possesso di Jeune Afrique, l’M5-RFP accetterebbe la proposta dei golpisti: «La crisi è troppo profonda perché ci escludiamo dalla transizione». Ha spiegato un quadro del movimento. In cambio, l’M5–RFP ha comunque chiesto che Assimi Goïta, il vicepresidente della transizione che evidentemente sarà il nuovo presidente del Mali, di mantenere le promesse e di attuare i 10 punti presentati dal M5-RFP prima e dopo il golpe del 2020.
Un cambio di cavallo che sarebbe una beffa per la comunità internazionale e che consentirebbe ai militari golpisti di presentarsi con una nuova faccia “civile”.
Il sociologo e politologo maliano Boukary Traoré non è molto convinto e ha spiegato a Deutsche Welle Africa che «Non credo si possa dire che l’M5 sostiene i soldati in questa operazione. Ma l’M5 rimane e sarà un elemento molto importante in tutta la configurazione politica che il Mali dovrà mettere in atto in questa transizione».