Guerra in Etiopia: truppe dell’Eritrea hanno invaso il Tigray
Onu, Australia, Danimarca, Germania, Paesi Bassi, Regno Unito e Usa: stop a guerra e invasione. E l’Italia?
[17 Ottobre 2022]
L’International Rescue Committee (IRC) ha confermato la morte di uno dei suoi operatori umanitari per le ferite riportate durante un attacco di uomini armati a Shire Town, nella regione ribelle del Tigray in Etiopia. All’IRC spiegano che «Il nostro collega, un membro del team sanitario e nutrizionale, è stato ferito mentre consegnava aiuti umanitari salvavita a donne e bambini. Nell’attacco è rimasto ferito anche un altro membro del personale dell’IRC e, secondo quanto riferito, altri due civili sono stati uccisi e tre feriti a seguito dell’incidente. L’IRC ha il cuore spezzato per la perdita del nostro collega e lavorerà per sostenere il nostro personale e le loro famiglie durante questo periodo terribile. Gli operatori umanitari e i civili non dovrebbero mai essere un bersaglio». Non ci sono state rivendicazioni del l’attacco, ma da agosto Shire e altre aree del Tigray subiscono attacchi aerei e da nord sono penetrate nuovamente in Tigray truppe dell’Eritrea.
L’IRC, fondato nel 1933 su iniziativa di Albert Einstein, opera in Etiopia dal 1999 e attualmente èpresente in 9 Regioni/Stato del Paese per aiutare, dove fornisce aiuti umanitari fondamentali, tra cui acqua pulita, servizi igienici, assistenza sanitaria di base, protezione per donne e bambini e istruzione.
Stéphane Dujarric, portavoce del Segretario generale dell’Onu, António Guterres ha detto che «Il Segretario Generale è gravemente preoccupato per l’escalation dei combattimenti nel Tigray, che sta avendo un impatto devastante sui civili in quella che è già una terribile situazione umanitaria. Chiede l’immediata cessazione delle ostilità. Il Segretario generale ribadisce il suo pieno sostegno a un processo di mediazione guidato dall’Unione africana e riafferma la disponibilità delle Nazioni Unite a sostenere l’urgente ripresa dei colloqui al fine di raggiungere una soluzione politica duratura a questo conflitto catastrofico».
Guterres si riferisce probabilmente alla nuova escalation denunciata da Getachew Reda del Tigrayan People’s Liberation Front (TPLF) ed esponente del governo del Tigray: «Le forze degli invasori e fasciste che hanno operato su tutti i fronti stanno nascondendo la forte lotta del popolo del Tigray. Il genocidio in corso tra Abiy ed Esayas per distruggere la gente del Tigray dura da più di 50 giorni. Si segnala che ci sono state enormi perdite umane e materiali ad Adiyabo e su tutti i fronti compresi i nuovi fronti aperti dagli invasori e dai fascisti». Quando parla di invasori Reda si riferisce alle truppe dell’Eritrea che avrebbero nuovamente invaso in massa il Tigray e per fascisti si riferisce al governo centrale etiope e alle milizie etniche che lo sostengono.
L’esponente del TPLF ha denunciato che «Il fatto che i nemici del popolo del Tigray stiano commettendo un genocidio prendendo di mira innocenti per coprire le cattive azioni che hanno fatto, come l’eccidio del popolo di Kunama, per esempio. Uccidere in massa i tigrini dà loro gioia, ha dimostrato che queste forze invasore e questi fascisti hanno continuato a bruciare le case dei cittadini e a commettere atti atroci».
Reda cita a questo proposito il comunicato congiunto dei governi di Usa, Olanda, Australia, Germania, Gran Bretagna e Danimarca: «Si sono resi conto che invece che bisogna finirla con la noiosa battuta che dice “siamo preoccupati” e il solito giudizio di massa su “entrambe le parti”. Denunciamo il coinvolgimento del governo eritreo nella guerra del Tigray».
Infatti, nella “Dichiarazione congiunta sulla ripresa delle ostilità nell’Etiopia settentrionale” pubblicata il 12 ottobre i governi di Australia, Danimarca, Germania, Paesi Bassi, Regno Unito e Stati Uniti, si sono detti «Profondamente preoccupati dall’escalation del conflitto in corso e dalla crisi umanitaria nell’Etiopia settentrionale. Chiediamo al governo dell’Etiopia e alle autorità regionali del Tigray di fermare immediatamente le loro offensive militari, accettare la cessazione delle ostilità, consentire un accesso umanitario senza ostacoli e prolungato e perseguire una soluzione negoziata attraverso colloqui di pace nell’ambito di un processo guidato dall’Unione africana. Condanniamo inoltre il crescente coinvolgimento delle forze militari eritree nel nord dell’Etiopia. Chiediamo alle forze eritree di cessare le loro operazioni militari e di ritirarsi dall’Etiopia settentrionale. Tutti gli attori stranieri dovrebbero cessare le azioni che alimentano questo conflitto». A settembre, i colloqui mediati dall’Unione africana avrebbero dovuto svolgersi in Sud Africa, ma sono stati rinviati.
La dichiarazione – dalla quale manca la firma dell’ex potenza coloniale italiana, forse non coinvolta per il ruolo meno che marginale svolto per far cessare questa guerra ferocissima – ricorda che «Numerosi rapporti, tra cui il rapporto sull’indagine congiunta dell’ Ethiopian Human Rights Commission/Office of the United Nations High Commissioner for Human Rights e il recente report dell’International Commission of Human Rights Experts on Ethiopia (ICHREE), hanno documentato le violazioni dei diritti umani commesse dalle forze governative etiopi ed eritree, dalle forze tigrine e da altri attori armati, come la milizia di Fano, dall’inizio del conflitto nel novembre 2020. Le violazioni dei diritti umani documentate in questi rapporti includono uccisioni illegali, abusi fisici e violenza di genere. Siamo profondamente preoccupati per la conclusione dell’ICHREE secondo le quali ci sono ragionevoli motivi per ritenere che la fame di una popolazione civile sia stata usata come metodo di guerra. Denunciamo ogni e qualsiasi violenza contro i civili. Invitiamo le parti a riconoscere che non esiste una soluzione militare al conflitto e invitiamo il governo dell’Etiopia e le autorità regionali del Tigray a partecipare ai colloqui guidati dall’Unione africana volti ad aiutare l’Etiopia a raggiungere una pace duratura. Qualsiasi soluzione duratura deve includere la responsabilità per gli abusi e le violazioni dei diritti umani. Chiediamo inoltre a tutte le parti di consentire l’accesso umanitario senza ostacoli, garantire la sicurezza e la protezione degli operatori umanitari e cooperare con gli osservatori internazionali dei diritti umani e facilitarne l’accesso».
Nel frattempo, il governo tedesco sta cercando di mediare tra le parti in guerra. Partecipando alla conferenza sulla sicurezza del Tana Forum, che si è tenuta a Bahir Dar, in Etiopia, dal 14 al 16 ottobre La ministra di Stato del ministero degli esteri della Germania, Katja Keul ha detto che «La sicurezza dell’Africa e dell’Europa sono indissolubilmente legate. Stiamo affrontando grandi sfide. Ci sono già state molte altre crisi che hanno colpito il Corno d’Africa senza una potenziale escalation come quella del conflitto nel Tigray. La guerra russa contro l’Ucraina sta gravemente esacerbando la situazione di crisi alimentare in molti Paesi africani, mentre anche il cambiamento climatico sta minacciando i mezzi di sussistenza in tutta la regione. L’unica conseguenza possibile per tutto questo è (stabilire) una maggiore cooperazione tra Europa e Africa».
Speriamo che il nuovo governo di destra italiano, nel quale sicuramente non mancheranno gli esperti del colonialismo savoiardo e fascista in Etiopia, nel Tigray e in Eritrea, vada oltre la nostalgia per “Faccetta nera” e decida finalmente di esercitare l’influenza che l’Italia ancora ha in Paesi in guerra dove molti – come in Eritrea – parlano italiano e dove la dittatura eritrea e il governo autoritario etiope hanno molti debiti di riconoscenza e di eccessiva tolleranza con il nostro Paese.
Deutsche Welle (DW), l’emittente pubblica tedesca, conferma che l’Eritrea «Ha apparentemente dispiegato un massiccio contingente di proprie truppe nel Tigray etiope. Questo potrebbe silurare ulteriori negoziati di pace» e aggiunge: «Non c’è dubbio sulla veridicità dei rapporti di truppe eritree coinvolte nel conflitto, anche se l’Eritrea è nota per il suo blackout sulle informazioni che escono dal Paese isolato».
Dopo aver visitato l’Etiopia poche settimane fa, l’inviato speciale degli Usa nel Corno d’Africa Mike Hammer, ha detto: «Abbiamo rilevato movimenti di truppe eritree attraverso il confine etiope e li condanniamo». L’invasione è provata anche da immagini satellitari condivise dalla compagnia statuinitense Maxar Technologies.
DW Africa sottolinea che «E’ probabile che la crescente influenza della vicina Eritrea, che ora potrebbe avere fino a 100.000 soldati in Etiopia, complicherà ulteriormente le prospettive di nuovi negoziati. Non è un segreto che il governo eritreodi Asmara non tenga esattamente nella massima considerazione i suoi ex alleati tigrini nel sud: il TPLF che ha de facto governato l’Etiopia per quasi tre decenni prima che il primo ministro Abiy Ahmed, eletto nel 2018, avviasse un nuovo corso, soingendo per la riconciliazione con l’Eritrea».
Negli anni ’70 e ’80, gli allora movimenti di liberazione del Tigray e dell’Eritrea – che erano di ispirazione marxista-leninista – avevano unito le forze contro il regime comunista militare che si era insediato ad Addis Abeba. Dopo la vittoria del TPLF, l’Eritrea ottenne finalmente l’indipendenza nel 1993. Ma anni dopo, le controversie sui confini hanno portato gli ex alleati (molti eritrei sono di etnia tigrina) a dichiararsi guerra. Inoltre, il governo eritreo ha deluso ogni speranza di demiocrazia e socialismo trasformandosi in uno dei regimi più illiberali
DW Africa fa notare che «Oggi Asmara sembra essere dalla parte del governo etiope ad Addis Abeba nel conflitto del Tigray, ma i suoi interessi e le sue intenzioni vanno probabilmente oltre il semplice obiettivo di aiutare il primo ministro Ahmed».
L’Onu ricorda che la nuova ondata di violenza nel Tigray e nelle Regioni/Stato vicine è iniziata ad agosto, dopo una fragile tregua umanitaria di 5 mesi, interrompendo le consegne di aiuti nella Regione/Stato ribelle nel nord dell’Etiopia e ai confini con l’Eritrea e il Sudan, dove circa 5 milioni di civili hanno bisogno di aiuto.
L’Onu denuncia che «La distribuzione degli aiuti continua ad essere ostacolata dalla mancanza di carburante e dall’interruzione delle comunicazioni in tutto il Tigray, mentre i comandanti del Tigray hanno affermato che l’Eritrea ha lanciato un’offensiva a sostegno delle forze governative etiopi».
Centinaia di migliaia sono state sfollate nel Tigray e nelle vicine regioni settentrionali di Amhara e Afar, mentre si ritiene che decine di migliaia siano state uccise. Milioni di vite sono state colpite dal conflitto.
In un aggiornamento umanitario del 4 ottobre, il portavoce dell’Onu Dujarric aveva detto che il personale delle Nazioni Unite era stato nuovamente autorizzato a entrare e uscire dal Tigray, ma aveva agginti che «E’ necessario riprendere urgentemente i rifornimenti aerei salvavita su strada e via aerea. Quei voli sono rimasti sospesi dal 25 agosto, interrompendo il trasporto di rifornimenti e denaro contante nella regione, che è vitale per le operazioni. Nonostante i problemi di sicurezza, le restrizioni di accesso e la mancanza di risorse, i nostri partner continuano a rispondere nelle aree a cui possono accedere nelle tre regioni. Nel Tigray, le scorte umanitarie rimanenti continuano a essere distribuite e i servizi di base forniti, nonostante le sfide operative molto difficili. Al 26 settembre, 32 cliniche mobili per la salute e la nutrizione erano ancora operative in 58 strutture sanitarie e siti di sfollati nella regione. Nell’Amhara e nell’Afar, le famiglie di nuovi sfollati vengono aiutate con cibo, acqua, rifugi di emergenza e altre forniture, nonché servizi sanitari».