Guerra in Ucraina, Unicef e Unhcr: proteggere i minori in fuga non accompagnati e separati dai genitori

La Guerra è una minaccia immediata per i bambini, in Ucraina come in tutto il mondo

[8 Marzo 2022]

La guerra in Ucraina somiglia tremendamente a quelle in Siria, Libia, Sud Sudan, Myanmar, Yemen, Libia, Repubblica democratica del Congo, Etiopia, Afghanistan… E non è vero, come si dice e si scrive, che non si erano mai visti così tanti profughi e così velocemente: avevamo fatto finta di non vederli mentre si ammassavano a milioni nelle tendopoli in Giordania, Libano e Turchia, non ce ne siamo accorti quando si accampavano in capanne fatte di sterpi e teloni di plastica nelle paludi e nei deserti africani, quando i Rohingya fuggivano a centinaia di migliaia davanti ai militari golpisti del Myanmar e alla destra buddista birmana. I profughi hanno creato città effimere e disperate grandi come metropoli, dove vivono di briciole di carità, assediati dal fango, dalla polvere e dalla neve e dai loro aguzzini. Popolano lager nei deserti libici, bussavano alle porte della Polonia che li respingeva nel gelo erigendo muri e reticolati, cacciandoli con i cani a cavallo di una frontiera che ora si è improvvisamente spalancata di fronte a profughi di un colore di pelle diverso. Sono gli stessi profughi consolati e curati solo da un pugno di coraggiosi volontari, dalle ONG che in questi anni abbiamo diffamato e accusato perché facevano quel che stanno facendo ora applauditi con i profughi ucraini al confine dell’Europa.

E anche al quel confine ora spuntano i bambini e le bambine soli, inviati oltre confine da famiglie disperate, orfani o che hanno perso i genitori in una fuga disordinata di fronte ai carrarmati, alle bombe e al gelo.  Sono gli stessi bambini, con pelle diversa, di quelli che fino a pochi giorni fa i “razzisti umanitari” si chiedevano: come è possibile mandarli soli, come è possibile che abbiano perso i genitori, che madri e padri hanno? Sono loro, le vittime delle guerre dei grandi, lanciati al di qua del muro, del filo spinato, perché tutto è meglio di quel che c’è dall’altra parte, perché almeno dove la guerra non c’è è ancora viva una speranza. Sono le lacrime che non asciugheremo mai.

In Ucraina e nel Donbass prima è successo esattamente quel che succede da sempre ai bambini in guerra, quel che è successo ai nostri padri, madri e nonni in guerra, quel che è successo ai bambini assediati dai cecchini serbi a Sarajevo e ai bambini serbi bombardati di Belgrado, ai bambini afghani presi di mira da droni Nato e da kalashnikov talebani, ai bambini rapiti e diventati soldati e alle bambine diventate schiave sessuali di milizie africane, asiatiche o di mercenari europei: succede la guerra.

L’Unicef, che qui bambini e bambine li vede e li cura ogni giorno in tutto il mondo, ha detto che «Il conflitto in Ucraina rappresenta una minaccia immediata e crescente per la vita e il benessere dei 7,5 milioni di bambini del Paese. I bisogni umanitari si moltiplicano di ora in ora con l’intensificarsi dei combattimenti. I bambini sono stati uccisi. I bambini sono stati feriti. Più di un milione di rifugiati sono stati costretti a fuggire dall’Ucraina in cerca di sicurezza e protezione. Centinaia di migliaia di loro sono bambini».

E l’Unicef, che la guerra la vede ogni giorno nelle ferite e nel pianto di milioni di bambini e bambine, ricorda che non avevamo visto prima che «Gli ultimi otto anni di conflitto nell’Ucraina orientale hanno inflitto danni profondi e duraturi ai bambini su entrambi i lati della linea di contatto. Ora, la sofferenza si estende in tutto il Paese. Centinaia di migliaia di persone sono senza acqua potabile o elettricità a causa di danni alle infrastrutture e molte sono state tagliate fuori dall’assistenza sanitaria. L’Unicef sta lavorando con i partner per fornire forniture umanitarie vitali e per raggiungere i bambini e le famiglie vulnerabili con servizi essenziali, tra cui salute, istruzione, protezione, acqua e servizi igienico-sanitari».

In una dichiarazione congiunta, la direttrice esecutiva dell’Unicef, Catherine Russell e l’alto commissario Onu per i rifugiati, Filippo Grandi, ricordano che «Nell’ultima settimana, più di un milione di rifugiati è stato costretto a fuggire dall’Ucraina in cerca di sicurezza e protezione. Centinaia di migliaia di loro sono bambini. Tra coloro che fuggono, molti non sono accompagnati o sono stati separati dai propri genitori o familiari. I bambini senza cure parentali corrono un rischio maggiore di violenza, abuso e sfruttamento. Quando questi bambini vengono spostati oltre confine, i rischi si moltiplicano. Anche il rischio di tratta aumenta vertiginosamente in caso di emergenza».

Per questo, come hanno fatto prima per i bambini siriani, irakeni, congolesi, sudsudanesi, etiopi, afghani… l’Unicef e l’Unhcr «Esortano tutti i Paesi vicini e colpiti a garantire l’immediata identificazione e registrazione dei minori non accompagnati e separati in fuga dall’Ucraina, dopo aver consentito loro l’accesso al loro territorio. Gli Stati dovrebbero offrire spazi sicuri per i bambini e le famiglie immediatamente dopo i valichi di frontiera e collegarli ai sistemi nazionali di protezione dell’infanzia. L’attuale emergenza richiede anche una rapida espansione della capacità di accordi di assistenza di emergenza con caregiver sottoposti a screening, nonché altri servizi critici per la protezione di minori, anche contro la violenza di genere, nonché i meccanismi di rintracciamento e ricongiungimento familiare».

La Russell e Grandi sottolineano che «Per i bambini che sono stati sfollati oltre confine senza le loro famiglie, l’affidamento temporaneo o altra assistenza basata sulla comunità attraverso un sistema governativo offre una protezione fondamentale. L’adozione non dovrebbe avvenire durante o immediatamente dopo le emergenze. Dovrebbe essere compiuto ogni sforzo per riunire i bambini con le loro famiglie quando possibile, se tale riunificazione è nel loro migliore interesse».

E, come sanno bene i volontari delle ONG e di Legambiente che da dopo la tragedia nucleare di Chernobyl operano al confine radioattivo tra Ucraina e Bielorussia, nella tragedia c’è il dramma dei bambini ancora più indifesi: «Quasi 100.000 bambini, la metà dei quali con disabilità, vivono in istituti di accoglienza e collegi in Ucraina – evidenziano Unicef e Unhcr – Molti di questi bambini hanno parenti in vita o tutori legali. Abbiamo ricevuto segnalazioni di istituzioni che cercano di portare i bambini al sicuro nei Paesi vicini o oltre. Pur riconoscendo che, in circostanze specifiche, le evacuazioni umanitarie possono salvare la vita e accogliere favorevolmente gli sforzi per portare i bambini in salvo, è fondamentale che vengano adottate misure speciali nel migliore interesse dei bambini e che il consenso dei loro genitori o delle persone responsabili della loro in nessun caso le famiglie devono essere separate a seguito di traslochi o spostamenti di evacuazione. I responsabili legali dei bambini negli istituti in Ucraina devono garantire che le evacuazioni avvengano in linea con le istruzioni delle autorità nazionali. I movimenti devono essere segnalati alle autorità competenti in Ucraina e nei Paesi limitrofi immediatamente dopo aver attraversato il confine e, per quanto possibile, i bambini dovrebbero essere evacuati con i loro documenti di identità e fascicoli del caso».

Tra le righe, e nemmeno tanto, si legge quel che, dopo il primo impatto emozionale, succede ai profughi di tutte le guerre: c’è sempre chi è pronto a sfruttare la loro situazione di debolezza e vulnerabilità, c’è sempre chi trasforma il dramma in affare, in schiavi nei campi o in una strada di periferia, vengono fuori i ratti voraci della guerra.

La Russell e Grandi concludono: «L’Unhcr e l’Unicef sono grati per la solidarietà e la disponibilità dimostrate dagli Stati a sostenere i minori non accompagnati e separati attraverso eventuali programmi di ricollocazione. Allo stesso tempo, va ricordato che i minori non accompagnati e separati sono particolarmente vulnerabili e le loro necessità e sicurezza immediate laddove devono avere la priorità nel breve termine, mentre le soluzioni a medio-lungo termine sono identificate, in base ai loro migliori interessi. Unhcr e Unicef sono impegnati a lavorare fianco a fianco per sostenere le autorità nazionali nella protezione dei bambini, assicurando che la loro sicurezza e protezione siano al centro della risposta».