Haiti: l’Alto Commissariato Onu per i diritti umani chiede di dispiegare una forza specializzata per reprimere la violenza delle gang

Un Paese fuori controllo, in mano a bande criminali che e uccidono e rapiscono centinaia di persone

[22 Marzo 2023]

Marta Hurtado, la portavoce dell’United Nations high commissioner for human rights (OHCHR), ha lanciato un drammatico appello: «Siamo seriamente preoccupati che ad Haiti la violenza estrema continui a sfuggire al controllo. Gli scontri tra gang stanno diventando sempre più violenti e frequenti, poiché cercano di espandere il loro controllo territoriale in tutta la capitale e in altre regioni prendendo di mira le persone che vivono in aree controllate dai rivali». Un appello che è anche l’ammissione del fallimento della comunità internazionale che, nonostante gli interventi post-terremoto, a lasciato che il Paese più povero delle Americhe, Haiti, scivolasse in una sanguinosa anarchia, una specie di purtroppo realissima fiction post-catastrofe nella quele bande armate di ladri e assassini hanno di fatto preso il potere e tengono in ostaggio, con il terrore, i loro stessi concittadini, mentre un governo debolissimo amministra le macerie di uno Stato fantasma a un passo dalla più grande potenza occidentale e mondiale.

Secondo l’Human Rights Service of the UN Integrated Office in Haiti, dall’inizio dell’anno, fino al 15 marzo, ad Haiti sono state uccise 531 persone,  300 ferite e 277 rapite in scontri legati alle gang avvenuti principalmente nella capitale, Port-au-Prince. Solo nelle prime due settimane di marzo gli scontri tra bande hanno provocato almeno 208 morti, 164 feriti e 101 rapiti.  Quello che ha illustrato la portavoce dell’OHCHR è u vero e proprio scenari <o di guerra che non appare sulle nostre televisioni e che è ignorato dai nostri giornali: «La maggior parte delle vittime è stata uccisa o ferita da cecchini che, secondo quanto riferito, stavano sparando a caso contro persone nelle loro case o per strada. La violenza sessuale è usata anche dalle gang  contro donne e ragazze per terrorizzare, soggiogare e punire la popolazione. I membri delle gang usano spesso la violenza sessuale contro le ragazze rapite per fare pressione sulle famiglie affinché paghino un riscatto. Studenti e insegnanti sono stati colpiti da proiettili vaganti durante gli scontri tra bande e il rapimento di genitori e studenti nelle vicinanze delle scuole è aumentato, costringendone molte a chiudere. Senza l’ambiente protettivo delle scuole, molti bambini sono stati reclutati con la forza da gang armate».

E’ anche una guerra per le risorse, ma dd Haiti si uccide per moltio meno di una tanica di gasiolio e in confronto, le gang e i cartelli criminali centroamericani e messicani sembrano dei “moderati”. E per non morire in questa guerra quotidiana insensata gli haitiani fuggono, come in Ucraina o in uno dei cento conflitti dimenticati del mondo: «A metà marzo 2023, almeno 160.000 persone sono state sfollate e si trovano in una situazione precaria, abitando presso amici o parenti e dovendo condividere le magre risorse – sottolinea la  Hurtado – Un quarto degli sfollati vive in insediamenti improvvisati, con un accesso molto limitato ai servizi di base come l’acqua potabile e i servizi igienico-sanitari».

E, come se Haiti fosse nella Somalia degli al-Shaabab e non nei Caraibi, «L’instabilità cronica e la violenza delle gang hanno contribuito all’aumento dei prezzi e all’insicurezza alimentare. La metà della popolazione non ha abbastanza da mangiare e in alcune zone, come Cité Soleil, la fame ha raggiunto livelli particolarmente allarmanti».

Durante la sua visita ad Haiti a febbraio, l’Alto Commissario Onu per i diritti umani, Volker Türk, aveva lanciato un allarme alla comunità internazionale che è rimasto inascoltato, ma quelle raccomandazioni sono più urgenti che mai e Türk esorta nuovamente le autorità haitiane ad affrontare immediatamente la grave situazione della sicurezza: «La polizia nazionale deve essere rafforzata per essere in grado di rispondere alle enormi sfide che deve affrontare, in modo coerente con i suoi obblighi in materia di diritti umani. Le persone devono poter tornare alle loro case in condizioni sicure e dignitose. Chiediamo alla comunità internazionale di sostenere questi sforzi. Le autorità devono anche intraprendere una profonda riforma del sistema giudiziario e penitenziario. Per spezzare il ciclo di violenza, corruzione e impunità, tutti i responsabili, compresi quelli che forniscono sostegno e finanziamento alle bande, devono essere perseguiti e processati secondo lo stato di diritto. I diritti alla verità, alla giustizia e al risarcimento di tutte le vittime devono essere rispettati».

La conclusione della disamina su Haiti fatta alla Hurtado è clamorosa per un Paese devastato da cambiamenti climatici, catastrofi naturali, povertà estreme ed epidemie di colera, che  non risulta in guerra e che ha un governo: «Chiediamo inoltre alla comunità internazionale di prendere in considerazione con urgenza il dispiegamento di una forza di supporto specializzata a tempo determinato in condizioni conformi alle leggi e alle norme internazionali sui diritti umani, con un piano d’azione completo e preciso».

Insomma, per far cessare la “guerra che non c’è” ad Haiti è necessario un intervento armato di pacificazione internazionale che sostituisca un governo inetto per difendere la popolazione da bande criminali che hanno sostituito il potere politico e in lotta fra di loro. Una cosa che finora non si era mai vista.