Honduras: la difficile strada di Xionara Castro verso il socialismo democratico

Il peso dell’eredità di una destra golpista, appoggiata dagli Usa che considerano l’Honduras il loro cortile di casa

[3 Dicembre 2021]

La vittoria di Xiomara Castro de Zelaya, candidata del partito di sinistra Libertad y Refundación (Libre) alleato all’Unión Nacional Opositora de Honduras (UNOH) alle elezioni del 28 novembre in Honduras, 12 anni dopo il golpe che depose suo marito Manuel Zelaya, è una vera e propria rivoluzione, ma per la nuova presidenta honduregna non sarà facile realizzare quel socialismo democratico al quale aspira.

Come ricorda su RT  Ociel Ali Lopez, sociologo e analista politico dell’Universidad Central de Venezuela, l’Honduras non ha vissuto le guerre civili che hanno sconvolto i confinanti Guatemala, El Salvador e Nicaragua nel secolo scorso perché l’egemonia statunitense, in particolare sulle sue forze armate, ha prevalso su qualsiasi tentativo anticolonialista. Par questo il colpo di Stato di destra contro Zelaya nel 2009 «E’ stato così efficace, così deciso, che non c’era nessuna pressione internazionale che potesse ribaltarlo (ricordatevi il blocco dell’aereo che lo stava riportando indietro dopo la sua espulsione insieme all’allora presidente dell’Assemblea generale dell’Onu, Miguel d’Escoto, all’aeroporto della capitale) e il suo ritorno in politica è stato impedito istituzionalmente all’unanimtà dalle istituzioni. In altre parole, stiamo parlando di uno stato ideologicamente di destra che non ha permesso, o non permetterà, piccoli cambiamenti come quelli che Zelaya avevava provato a fare durante la sua amministrazione».

Nel 2009, di fronte a una svolta a sinistra in Honduras, le Forze Armate, insieme ai gruppi di potere rappresentati dall’allora presidente del Congresso Roberto Micheletti, effettuarono un “golpe di palazzo” che mandò in esilio, il legittimo presidente del Paese e poi gli impedì di partecipare alla vita politica attuando anche una feroce repressione contro l’opposizione politica e sociale. E Lopez ricorda che «I democratici del mondo tacevano di fronte a una situazione al di là di ogni legalità. La situazione in Honduras, dopo il golpe e alcune elezioni presidenziali, è quella di una “democrazia” ​​con gruppi paramilitari che hanno assassinato leader (il cui caso più famoso è stato quello dell’ambientalista Berta Cáceres), con la giudiziarizzazione della politica e la rielezione arbitraria di un presidente nel 2017 senza che fosse costituzionalmente contemplata.

Ma i democratici del mondo tacevano di fronte a una situazione al di là di ogni legalità e nessun leader regionale o mondiale si è preso la briga di accusare il presidente Juan Orlando Hernández o di interrogarlo. Non era soggetto a sanzioni, anzi, Juan Guaidó, l’ex capo dell’oposizione venezuelana, che si era autodichiarato presidente della repubblica per cacciare i “comunisti” da Caracas, incontrò il golpista Hernández che aveva vinto elezion i illegali e clamorosamente truccate per chiedere il suo sostegno e il Dipartimento di Stato Usa non ha mai inserito Hernández  nella sua folta lista nera, né gli ha mai messo una taglia sulla testa. Eppure, nel 2019, un tribunale degli Stati Uniti ha emesso una sentenza definitiva contro Tony Hernández , vice e fratello del presidente uscente dell’Honduras, e nella sua sentenza il presidente è elencato tra coloro che hanno ricevuto tangenti dai trafficanti di droga. Secondo la procura statunitense l’imputato «Ha cospirato con suo fratello, presidente dell’Honduras, ha provocato brutali atti di violenza e ha incanalato denaro per la droga per le campagne del Partido Nacional in cambio di promesse di protezione ai trafficanti di droga».

Il suo coinvolgimento nel traffico di droga era così evidente che la presidenza di Hernández divenne impresentabile. Come spiega Lopez, «L’élite honduregna aveva bisogno di riossigenarsi, fare un bagno di democrazia, ed era ora di consentire la partecipazione di Xiomara Castro, moglie di Zelaya, l’indiscussa vincitrice di domenica, che si trova ad affrontare la situazione catatonica che si è impadronita dello Stato e della sfera politica… Per cercare di fermarla, il partito di governo, alla maniera del narcotraffico colombiano, ha ricreato, durante la sua campagna elettorale, il fantasma del comunismo rappresentato, secondo loro, dalla candidata». Ma questa campagna di altri tempi non ha avuto successo e la Castro ha vinto le elezioni con circa il 20% in più del candidatto del Partido Nacional al potere, Nasry Asfura.

Lopez fa notare che «L’America centrale non è più una regione politicamente stabile, come lo era stata durante i primi due decenni di questo secolo, durante i quali ha vissuto una “luna di miele” postbellica. La radicalizzazione di alcuni governi, la proposta populista del presidente Nayib Bukele in El Salvador, insieme all’accusa giudiziaria per traffico di droga contro l’attuale presidente honduregno da parte dei tribunali statunitensi, tutto questo è attraversato dal problema delle migrazioni,  che è diventata una preoccupazione di prim’ordine nella politica statunitense, tutto ciò significa che, il trionfo della Castro fa chiedere ai consiglieri del Dipartimento di Stato americano: fino a che punto arriva il nostro cortile adesso?» Quel che è certo è che finora uno dei maggiori presidi di quel cortile di casa Usa è la base militare di Soto Cano, sotto il controllo dell’US Army e da sempre utilizzata come testa di ponte contro le insurrezioni di sinistra nella regione.

Dopo che la vittoria della nuova presidenta dell’Honduras sarà ufficializzata, bisognerà capire cone i due partiti tradizionali di destra che finora si erano contesi il potere, le istituzioni saldamente in mano a esponenti ultraconservatori  i media di destra si comporteranno di fronte al nuovo scenario politico nato il 28 novembre. Alla presidente di sinistra  sarà impedito di governare come a Pedro Castillo in Perù o avrà margini di manovra per poter riportare le istituzioni honduregne nell’alveo della democrazia?

E per Lopez la base Usa di Soto Cano è uno dei punti in cui si deciderà il futuro dell’Honduras: «Durante il suo mandato, Zelaya aveva cercato di convertire questa base in un aeroporto commerciale e questo è stato il motivo principale della successiva discordia, o almeno della strategia del Dipartimento di Stato di Barack Obama di farlo cadere. Anche dopo la decisione dei tribunali Usa di collegare l’attuale presidente e il suo Partito al traffico di droga, alti funzionari dell’esercito americano hanno continuato a “cooperare” con le forze armate honduregne e a incontrarsi pubblicamente con funzionari governativi, spesso nella stessa base.

Soto Cano è servita come teatro delle operazioni di controinsurrezione statunitensi per intervenire nei processi politici nel resto dell’America centrale dagli anni ’70. Per il governo Usa mantenerla è una questione di principio. Il giorno del colpo di stato contro Zelaya, quando venne detenuto da gruppi militari, lo portarono in quella base, che aveva almeno 600 militari statunitensi, prima di portarlo fuori dal Paese con la forza».

La Castro dovrà prendere alcune decisioni non appena entrerà in carica: cercherà il dialogo con il governo Usa che vuole mantenere il controllo della base militare o oserà mandare via gli yankee da Soto Cano?

Lopez è felice per la vittoria democratica della sinistra honduregna, ma avverte che «Il conflitto politico aumenterà in questo Paese in cui i poteri sono arrabbiati per il ritorno di Zelay, che avevano espulso con la violenza. Questa è l’America Centrale, il conflitto continua».

Ma la 62enne Xiomara Castro, sposata con Zelaya dal 1976 e hanno 2 figlie e due figli e 5 nipoti, è un osso molto più duro di quel che sembra. Quella che diventerà la prima donna presidente dell’Honduras è laureata in economia aziendale e finora si occupava delle attività di aziende agricole e zootecniche familiari, anche se ha sempre avuto la passione per la politica e dopo il golpe del 2009 ha guidato le manifestazioni per il ripristino dell’ordine costituzionale in Honduras. E’ quel movimento di protesta, forgiato nella lotta contro la violenza poliziesca e la repressione neofascista, che nel 2011 si è trasformato nel partito Libertad y Refundación (Libre). Dopo 10 anni Libre è riuscito nell’impresa di rompere con il falso bipartisanismo che in Honduras ha visto per  più di 100 anni contendersi il potere le due destre del Partido Nacional e del Partido Liberal. Dopo il golpe la destra honduregna si è mantenuta al governo grazie a elezioni truccate e a una sinistra che non riusciva a trovare la giusta formula unitaria.

Ma negli ultimi anni la situazione è precipitata: l’Honduras è piegato da povertà, disuguaglianza, lavoro in nero, corruzione, violenza e ora del Covid-19 de sempre più persone lasciano il Paese in cerca di opportunità. Le carovane di migranti verso gli Usa non si fermano. Secondo l’US Customs and Border Protection Office (CBP) alla fine dell’anno fiscale 2021, a settembre, erano stati arrestati 308.931 honduregni che avevano cercato di attraversare il confine meridionale degli Usa negli ultimi 12 mesi.

L’Universidad Nacional Autónoma de Honduras (UNAH) sottolinea che nel 2019 l’Honduras aveva un tasso di povertà del 59,3%, nel 2020 era salito al 70% e alla fine di quest’anno potrebbe raggiungere il 75%. Eppure, secondo i  dati  della Banca Mondiale, l’Honduras tra il 2017 e il 2019 ha avuto il secondo tasso di crescita economica più alto dell’America Centrale dopo Panama; con un aumento del prodotto interno lordo del 4,8% nel 2017, del 3,7% nel 2018 e del 2,7% nel 2019. Ma  il Banco Central de Honduras dice che nel 2020 la pandemia di Covid-19 ha fatto contrarre l’economia honduregna di un  -9% e, nonostante la crescita degli anni precedenti, il Paese stava già affrontando alti livelli di povertà e disuguaglianza.  Per l’International Labour Organization (ILO), quasi l’intera popolazione occupata, l’81,4%, ha un lavoro informale. Insomma che ha una paga fissa sono praticamente solo i poliziotti e i soldati che hanno attuato tutti i colpi di stato e che sono stati l’ossatura portante della destra honduregna ma non riescono nemmeno a scalfire un altro flagello che colpisce gli honduregni: la violenza endemica. Nel 2019 in Honduras  sono stati registrati 4.099 omicidi,  365 in più rispetto al 2018, 11 omicidi al giorno, con un tasso nazionale di 44,8 morti violente ogni 100.000 abitanti in un Paese dove vivono meno di 10 milioni di persone.

Sono queste le cause della migrazione forzata degli honduregni. Nel 2018, l’Instituto Universitario Democracia, Paz y Seguridad dell’UNAH sottolineava che tutto questo è dovuto anche a  un «deficit di democrazia e sviluppo» ed «è il risultato dell’esclusione e della corruzione”.  Il documento denuncia che chi ha governato l’Honduras negli ultimi 40 anni  a «venduto i beni dello Stato, alcuni sottovalutati e altri volutamente portati in bancarotta per favorire diversi gruppi di potere» e ha «privatizzato o fatto scomparire società statali […] per lo sviluppo inclusivo», intanto la destra honduregna concedeva aeroporti, porti, autostrade a società private alle quali poi ha anche concesso di operare in un regime di esenzione fiscale. Queste privatizzazioni selvagge e questa flat tax per i ricchi che sarebbe il sogno della Meloni e di Salvini ha fatto sprofondare il resto della popolazione nella povertà e devastato una sanità pubblica già debole: secondo i dati ufficiali del ministero della Salute, fino al 17 novembre in Honduras erano stati registrati 377.293 casi positivi di coronavirus ed erano morte 10.373 persone. Fino a quella data erano state somministrate 7.743.055 dosi di vaccini, ma solo 3.212.890 persone (un terzo della popolazione) avevano ricevuto la seconda vaccinazione.

La Castro ha detto che il suo trionfo elettorale annullerà «!2 anni di lacrime e dolore. La notte di domenica ha segnato l’inizio di un’era di prosperità e solidarietà, attraverso il dialogo con tutti i settori, senza discriminazioni e senza settarismi. Formeremo un governo di riconciliazione nel nostro Paese, un governo di pace e giustizia, avvieremo un processo con tutto l’Honduras per garantire una democrazia partecipativa, una democrazia diretta, perché andremo alle consultazioni popolari. Quella sarà una regola per governare».

Nel suo plan de gobierno, la Castro propone «La costruzione di uno Stato socialista democratico» e parla della convocazione di un’Assemblea nazionale costituente (ANC), una proposta quest’ultima non ritenuta più attuale dopo che i due partiti conservatori hanno stretto alleanze con movimenti di estrema destra.

Il plan de gobierno propone, tra l’altro, anche l’abrogazione di leggi come quelle che facilitano la creazione delle Zonas de Empleo y Desarrollo Económico (ZEDE), dove prosperano corruzione e narcotraffico e sfruttamento brutale dei lavoratori: «Le leggi in base alle quali opera la dittatura devono essere abrogate e i diritti civili persi  ripristinati, uno scopo che altri potrebbero condividere».

Il programma della Castro propone inoltre la creazione di una Comisión Internacional contra la Corrupción e Impunidad en Honduras  sotto il controllo dell’Onu: «Per combattere la corruzione, dobbiamo cambiare il sistema che la riproduce, rifondare le funzioni fondamentali dello Stato, della giustizia e delle istituzioni repubblicane, con il cui crollo e disastro ha iniziato questa deriva nel 2009».

Ma quel che preoccupa di più gli amici liberist della destra golpista honduregna  è la creazione in Honduras di un modello economico alternativo che si basi sul rafforzamento e la crescita del ruolo dello Stato nell’economia, soprattutto nelle aree strategiche e nei servizi pubblici, e l’approvazione e l’attuazione di politiche pubbliche che puntano a rafforzare i diversi tipi di società e proprietà, anche indigene e comunitarie, e per questo il governo di sinistra «lavorerà perché non ci siano più monopoli o oligopoli, o esenzioni fiscali o esenzioni che costituiscono privilegi inutili per lo sviluppo».

L’altra cosa che non piacerà sicuramente alla destra honduregna e nordamericana e l’impegno della Castro a salvare e a rafforzare il sistema sanitario pubblico, aumentandone sostanziosamente il budget garantendo la vaccinazione Covid-19 a tutti, accedendo ad altri fornitori come la Cina e Cuba. L’altra cosa indigeribile per la destra è che Libre punta decisamente a «Trasformare il sistema educativo, orientandolo verso uno sviluppo sociale sostenibile, oltre a garantire un’istruzione gratuita e universale» e che, in materia di lavoro, la Castro vuole «Un salario equo, dignitoso e remunerativo per tutti» per «Risolvere le cause socioeconomiche strutturali della criminalità e della violenza, garantendo opportunità di studio per i giovani e lavoro per tutti».