I lobbisti degli Emirati Arabi Uniti in azione a Bruxelles

Come la monarchia assoluta del Golfo cura la sua immagine di dittatura “morbida" nell’Ue

[29 Dicembre 2020]

Nessuno trova niente da ridire che molte squadre di calcio europee siano sponsorizzate (quando non sono di proprietà) da compagnie aeree di bandiera e altre imprese che fanno direttamente riferimento alle monarchie assolute sunnite del Golfo, Paesi dove la democrazia è una finzione e i diritti delle donne e umani spesso un sogno. Il Milan sfoggia senza problemi la scritta Fly Emirates (che sponsorizzano anche Real Madrid e Arsenal), la Roma Qatar Airways (d’altronde la dittatura qatariota organizzerà la coppa del mondo). Nemmeno le tifoserie dell’ultradestra e i capi sovranisti islamofibi e i difensori dell’Italia e dell’Europa cristiana che affollano le tribune reali e virtuali degli stadi hanno niente da dire su questo apparentamento con gli emiri perché, si sa, l’arabo, il musulmano e il nero non piacciono solo se sono poveri, se sono ricchi, anche se notoriamente finanziano milizia jihadiste e moschee wahabite, se sono sponsor munifici della squadra del cuore o se “salvano” l’Alitalia o comprano pezzi interi di economia e territori e yacht plurimilionari, si chiudono tutti e due gli occhi.

Ma  la penetrazione propagandistica delle monarchie del Golfo non si ferma alle maglie dei calciatori: il recente rapporto “United Arab Emirates’ growing legion of lobbyists support its ‘soft superpower’ ambitions in Brussels” pubblicato da Corporate Europe Observatory (CEO) svela la strategia di pubbliche relazioni degli Emirati Arabi Uniti (UAE) attraverso diverse attività di  lobby a Bruxelles, nelle , istituzioni dell’Unione europea. Si tratta di un lavoro che fa parte di una più vasta indagine di CEO sull’attività di lobbyng dei regimi repressivi nell’Ue, come il più lungo rapporto “Spin Doctors to the autocrats: how European PR firms whitewash repressive regimes” del 2015 (che si occupava anche di Qatar e Bahrein e dell’emirato di Ras alKhaimah degli UAE)  e i casi di studio “Promoting the indefensible: Saudi Arabia’s Brussels lobby shop” e “Follow the New Silk Road: China’s growing trail of think tanks and lobbyists in Europe” che nel 2019 si sono occupati dell’Arabia Saudita e della Cina, non a caso altri due Paesi che investono molto nel calcio europeo (e italiano).

Nel nuovo rapporto, Ceo ricorda che «Gli Emirati Arabi Uniti hanno l’immagine di un alleato chiave moderato e amichevole per l’Ue, ma i suoi obiettivi di politica estera vengono perseguiti con sanguinose guerre, dallo Yemen alla Libia; e gli abusi dei diritti umani dilagano nello Stato autocratico e ricco di petrolio». Secondo l’Associated Press, nelle carceri «controllate dagli Emirati Arabi Uniti» nello Yemen si perpetrano stupri e torture. L’Onu riferisce che, nonostante un apparente ritiro, gli Emirati Arabi Uniti sostengono e armano ancora 90.000 combattenti yemeniti sul terreno e conducono attacchi aerei insieme all’Arabia Saudita, spesso contro obiettivi civili. Nell’aprile 2019 Al Jazeera dimostrò con un filmato esclusivo la presenza di bambini soldato yemeniti nei campi di reclutamento della coalizione guidata anti-sciita guidata dall’Arabia saudita e dagli Emirati Arabi Uniti. L’Onu descrive la situazione venutasi a creare nello Yemen dopo l’invasione delle truppe delle due monarchie assolute del Golfo come «la peggiore crisi umanitaria del mondo».

Per coprire tutto questo – va detto con successo – gli Emirati Arabi Uniti sono diventati uno degli Stati che pendono di più in PR in tutto il mondo e dal 2017 hanno lanciato un’importante campagna di “soft power”. CEO denuncia che «I loro lobbisti a Bruxelles non aiutano solo a mascherare l’immagine del Paese; l’obiettivo è quello di modellare in modo proattivo la narrazione e il modo in cui l’Europa li guarda e il loro ruolo nella regione».

E’ così che gli emirati portano avanti la narrativa della «stabilità autoritaria» che ha portato il presidente francese Emmanuel Macron ad assegnare la Legion d’Onore al macellaio egiziano Al Sisi (alleato di emiratini e sauditi e del generale Haftar in Libia, quello che aveva rapito i pescatori siciliani) e che attrae politici e funzionari europei, proiettando il governo autocratico degli Emirati Arabi Uniti come una forza stabilizzatrice nel Golfo, dove si va a fare shopping di lusso nelle avveniristiche torri e isole artificiali costruite da immigrati arabi, bengalesi e indonesiani schiavizzati, accettando tranquillamente la propaganda degli emiri secondo la quale  ogni tentativo di pluralismo, diritti della società civile o attività di potenze rivali (si legga l’Iran) aprirebbe la porta del caos e del terrorismo islamico.

Una narrativa “tranquillizzante” che si è rafforzata grazie all’accordo di pace tra Israele e UAE  che ha aperto la porta ad accordi simili con le altre monarchie del Golfo e con il Sudan e al Marocco, fortemente voluti da Donald Trump, fatti sulkla pelle dei palestinesi e che Israele gioca in funzione anti-iraniana ed emiratini e sauditi in funzione anti-sciita.

Il nuovo rapporto CEO svela i modi in cui, dal 2017, gli Emirati Arabi Uniti stanno incrementando il loro “soft power push” nel cuore dell’Europa e individua quali sono i principali protagoniosti di questa insidiosa offensiva politica, diplomatica e ideologica: ; e questi sono alcuni dei principali attori:

Uno è il misterioso Bussola Institute, un nuovo think tank di Bruxelles che ha già nel suo European honorary board un elenco impresionante di personalità, tra cui l’ex primo ministro spagnolo José María Aznar, l’ex segretario generale della Nato Anders Fogh Rasmussen, la ex presidente irlandese Mary McAleese e gli ex primi ministri francese François Fillon e croato Jadranka Kosor e l’ex commissario europeo Anna Diamantopoulou. CEo sottolinea che «Sebbene si presenti come un serio istituto di ricerca sulle relazioni Ue-Golfo in generale, tutte le sue relazioni istituzionali sono con gli Emirati Arabi Uniti e svolge un ruolo di “comunicazione strategica” e di influenza per le posizioni politiche privilegiate del Paese». Il Bussola Institute non ha rivelato quali siano le sue fonti di finanziamento.

La società di pubbliche relazioni rappresenta l’United Arab Emirates’ Media Council. A sua volta, Project Associates ha subappaltato il lavoro sui social media alla controversa società di data mining SCL Social (organizzazione sorella della famigerata Cambridge Analytica), in particolare per mettere in cattiva luce il Qatar, rivale degli UAE e dell’Arabia saudita, che mantiene buoni rapporti con l’Iran e che in Libia è schierato con la Turchia e il governo di Tripoli. CEO spiega che «Questo lavoro ha incluso la propaganda sui social media e la pubblicazione di articoli sulla stampa europea, tra cui New Europe con sede a Bruxelles e il quotidiano britannico Independent. Il fondatore di SCL Group, Nigel Oakes, è ora residente negli Emirati Arabi Uniti».

La Westphalia Global Advisory’s, una nuova compagnia di pubbliche relazioni olandese/belga con sede a Bruxelles, ha come suo principale cliente l’ambasciata degli Emirati Arabi Uniti all’Unione Europea. CEo rivela che «I suoi fondatori lavoravano direttamente per il ministero degli esteri  degli Emirati Arabi Uniti sotto l’attuale ambasciatore degli Emirati nell’Ue. La compagnia offre servizi di “diplomazia privatizzata” al regno autocratico, aiutandolo a definire i suoi obiettivi per quanto riguarda la politica dell’Ue».

Il Corporate Europe Observatory si chiede: «Perché sembra così facile per i fanatici della politica dei think tank, i consulenti delle  lobby e gli intermediari in Europa svolgere il ruolo di armi da fuoco dei regimi repressivi e perché si pongono loro così poche domande?» E si risponde: «Chiaramente nell’anno 2020, la lobby transparency a Bruxelles e nell’Unione europea nel suo insieme lascia ancora molto a desiderare. Ai politici europei spesso piace parlare di “valori europei”, ma l’opacità in questo caso avvantaggia un regime repressivo basato sul petrolio».