Il disastro e la strage di Beirut colpiscono un Paese in una devastante crisi economica e politica
Smentite le teorie complottistiche su un attentato di Hezbollah o su un attacco israeliano
[5 Agosto 2020]
La doppia e gigantesca esplosione che ieri sere alle 18,00 ha devastato l’area portuale di Beirut ha fatto almeno 73 vittime e 3.700 feriti, ma i morto sarebbero già più di 100 e i feriti più di 4.000 e tutti pensano che il bilancio alla fine sarà molto più alto e i danni incalcolabili, anche perché il porto della capitale libanese è impraticabile.
Dopo un incendio scoppiato nel porto, l’intera città è stata scossa dall’esplosione e si è vista una nuvola simile a un fungo atomico innalzarsi nell’area portuale. Il presidente libanese Michel Aoun ha dichiarato che l’esplosione è stata causata da 2.750 tonnellate di nitrato di ammonio immagazzinate in modo non sicuro in un magazzino. Il nitrato di ammonio è usato come fertilizzante in agricoltura e come esplosivo.
Aoun ha convocato per oggi una riunione urgente del governo e ha detto che dovrebbe essere dichiarato lo stato di emergenza di due settimane. Da oggi e per tre giorni il Libano è in lutto nazionale. Aoun ha annunciato che il governo stanzierà 100 miliardi di lire libanesi 66 milioni di dollari) per l’emergenza, ma l’impatto dell’esplosione sull’economia libanese sarà di lunga durata e il Paese è già preda di una terribile crisi economica, la peggiore crisi economica dalla guerra civile del 1975-1990, e di continue proteste di piazza contro il governo Aoun accusato di essere corrotto.
Si è trattato quindi di un tragico incidente dovuto a un’incredibile concatenazione di imprudenze umane che ha portato a trafficate e stoccare quantità incredibili di nitrati, legali e sequestrate, nel cuore di una città. Cadono quindi tutte le ipotesi complottiste, subito circolate sulla stampa occidentale, che davano praticamente per certo un attentato organizzato da Hezbollah per ostacolare un processo in corso all’Aja sull’omicidio dell’ex premier Rafik Hariri, avvenuto nel 2005, con un’autobomba, proprio vicino all’area del disastro. Anzi il movimento sciita è stato tra i primi a esprimere le sue condoglianze «all’onorevole popolo libanese e alle famiglie delle vittime dell’esplosione nel porto di Beirut. Questa tragica e dolorosa catastrofe, che ha lasciato devastazioni senza precedenti e gravi conseguenze umanitarie, sanitarie ed economiche, invita i libanesi, comprese forze politiche e attori nazionali, a stare insieme e ad adottare misure comuni per superare gli effetti di questa crudele esplosione e resistere con determinazione e volontà per affrontare le difficoltà e le sfide emergenti».
Nlla sua nota, Hezbollah sottolinea che «In questa triste occasione, salutiamo tutto il personale medico, le organizzazioni di aiuto umanitario, il personale della protezione civile e i coraggiosi vigili del fuoco per i loro grandi sforzi nel salvataggio, nell’aiuto e nell’assistenza e abbiamo messo tutte le nostre capacità al servizio del nostro onorevole popolo e dei nostri amati cittadini dove sorge la necessità. Chiediamo a Dio Onnipotente di concedere misericordia e perdono ai martiri e alle loro famiglie per la loro pazienza e conforto, e chiediamo a Dio di recuperare i feriti e concedere pazienza e fermezza al nostro amato popolo e che il nostro Paese riesca a superare le difficoltà e le avversità».
E Anche l’Iran, indicato subito come uno dei possibili mandanti di un attentato che non c’è stato, ha offerto, attraverso il suo ministro alla sanità Saeed Namaki «Qualsiasi tipo di aiuto e di assistenza al popolo e al governo libanese». Altrettanto ha fatto la Mezzaluna Rossa iraniana che si è detta disponibile a «soccorrere le persone colpite dalle esplosioni devastanti di Beirut».
Cade anche l’ipotesi di una attacco missilistico israeliano per dare una terribile lezione a Hezbollah che la scorsa settimana aveva tentato di infiltrare suoi combattenti in territorio israeliano.
Il segretario generale dell’Onu, António Guterres, ha espresso le sue condoglianze alla famiglie delle vittime e al popolo e al govermn o libanese e ha sottolineato che «Le Nazioni Unite restano impegnate a sostenere il Libano in questi tempi difficili e partecipano attivamente alla risposta a questo incidente. Anche il comandante della Force intérimaire des Nations Unies au Liban (FINUL), Stefano Del Col, ha detto che «Siamo pronti ad aiutare e a fornire ogni assistenza e sostegno».
Anche l’Organizzazione mondiale della sanità ha offerto il sua aiuto alle strutture sanitarie del Libano, già al collasso per il Covid-19, che rischiano di non farcela a curare le migliaia di feriti, tra i quali ci sono anche molti uomini e donne del personale Onu in Libano, compresi dei caschi blu che fanno parte della Task Force marittima della FINUL, le cui imbarcazioni erano ormeggiate nel porto di Beirut.