La storia di una gigantesca truffa ai danni del popolo spagnolo
Il Re di Spagna Juan Carlos è diventato ricco vendendo armi alle monarchie arabe
Le rivelazioni di Público: la casa reale spagnola non trafficava petrolio ma armi
[14 Luglio 2021]
Prima di salire al trono, l’ossessione di Juan Carlos de Borbón, l’erede al trono di Spagna nominato dal dittatore fascista Francisco Franco, era già quella di accumulare una grande fortuna che suo padre non aveva mai avuto. La storia di quello che successe prima e dopo la transizione democratica in Spagna è raccontato su Público da una clamorosa inchiesta firmata da Carlos Enrique Bayo che sta terremotando la monarchia e la politica spagnola.
Negli anni ’70 Juan Carlos de Borbón promuoveva già con tutti i mezzi Manuel Prado y Colón de Carvajal, il suo migliore amico, perché lo rendesse ricco utilizzando ogni mezzo, sia chiedendo doni alle altre case reali, non solo europee o prendendosi una fetta delle transazioni economiche internazionali dello Stato. Bayo rivela che «Nel 1974 inviò una lettera a Henry Ford II – nipote del fondatore della famosa casa automobilistica – raccomandando Prado come responsabile dell’ingresso del colosso automobilistico Ford in Spagna».
Non appena venne incoronato, nel 1977 Juan Carlos I nominò Colón de Carvajal (discendente di Cristoforo Colombo) senatore per nomina reale e ambasciatore plenipotenziario speciale permanente della Spagna, nonché amministratore solidale al 50% – come su prestanome – di tutte le loro attività, a cominciare dalla più redditizia che ci sia: la vendita di armi.
Público denuncia che già nella prima visita dei reali spagnoli a Riyadh, nell’ottobre 1977, l’attuale Re emerito negoziò «La creazione di una joint venture ispano-saudita, presumibilmente per incanalare il commercio tra i due paesi: l’Alkantara (“ponte”, in arabo) Iberian Exports». A quel tempo l’uomo forte della monarchia teocratica assoluta saudita era il principe Fahd, pupillo di re Khaled, successore di Faisal, che nominò come delegato saudita nell’Alkantara magnate Adnan Khashoggi, noto trafficante d’armi la cui holding Triad International avrebbe detenuto il 50% del capitale dell’Alkantara. Invece, Juan Carlos designò Manuel Prado come presidente della società, finanziata per il 50% spagnolo con fondi pubblici: il 25% dei soldi proveniva dall’Instituto Nacional de Industria (INI) e l’altro 25% da Fomento del Comercio Exterior, del Banco Exterior de España (Focoex) che però operava nel paradiso fiscale di Panama.
Bayo evidenzia che «L’intenzione che questa joint venture rimanesse al di fuori del controllo fiscale del Tesoro Pubblico si riflette nel fatto che Alkantara Iberian Exports non sia stata costituita a Madrid o Riyadh, ma a Londra, il 6 luglio 1978, come “Private limited with Share Capital company” con registrazione 01377422. Borja Prado Eulate, figlio del socio e prestanome del re, viene inserito nell’azienda da Focoex, per la quale lavorerà dal 1980 al 1988. A quel tempo, il presidente dell’INI è Francisco Jiménez Torres, che in seguito consiglierà proprio Khashoggi nelle operazioni commerciali internazionali».
Il re di Spagna sapeva di non poter essere scoperto perché, ai sensi della legge 9/1968 sui segreti d’ufficio, tutte le operazioni internazionali di vendita di armi e materiale militare erano considerate «Materie, atti, documenti, informazioni, dati e oggetti la cui conoscenza da parte di persone non autorizzate può danneggiare o mettere a rischio la sicurezza. difesa dello Stato». Una legge fascista che è ancora in vigore e che impedisce di ottenere i documenti di quei contratti gestiti da Alkantara.
Due anni dopo, nel 1980, il premier spagnolo, l’ex franchista Adolfo Suárez González, duca di Suárez e Grande di Spagna, andò a Riyadh per assicurarsi l’approvvigionamento di greggio saudita ma, come scrive Bayo, «la totale ignoranza della lingua inglese da parte del primo ministro non gli permette di districare gli affari con quel paese di Colón de Carvajal, che lui aveva nominato prima presidente dell’Iberia (1976-78) e poi presidente dell’Instituto de Cooperación (ICI, fino al 1982)».
Insomma, ai vertici dello Stato democratico spagnolo c’era una banda di cleptomani fascisti sotto la protezione di sua Maestà.
Solo nel dicembre 2014 arriva la denuncia del professore di economia ed ex amministratore delegato di Campsa Roberto Centeno che rivela che Prado ha preso una commissione di «uno o due dollari» per ogni barile di petrolio acquistato nel Golfo Persico e che l’allora ministro delle finanze di Suárez, Francisco Fernández Ordóñez, gli impedì nel 1979 di concludere l’acquisto di 150.000 tonnellate di greggio che aveva negoziato a buon prezzo con la Kuwait Petroleum Company, avvertendolo che «Manolo Prado è l’unica persona che ha il diritto di acquistare petrolio in Arabia Saudita e negli Emirati Arabi Uniti».
In Spagna in molti dicono che questo trattamento favorevole alla Corona per nasconderne gli inconfessabili traffici continuò anche con i governi socialisti guidati da Felipe González , ma una fonte consultata da Público afferma che «Il leader socialista non consentì queste commissioni e fu persino sentito, mentre usciva da un incontro con Juan Carlos a La Zarzuela, che diceva a Sabino Fernández Campo (capo della Real Casa) a voce molto alta, così che parecchie persone della cerchia ristretta del sovrano lo sentirono: “E di quell’uno o due per cento del petrolio dice Prado, niente eh?”». Tra chi ascoltò quelle parole, nel 1982, c’era il tenente generale Agustín Muñoz Grandes, aiutante di campo del re, che raccontò questo aneddoto alla fonte sentita da Público.
Una prova che il re non riuscì a incassare le percentuali sugli acquisti di greggio è che, nel 1980, Juan Carlos mandò i suoi due scagnozzi, Manuel Prado e il principe georgiano-russo Zourab Tchokotua, del quale è amico fin dall’infanzia, ad operare come intermediari per altre imprese e per chiedere un prestito a un altro dei 7 figli della moglie prediletta del fondatore dell’Arabia Saudita, Salmán bin Abdulaziz, allora emiro di Riyadh e attualmente re del Paese, nel suo sontuoso palazzo di Marbella, l’Al-Riyad, dove trascorre lunghi periodi. Con sorpresa di Prado e Tchokotua, Salmán accettò la richiesta di Juan Carlos, parlò con i suoi fratelli e fornì loro un prestito decennale, senza interessi, del valore di 100 milioni di dollari, un importo che, in pesetas, 4 anni dopo avrebbe raggiunto gli oltre 17 miliardi a causa delle continue svalutazioni della valuta spagnola.
Una delle personalità più vicine al re di Spagna in quel periodo ha jraccontato a Público che «questo denaro è stato depositato su un conto della Sogenal (Société Générale Alsacienne de Banque), a Ginevra». L’importanza di questo deposito accredita Prado a diventare amministratore dell’ente – una delle più grandi banche europee – e viene nominato presidente della Société Generale de Banque in Spagna, cosa che gli permette di ritirare anticipatamente gli interessi decennali (circa 33 milioni di dollari), denaro con il quale da quel momento in poi verranno finanziate le attività di intermediari delle operazioni commerciali internazionali e speculazioni immobiliari della banda di speculatori del Re.
Prado e Khashoggi investono negli affari opachi di traffico di armi attraverso Alkantara, una volontà che è dimostrata quando, il 13 agosto 1982, la registrarono nel paradiso fiscale di Cipro come “Società a responsabilità limitata con registrazione HE18048”. Alkantara può così operare al di fuori del controllo sia del governo saudita che di quello spagnolo, che nel 1985 ha fatto il suo primo rapporto mettendo Alkantara in cima alla lista, ammettendo che la lista degli affari di Alkantara era ancora incompleta e che né La Moncloa né le Commissioni parlamentari controllavano la destinazione finale delle esportazioni di materiale bellico spagnolo. Allora El País riportò fonti governative secondo le quali «Il funzionario che all’estero fornisce il certificato di ultima destinazione può addebitare una commissione fino al 30% del valore del contratto. Commissioni e corruzione sono esistite ed esistono anche in Spagna, anche se non più, ad esempio, che in Germania».
Nel gennaio 1989 l’INI decise di sciogliere Alkantara dopo lo scandalo provocato dall’incriminazione di Khashoggi nel caso Iran-Contra; la vendita di armi all’Iran, in violazione dell’embargo, per finanziare i mercenari di destra che combattevano contro il governo sandinista nicaraguense (1985-86).
Ma, prima di essere accusato, Khashoggi ebbe il tempo di passare la spazzatura di Alkantara al trafficante d’armi di origine libanese Abderramán el Assir, che aveva introdotto tra la bella gente di Marbella, come il grande amico di Felipe González, l’imprenditore Enrique Sarasola, Los Albertos (Alcocer e Cortina) o il ministro delle finanze Carlos Solchaga, leader della corrente della destra socialista, tutti frequentatori delle sfarzose feste private di Khashoggi. Alla fine El Assir sposa María Fernández-Longoria, sorella della moglie di Adrián de la Joya (compagna e padrino del commissario Villarejo, amico di un altro trafficante d’armi, Monzer al Kassar). Il padre di Cristina, Carlos Fernández-Longoria de Pavía, è ambasciatore spagnolo in Egitto (1985-90), un Paese con il quale in seguito Alkantara farà proficui affari nella vendita di armi.
L’attività di vendita di armi della filiale cipriota di Alkantara continuò per quasi altri due anni, fino al suo scioglimento il 14 novembre 1990. Público fa l’esempio di quando, nell’estate del 1989, El Assir negoziò a Rabat la vendita al Marocco di 7 aerei da trasporto CN-235 prodotti da Construcciones Aeronáuticas (CASA), ognuno dei quali costava 1,1 miliradi di i pesetas, in tutto un business da circa 7.7 miliardi di pesetas, di cui circa 2 miliardi e 750 milioni saranno pagati con prestiti del Fondo de Ayuda al Desarrollo (FAD) e il resto con prestiti agevolati spagnoli a un interesse che oscillava tra il 7 e il 9%. A quel tempo i prestiti per i cittadini comuni in Spagna erano del18% in Spagna e quelli Vivienda de Protección Oficial erano intorno all’11,25%.
Ovviamente El Assir e i suoi soci (Prado, che è socio a metà con il Rein tutti gli investimenti che fa, e Tchokotua) incassano una grossa commissione del 20% sul prezzo totale, cioè circa 1,5 miliardi di pesetas, pagati dallo Stato spagnolo. Fatti già noti, visto che li raccontano José Díaz Herrera e Ramón Tijeras nel loro libro El dinero del poder. La trama económica en la España socialista uscito nel febbraio 1991.
Successivamente, El Assir ottiene una lettera di intenti firmata dal segretario enerale dell’Amministrazione nazionale della difesa marocchina che gli consentirà di continuare a vendere armi al Marocco per anni per un importo totale di 570 milioni di dollari un business che volevano compagnie di armi spagnole come ENASA e Land Rover Santana (veicoli militari), Empresa Nacional Santa Bárbara y Explosivos Alaveses la National Company Santa Bárbara e Explosivos Alaveses (mine e proiettili) o ENOSA, Amper e Inisel (materiale elettronico e comunicazioni).
Così la Spagna, che ufficialmente sostiene la richiesta di un referendum sull’indipendenza del Sahara Occidentale, fornisce al Marocco le armi per reprimere la lotta di liberazione del Frente Polisario.
Sui tratta della più grande vendita di armi del governo spagnolo al Marocco dell’epoca e le commissioni distribuite dai mediatori sarebbero ammontate a 12,5 miliardi di pesetas. Ma uno degli amici del Re consultati da Público e che conosceva bene quei traffici. Assicura che «i commissionari che lavoravano con Alkantara trafficavano armi con tutti i Paesi che potevano, approfittando di tutte le guerre e i conflitti di quegli anni».
Sarà per questo che Manuel Prado pensa di dover nascondere meglio le sue attività con Sua Maestà Juan Carlos. Così nel 1983 si stabilisce a Ponilly, vicino a Losanna, dove fonda, con l’atro intimo amico del Re Tchokotua, la società Trébol SA. Intanto Tchokotua si è sposato con l’aristocratica maiorchina Marieta Salas Zaforteza, grande amica della principessa María Gabriela de Saboya, nota come il “primo amore” di Juan Carlos I. Bayo fa notare che «Il terzo partner di questo “trifoglio” è il Re stesso, anche se il suo nome non compare mai nei documenti, secondo quanto assicura a Público uno di quelli che erano nella cerchia ristretta del monarca. Questa fonte sottolinea che in quegli anni molti dei milionari dell’élite economica e finanziaria di Madrid sapevano che Trébol SA era il veicolo degli investimenti di Juan Carlos I perché né Prado né Tchokotua facevano molto per nasconderlo in quella cerchia, sebbene vigesse un assoluto silenzio informativo nei media».
Dopo il periodo passato a Focoex e Alkantara, Borja Prado Eulate diventò vicepresidente per la Spagna dell’Unione delle banche svizzere, una delle 29 principali istituzioni finanziarie del mondo, carica che ha ricoperto dal 1989 al 1994. Público ha cercato più volte, senza successo, di contattare Borja Prado, sia tramite i suoi ex collaboratori di Endesa, della quale ha recentemente lasciato la presidenza, sia attraverso le società di cui è attualmente amministratore: Almagro Asesoría e Inversiones SA, Key Capital Partners e altre, perché potesse commentare il contenuto dell’indagine che ha pubblicato.
Comunque, il giornale spagnolo sottolinea che «Dalla Svizzera è facile per Manuel Prado eludere fiscalmente i benefit della holding Trébol in Spagna (Trébol Internacional, Trébol Condal, Trebolquivir…), nonostante continuasse a trascorrere la maggior parte del suo tempo nella Zarzuela», la residenza privata del Re di Spagna a Madrid. Un’altra fonte molto vicina alla monarchia ha spifferato a Público che Juan Carlos , che aveva bisogno del riconoscimento di tutte le monarchie europee, adotta due suoi cugini disoccupati, Carlos de Borbón y Dos Sicilias, Duca di Calabria, e il Re Simeone II di Bulgaria e li mette al lavoro nella compravendita di armi di Alkantara, «Ma non hanno neanche molti fondi, perché spendono troppo: comprano un costoso aereo, un jet, quando non ce n’era nessuno di quel tipo in Spagna, che Tchkoutoua cerca di rendere redditizio affittandolo a executive di alto livello per viaggi di lavoro a lunga distanza. E sperperano i profitti con sontuose spese».
Simeone II rientrò in Bulgaria nel 2001 e vinse le elezioni con il suo Movimento nazionale Simeone II (NDSV), diventando primo ministro con la promessa che avrebbe eliminato la corruzione (sic!) e dato il via a una rapida ripresa economica. Una volpe nel pollaio che durò poco, visto che il suo disastroso governo venne sconfitto nel 2005 dal Partito socialista bulgaro.
Nonostante le spese pazze del Re e dei suoi reali cugini, nel 1984 Alkantara Iberian Exports Ltd era già il più grande esportatore di armi in Spagna e il suo miglior cliente finì per essere l’Egitto , che acquista navi da guerra e veicoli militari da società spagnole. Enasa ottienne così contratti per la vendita di migliaia di camion Pegaso e centinaia di mezzi blindati all’esercito egiziano per un valore di quasi 600 milioni di dollari. Bazán vendette due corvette alll’egitto grazie alla linea di prestiti agevolati che la Spagna aprì al governo dittatoriale del Cairo attraverso 8 accordi per un valore complessivo di 22 miliardi di pesetas.
Ma nel 1985 l’Egitto sospese i pagamenti a causa di una crisi finanziaria internazionale e non ha mai restituito quei crediti alla Spagna. Però, grazie ai prestiti statali, le industrie spagnole incassarono l’importo totale fatturato e i soci di Alkantara intascarono per intero le loro commissioni milionarie. 10 anni dopo, la Spagna annullerà all’Egitto un debito da 18,8 milioni di pesetas con il quale vennero finanziati fabbricanti di armi e faccendieri reali. «Pertanto – fa notare ancora Bayo – l’intera operazione, comprese le commissioni del Re e dei suoi soci, sono state pagate con fondi pubblici», proprio come avevano rivelato nel loro libro Díaz Herrera y Tijeras».
Ma le folli spese dei soci della Holding Trébol intaccano fortemente il gruzzolo e Prado cerca anche di fare affari immobiliari, sfruttando le loro connessioni ai massimi livelli. Ma anche in questo ambito è un disastro e i suoi successivi investimenti si rivelano un continuo fallimento, come quelli del Castillo de los Garciagos, un progetto faraonico che ha ideato a Jerez nel 1988 e che finisce per essere rovinoso. Per realizzarlo Prado i prende un credito di 3,5 miliardi di pesetas da Mario Conde (Banesto) con il quale finisceperò per coprire altri buchi fatti dai nobili cleptomani.
Nel 1989 Prado si presenterà a Javier de la Rosa , delegato in Spagna del potentissimo Kuwait Investment Office (KIO) e gli mostra una lettera di Juan Carlos I, indirizzata al suo “fratello” l’emiro del Kuwait – allora, lo sceicco Yaber III – nel quale sottolinea che le persone giuste per rappresentare gli interessi del KIO in Spagna deve essere Manuel Prado e Colón de Carvajal. Ma Prado rassicura subito il finanziere catalano, promettendogli che non invierà quella lettera reale né cercherà di sottrargli la carica, perché si fida pienamente di lui… anche se ancora non lo conosce. E lo rassicura (come dichiarerà poi davanti al giudice De la Rosa): «Preferisco fare affari con te, e se li facciamo, devi sapere che metà di tutto ciò che si guadagna è per me e l’altra metà per il datore di lavoro” [riferendosi al re]. Perché è un mio partner al 50% in tutto»
Uscendo dall’ufficio, Prado dice a De la Rosa che, come prima operazione congiunta, il KIO deve acquisire metà della fattoria che lui e il Re hanno vicino al circuito automobilistico di Jerez e dove progettano lo sviluppo immobiliare Sherry Golf Montecastillo. Hanno anche fissato il prezzo da pagare: 1,5 miliardi di pesetas per la metà di un terreno che due anni prima era costato loro 125 milioni. Dato che non si tratta di un mero suggerimento, e il KIO è interessato a godere del favore del monarca spagnolo, De la Rosa acconsente a questo investimento, sconsigliato da tutti i tecnici della divisione immobiliare del gruppo kuwaitiano, e nel giugno del quell’anno la Trebolquivir (il cui presidente è Prado) annuncia in pompa magna che «Entrambe le società investiranno 10 miliardi nella realizzazione di un complesso turistico e sportivo di 1,8 milioni di mq, con circa mille abitazioni, due campi da golf, un maneggio, due alberghi e un circolo sportivo con ogni genere di servizi». Anche se la verità è che KIO non ha alcuna reale intenzione di entrare in un progetto così faraonico dalla redditività estremamente dubbia, poiché richiede un investimento complessivo di 25 miliardi di pesetas, 15 miliardi dei quali dovrebbero provenire da società immobiliari locali.
Sono questi tipi di operazioni che portano alla rovina i soci di Trébol che delapidano il prestito di 100 milioni di dollari avuto dal principe saudita Salmán bin Abdulaziz e, passati i 10 anni per restituirlo, Prado e RE Juan Carlos devono pregare il KIO di prestargli la stessa somma.
Inoltre, nel 1990 Saddam Hussein invase il Kuwait e quella guerra spazzò via le joint venture spagnole con l’emirato petrolifero. Alla fine Prado – bersagliato da cause giudiziarie – abbandona le sue funzioni di amministratore personale del re e trasferire quella società segreta con il monarca ad Alberto Alcocer».
Ma non è finita, perché Público annuncia nuove puntate di questa vergognosa soap opera reale, avvertendo che «Per effettuare questa serie di ricerche sono state consultate decine di fonti, numerosi materiali e si è ottenuta la testimonianza riservata di alcuni degli amici e collaboratori più stretti di Juan Carlos I. E’ stata contattata anche la Casa Reale, che ha rifiutato di fare qualsiasi tipo di commento».
Mentre nel Parlamento spagnolo fioccano le interrogazioni della sinistra – repubblicana e no – questa vicenda di traffico di petrolio, armi e denaro con le monarchie musulmane imbarazza non poco la destra che ha idealizzato una monarchia cattolica erede del franchismo e che continua la lotta contro gli invasori musulmani, gli indipendentisti catalani e “i comunisti”.
Come direbbe qualcuno, pecunia non olet, ma dalle parti della casa reale spira un certo olezzo di decomposizione.