Iran, almeno 10 morti nelle proteste contro il carovita, Il regime denuncia interferenze straniere
La doppia anima della rivoluzione islamica di fronte a un Paese inquieto e agli attacchi Usa e sauditi
[2 Gennaio 2018]
Mentre in Iran continuano gli scontri e i morti sarebbero almeno dieci, con un paio anche tra le forze dell’ordine (alcuni manifestanti hanno sparato con fucili da caccia), il segretario del Consiglio supremo per la sicurezza nazionale (Snsc), Ali Shamkhani, ha detto che «Alcuni paesi stanno conducendo una “guerra per procura” contro la Repubblica islamica attraverso i social media e Internet». Parlando con i giornalisti ha affermato che «Gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e l’Arabia Saudita sono dietro alle recenti rivolte in Iran. Gli hashtag e le campagne sui social media che stanno affrontando la situazione in Iran sono tutti guidati da questi Paesi. Sulla base delle nostre analisi, circa il 27% dei nuovi hashtag contro l’Iran sono generati dal governo saudita. Questo piano straniero contro il nostro Paese ha lo scopo di ostacolare i progressi dell’Iran in diversi ambiti». Poi Shamkhani ha minimizzato: «Quello che sta accadendo in Iran sarà finito tra qualche giorno, e non c’è alcun motivo di preoccuparsi».
Toni diversi – e che dimostrano l’approccio diverso delle due anime “progressista” e conservatrice” della Repubblica islamica – da quelli del presidente iraniano Hassan Rohani che ieri aveva detto: «Siamo una nazione libera e il popolo iraniano è completamente libero di esprimere le proprie critiche e proteste nei confronti del governo», aggiungendo però che « Il modo di esprimere proteste dovrebbe essere tale da poter portare al miglioramento delle condizioni della nazione e della vita del popolo. La critica è diversa dalla violenza e dalla distruzione della proprietà pubblica. Le autorità devono autorizzare le manifestazioni e le proteste legali».
In realtà le proteste riguardano soprattutto le colossali spese nella guerra siriana/irakena che succhiano gran parte delle entrate petrolifere e gasiere e le mancate promesse di ripresa economica dopo l’accordo sul nucleare con il G5+1 e la fine dell’embrago occidentale (Usa esclusi) e la polizia e i guardiani della Rivoluzione islamica hanno attaccato e arrestato anche manifestanti pacifici, come la ragazza che si era tolto il velo e che è diventata il simbolo della rivolta, iniziata come protesta spontanea contro il carovita e poi trasformatasi in manifestazioni contro l’intero regime.
Rohani cerca di mediare tra i rivoltosi e la destra islamista, che probabilmente ha innescato una protesta che le è scappata di mano e che ora vuole reprimere ad ogni costo: «Il popolo dell’Iran non si preoccupa solo per l’economia ma anche per la corruzione e la trasparenza del governo», ha detto il presidente iraniano che ha attaccato anche Trump per le sue «dichiarazioni che interferiscono con l’attività dell’Iran» e gli ha ricordato che oggi sostiene le manifestazioni mentre pochi giorni «definiva gli iraniani terroristi».
Trump aveva twittato che «Per l’Iran è venuto il tempo del cambiamento». Poi già che c’era, ha attaccato anche il Pakistan, un alleato Usa, che non l’ha presa per nulla bene e ha convocato l’ambasciatore statunitense a Islamabad per chiedere spiegazioni. E non poteva mancare il premier israeliano Benjamin Netanyahu, che ha twittato la sua provocazione; «Questo regime si sforza disperatamente di seminare l’odio tra noi, Ma non ci riusciranno. E quando il regime cadrà, e un giorno cadrà, iraniani e israeliani diventeranno di nuovo dei buoni amici… Auguro al popolo iraniano pieno successo nella sua nobile lotta per la libertà». In realtà Israele e Iran sono stati amici solo sotto la dittatura dello scià di Persia, ma l’opinione pubblica è sempre stata anti-israeliana e ha sempre appoggiato la lotta di un altro popolo che lotta per la sua libertà contro gli israeliani: i palestinesi.
La Russia ha respinto le interferenze straniere negli eventi interni dell’ Iran, auspicando che non ci siano più violenze e morti nel Paese alleato. e il ministro degli esteri russo, Sergei Lavrov ha avvertito Trump: «Si tratta di un affare interno dell’Iran. Le interferenze esterne che mirano a destabilizzare la situazione sono inammissibili». E anche Lavrov di interferenze esterne se ne intende…
Ma per rincarare la dose è intervenuto anche il vicepresidente Usa Mike Pence che ha twittato: «Durante il tempo che Donald Trump sarà il Presidente degli Usa ed io vicepresidente, gli Stati Uniti d’America non ripeteranno gli infami errori del passato, quando altri hanno ignorato la resistenza eroica del popolo iraniano nella sua lotta contro il suo regime brutale», Poi ha sottolineato che «La crescente resistenza del popolo iraniano da oggi una speranza e una fede a tutti quelli che lottano nel nome della libertà contro la tirannia. Non dobbiamo e non le lasceremo cadere».
Peccato che la denuncia della tirannia non si estenda anche all’altra sponda del Golfo Persico/Arabo, dove le monarchie assolute dell’Arabia saudita e Bahrein usano il pugno di ferro contro gli oppositori e fanno sembrare i diritti umani in Iran una conquista rispetto alla misoginia e alla repressione imperante nei Paesi sunniti alleati degli Usa.
Non a caso nel mirino dell’Iran c’è soprattutto il suo arcinemico e maggiore alleato degli Usa: l’Arabia saudita. Il governatore generale della provincia centrale dell’Iran, Ali Aghazadeh, ha detto che «Le indagini indicano che ci sono prove dell’interferenza dell’Arabia Saudita nella nostra attuale situazione e alcuni dei manifestanti arrestati hanno confessato di essere stati guidati dall’estero per creare disordini. Alcuni dei 100 dimostranti arrestati domenica nel capoluogo Arak hanno legami con alcuni Paesi stranieri». E se per screditare chi protesta basta accusarlo di essere al servizio dei sauditi e degli stranieri la situazione in Iran è ben diversa da quel che vorrebbe Rohani.
Comunque anche Rouhani ha detto che «Il popolo iraniano deciderà su un piccolo e minoritario gruppo di rivoltosi e criminali, che nei giorni scorsi hanno sfruttato le proteste contro le condizioni economiche in diverse città del Paese per violare la legge e i valori del popolo iraniano».
Incontrando oggi alcuni dei legislatori iraniani, il presidente iraniano ha detto che «La nazione contrasterà il piccolo gruppo che ha usato le proteste come scusa per recitare slogan per violazione della legge e delle richieste della gente, per insultare le sacralità e i valori della rivoluzione islamica e danneggiare la proprietà pubblica» e pur adeguandosi alla linea generale quando ha affermato che «Il nemico non può restare indifferente nei confronti del progresso e della grandezza del popolo iraniano» ha ricordato che «ci sono anche persone ingannate tra i manifestanti che hanno richieste legittime». Un difficile equilibrismo mentre gli slogan urlati nelle proteste lo accomunano ai suoi nemici della destra religiosa e chiedono maggiore libertà. Rohani alla fina ha cercato l’unità sottolineando che «I nemici dell’Iran non possono tollerare i risultati del Paese nell’arena diplomatica, in particolare negli scontri con gli Stati Uniti e il regime israeliano, e alcuni di loro hanno esplicitamente minacciato di portare problemi regionali a Teheran».