Iran e Usa sull’orlo della guerra dopo l’assassinio del capo dei Pasdaran ordinato da Trump
Gli iraniani: irresponsabili le parole di Salvini. Trump vuole la guerra con l’Iran solo per essere rieletto
[3 Gennaio 2020]
E’ stata l’agenzia Fars News a dare la notizia in Iran che, «poche ore fa un raid statunitense sull’aeroporto di Bagdad ha martirizzato il grande generale Qassem Soleimani, comandante della Forza Quds dell’Irgc (Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica, i Pasdaran) insieme a lui anche il numero due delle Forze di mobilitazione Popolare irachene (Hashd al-Shaabi)». La notizia è stata confermata dai Pasdaran che dicono che nell’attacco sono stati uccisi anche almeno 25 miliziani di Hashd al-Shaabi e che altre 51 persone sono rimaste ferite. Tra i morti ci sono anche 5 parlamentari irakeni. Il Pentagono ha confermato che l’eliminazione di Soleimani è stata ordinata direttamente dal presidente Usa Donald Trump e che l’attacco è stato sferrato da un elicottero statunitense.
Il leader supremo della rivoluzione islamica dell’Iran, l’Ayatollah Khamenei, ha condannato duramente l’omicidio di Soleimani e ha annunciato tre giorni di lutto nazionale. Il Consiglio supremo per la sicurezza nazionale iraniano, presieduto oggi da Khamenei, ha promesso «dura vendetta» e ha definito l’uccisione di Soleimani, «il più grande errore strategico degli Stati Uniti nell’Asia occidentale», aggiungendo che «l’Iran si vendicherà al momento e nel luogo opportuni».
in Iran – ma anche in Siria e Iraq – il 62enne Soleiman era una leggenda per il ruolo svolto nella sconfitta dello Stato Islamico/Daesh e le piazze iraniane, dopo la preghiera del venerdì, si sono riempite di gente che gridava «L’eroe Soleimani oggi è con Dio». A Teheran più volte la folla ha gridato «Morte all’America» e «Morte a Israele» e durante il sermone l’ayatollah Seyed Ahmad Khatami, guida della preghiera collettiva, citato dalla televisione iraniana, ha avvertito: «Gli americani in tutto il mondo non avranno più pace». A Kerman, città natale di Soleimani nel sud-est dell’Iran, una folla si è radunata davanti alla casa del generale. La guida della preghiera locale, ha detto che «L’uccisione di Soleimani porterà alla fine della presenza militare Usa nella regione e alla vittoria finale del fronte della resistenza su Israele». Grandi manifestazioni simili si sono svolte anche a Qom, Tabriz e in altre città.
Secondo le prime ricostruzioni, Soleimani e Ridha, quando l’attacco è stato sferrato erano da poco atterrati all’aeroporto internazionale di Baghdad ed erano appena saliti in una delle due auto che li attendevavano. Poi l’elicottero Usa ha lanciato tre razzi contro l’aeroporto.
L’attacco paradossalmente rafforza l’ala dura del regime iraniano e il portavoce dei Pasdaran, il generale Ramezan Sharif, ha minacciato: «Trasformeremo in lutto la gioia degli americani e dei sionisti per l’assassinio del grande generale Qassem Soleimani. La gioia degli americani e dei sionisti non durerà a lungo e le forze dell’Irgc, il popolo iraniano e il Fronte della Resistenza in tutto il mondo islamico vendicheranno il sangue di questo glorioso martire che non voleva altro che la gloria del popolo iraniano e della nazione islamica e la liberazione di al-Quds» (Gerusalemme, ndr).
Sul suo account Twitter, il ministro degli esteri iraniano, Mohamad Javad Zarif, ha messo in guardia gli Stati Unitisi «Una pericolosa escalation di tensioni per il loro atto terroristico contro il generale Qasem Soleimani. L’atto di terrorismo internazionale degli Stati Uniti, di attaccare e assassinare il generale Soleimani, la figura più importante nella lotta contro i gruppi terroristici come Isis, il Fronte di Al-Nusra e Al-Qaeda, è estremamente pericoloso e crea una pericolosa escalation. Gli Stati Uniti sono responsabili delle conseguenze della loro avventura».
In un successivo comunicato, Zarif ha espresso le sue condoglianze al popolo iraniano per il martirio di Soleimani e ha aggiunto: «La stupidità delle forze terroristiche statunitensi renderà l’asse della resistenza più forte nella regione e nel mondo. La Repubblica islamica utilizzerà tutti i mezzi politici e legali a sua disposizione contro il regime terroristico americano per il suo crimine».
L’omicidio di Soleimani sembra una rappresaglia di Trump che aveva incolpato Teheran per l’attacco di miliziani sciiti irakeni – infuriati per un attacco Usa contro le loro milizie che aveva provocato almeno 30 morti – all’ambasciata americana a Baghdad e aveva minacciato vendetta contro l’Iran, anche se il governo iraniano aveva negato qualsiasi coinvolgimento nell’incidente.
Negli Usa è polemica sia perché in molti sono convinti che l’omicidio di Soleimani sia un tentativo di alzare la tensione internazionale – fino a rischiare una guerra catastrofica – per distogliere l’attenzione dall’impeachment in patria, sia perché il presidente Usa ha preso questa rischiosissima decisione senza informare e/o chiedere l’autorizzazione del Congresso, cosa che è stata denunciata dalla speaker democratica della Camera Nancy Pelosi e in un comunicato del deputato democratico Eliot Engel: «Il raid eseguito in Iraq contro il generale iraniano Qassem Soleimani ha avuto luogo senza alcuna notifica o consultazione con il Congresso. Tuttavia, intraprendere un’azione di questa gravità senza coinvolgere il Congresso solleva seri problemi legali ed è un affronto ai poteri del Congresso nella sua veste di ramo paritetico del governo».
D’altronde Trump ha avvertito anche il suo fedelissimo amico Benjamin Netanyahu solo pochi minuti prima del raid, costringendo il premier israeliano a fare precipitosamente ritorno in patria da Atene, dove era in visita per firmare un patto sullo sfruttamento dei giacimenti offshore di gas con Grecia e Cipro.
Il presidente francese Emmanuel Macron ha evidenziato che bisogna «evitare una nuova pericolosa escalation» e ha lanciato un appello alla moderazione.
La portavoce del ministero degli esteri russo, Maria Zakharova, ha detto in un’intervista alla televisione Rossiya-24 che «L’uccisione di Soleimani porta dietro di sé gravi conseguenze. Dopo l’operazione statunitense per l’eliminazione fisica del comandante delle forze speciali dei pasdaran iraniani Qasem Soleimani, il mondo deve affrontare una nuova realtà: Naturalmente oggi ci troviamo di fronte all’apparizione di una nuova realtà, vale a dire l’eliminazione di un rappresentante del governo di uno Stato sovrano, un funzionario, senza alcuna base giuridica. E’ un avvenimento estremamente importante che porta l’intero contesto su un piano completamente diverso».
Questa volta il capo della Lega ex nord, Matteo Salvini, non si schiera col suo amico Vladimir Putin e sceglie Trump: «Donne e uomini liberi, alla faccia dei silenzi dei pavidi dell’Italia e dell’Unione Europea, devono ringraziare Trump e la democrazia americana per aver eliminato uno degli uomini più pericolosi e spietati al mondo, un terrorista islamico, un nemico dell’Occidente, di Israele, dei diritti e delle libertà». Parole che le agenzie di stampa iraniane hanno subito definito «vergognose» e che il ministero degli esteri italiano cerca di disinnescare con una breve nota intitolata “Sviluppi della situazione in Iraq”, nella quale sottolinea che «Gli ultimi sviluppi della situazione in Iraq sono molto preoccupanti. Negli ultimi giorni abbiamo assistito ad una pericolosa escalation culminata nell’uccisione del Generale iraniano Soleimani. L’Italia lancia un forte appello perché si agisca con moderazione e responsabilità, mantenendo aperti canali di dialogo, evitando atti che possono avere gravi conseguenze sull’intera regione. Nessuno sforzo deve essere risparmiato per assicurare la de-escalation e la stabilità. Nuovi focolai di tensione non sono nell’interesse di nessuno e rischiano di essere terreno fertile per il terrorismo e l’estremismo violento».
Su Pars Today, dopo aver tracciato un ritratto agiografico del figlio del popolo Soleimani, Davood Abbasi scrive: «Che Trump se ne sia accorto o meno, la sua decisione ha dato già inizio alla guerra aperta contro l’Iran. Finora Iran e Stati Uniti si erano combattuti in guerre per procura in Medio Oriente ma molte volte avevano anche collaborato, come nel caso della lotta ai talebani o all’Isis. Per non parlare della pace che avevano raggiunto nel periodo Obama, e che proprio Trump ha rovinato strappando l’accordo nucleare. L’assassinio di Soleimani, però, è quello che il vice-presidente iraniano ha definito “oltrepassare la linea rossa”. Dopo la sua morte ha preso parola direttamente la guida suprema proclamando 3 giorni di lutto nazionale e promettendo la vendetta. A questo punto il problema non è più “se l’Iran risponderà o meno”, ma “come, dove e con quali dimensioni reagirà”».
Abbasi cita come esempio un precedente preoccupante: «Nel 2017 l’Isis colpì Teheran e qualche giorno dopo, proprio i Pasdaran colpirono un loro covo in Siria. L’Isis uccise a Teheran 17 persone, i Pasdaran uccisero 170 capi dell’Isis. La regione del Medio Oriente è piena di basi militari americane piene di soldati. Tutte sono sotto il tiro dei missili iraniani, che sono ad alta precisione. L’Iran può fare una vera e propria strage di soldati americani. Colpire una base? Colpirne due? I morti possono essere 100, 200, un migliaio? Sono tutte cose risapute e sicuramente Donald Trump era stato informato della capacità di risposta dell’Iran. Ma allora, perché Trump ha deciso di uccidere lo stesso il generale Soleimani? L’Iran risponderà e Trump lo sapeva. Quindi il presidente americano vuole avviare la guerra? Trump come conta di sconfiggere militarmente un Paese potente come l’Iran? Sconfiggere l’Iran o occuparlo o qualsiasi cosa di simile, è esattamente impossibile. Trump però ha deciso di scatenare la guerra».
Secondo l’editoriale di Pars Today, che è la voce internazionale del regime iraniano, «Sono totalmente ridicole, poi, le giustificazioni che certa stampa occidentale tenta di dare per l’azione americana. La morte di un contractor americano il 27 dicembre, ucciso da ignoti, filo-iraniani secondo gli Usa, o i danni arrecati al muro dell’ambasciata americana, non sono una ragione plausibile per l’eliminazione di Soleimani. Ed è pure falso e pretestuoso dire che stava progettando azioni contro gli americani. Cosa che non aveva mai fatto, del resto. L’unica spiegazione plausibile, è che Trump abbia intenzionalmente avviato una guerra con l’Iran per essere rieletto, anche perché nella storia degli Usa, un presidente in guerra non è mai stato privato del sostegno dell’elettorato. La riflessione finale però è questa: per fare il presidente 4 anni di più, vale la pena mettere a repentaglio la vita di migliaia di americani e iraniani (potrebbe essere il numero dei morti, solo nei primi scambi di fuoco e di missili tra i due)? Per 4 anni di potere in più, soldi in più, qualche donna del malaffare in più, Donald Trump scatena una guerra. Perché il nostro mondo e la pace in un’intera area come il Medio Oriente deve essere prigioniera di un simile personaggio? L’Iran piangerà il martirio del suo figlio, e molto presto scatenerà l’inferno, molto più di quanto lui possa pensare. A quel punto toccherà a Trump decidere se andare in guerra o ritirarsi. Tutto però lascia credere che lui voglia proprio la guerra».
Inotre, gli iraniani fanno notare che l’assassinio di Soleimani del comanfdante delle milizie sciite irakene e di 5 parlamentari di Baghdad a sollevato proteste indignate anche in Iraq e «Che la guerra tra Iran e Stati Uniti ci sia o meno, Trump ha perso per sempre la sua influenza in Iraq ed è strasicuro che le forze americane verranno attaccate dalle forze popolari irachene. Se l’obbiettivo era annullare l’influenza iraniana in Iraq, ora Iran e Iraq sono partecipi nel lutto che li accomuna per i loro martiri e chiaramente ciò renderà più forte l’alleanza tra Teheran e Baghdad».
Abbasi conclude la sua preoccupante disanima facendo un ancor più preoccupante paragone con la prima guerra mondiale: «Il problema di una eventuale guerra, sarebbe che con un attacco americano all’Iran, molti Paesi sarebbero costretti a intervenire. Scatterebbero le alleanze in Medio Oriente. Cina e Russia, appena reduci da esercitazioni militari con l’Iran, non entrerebbero in guerra, ma sicuramente farebbero avere buone armi a Teheran. Gli alleati regionali dell’Iran, ossia Iraq, Siria, Hezbollah libanese e persino Hamas potrebbero entrare in azione. Potrebbe cambiare anche lo scenario in Yemen e sicuramente anche Arabia Saudita e Israele interverrebbero. Paesi piccoli come Giordania, Qatar, Emirati, Bahrain ed ecc… entrerebbero nel conflitto senza volerlo; forse pure la Turchia si affaccerebbe per giocare la sua partita. Ai margini di tutto, non osiamo pensare come andrebbero a finire i rifornimenti di petrolio e quale quota potrebbe raggiungere il barile. Uno scenario apocalittico che non è a favore di nessuno e che penalizzerebbe molto anche l’Europa».