Iran: la strage di Kerman è benzina sul fuoco del conflitto mediorientale

Almeno 103 morti e 2011 feriti in un attentato alla commemorazione dell’eroe dei Pasdaran

[4 Gennaio 2024]

E’ salito a 103 il numero dei morti e a 211 quello dei feriti in un doppio attentato  – sembra con più di due esplosioni – nel Cimitero dei Shohada a Kerman, nel centro dell’Iran, avvenuto mentre una folla di fedeli, pellegrini e sostenitori del regime teocratico stavano partecipando alle commemorazioni del quarto anniversario della morte del generale Qasem Soleimani, il capo storico delle Forze Quds, del Corpo Pasdaran e comandante di quella che in Iran viene definita «La storica battaglia contro il Daesh», lo Stato Islamico, in Iraq e Siria.

Il bilancio degli attentati è iniziato ad aumentare tragicamente subito dopo che il governatore della città, Mohammad Fadakar, aveva detto ai giornalisti che «Oltre 141 dei nostri connazionali sono rimasti feriti, alcuni dei quali in condizioni critiche». Il vice governatore di Kerman ha aggiunto che «Questo incidente è un attacco terroristico». Inizialmente i  media iraniani avevano riferito di due esplosioni al “Gulzar Shohada” di Kerman, vicino al luogo di sepoltura di Qassem Soleimani, ma alcuni rapporti indicano che il numero delle esplosioni sarebbe stato superiore e Zabihullah Azami Sardoi, membro del Consiglio islamico della città di Jiroft, ha annunciato che a Kerman sono avvenute «4  esplosioni. Le bombe sono state piazzate e fatte esplodere in diversi luoghi, anche sotto il ponte del sottopasso che porta a Golzar Shahada e sul percorso dei cortei», proprio dove stava passando la folla che voleva partecipare alla cerimonia di anniversario del martirio di Soleimani, che era nato proprio a Kerman e che era a capo dei servizi segreti iraniani, eliminato da un’operazione speciale del Pentagono autorizzata dall’allora presidente Usa Donald Trump. Nel 2021, l’ex capo dell’intelligence militare israeliana, Tamir Hayman, ha ammesso che anche israele ha partecipato all’assassinio di Soleimani in Iraq.

Il presidente iraniano Ebrahim Raisi ha annullato la sua visita prevista per oggi in Turchia e ha definito gli attentati «Un atto codardo e atroce» e promesso che «L’intelligence del Pese identificherà e punirà presto gli autori».

Il  ministro dell’interno iraniano, Ahmad Vahidi ha dichiarato  che «Questo atto terroristico avrà una risposta autoritaria e repressiva da parte dell’apparato militare e di sicurezza nel più breve tempo possibile».

E, anche se gli autori della strage potrebbero essere le milizie sunnite che in queste ultime settimane hanno compiuto attacchi e attentati nell’Iran Orientale ai confini con Pakistan ed Afghanistan, l’ccasione scelta e la storia di Soleimani fanno pensare a un sanguinoso e durissimo avvertimento per il ruolo svolto dall’Iran nel conflitto palestinese, sia nell’appoggio ad Hezbollah in Libano che agli Houthi yemeniti che stanno attaccando i cargo occidentali che passano dal Mar Rosso.

E stato duramente smentito anche, l’Ayatollah Khamenei, la Guida Suprema della Rivoluzione Islamica, che il 2 gennaio, davanti ad un gruppo di “Maddah” gli esperti della storia e della letteratura islamica, riuniti all’Husseiniyah Imam Khomeini a Tehran in occasione dell’anniversario della nascita dell’Hazrat Fatima, aveva detto che  «Sin dalla vittoria della Rivoluzione islamica, contro dell’Iran e’ scattata una guerra mediatica, che può essere definita una soft war, una guerra che utilizza strumenti culturali, letteratura, mass media, cinema (…) Oggi la guerra morbida e’ più efficace di quella dura, un’invasione mediatica funziona di più’ di un intervento militare. Questo è il motivo per cui l’America investe di più in settori come i media, l’arte, la letteratura e il cinema nonostante tutte le armi avanzate».

Una convinzione che Khamenei ha dovuto cambiare nel giro di poche ore  con la strage al cimitero di Kerman, dopo la quale ha dichiarato: «Fate sapere ai criminali che i soldati del cammino di Soleimani non tollereranno la loro ignominia e i loro crimini. I criminali dal cuore duro non possono tollerare l’amore e l’entusiasmo della gente nel visitare il santuario del loro grande comandante, il Tenente Generale Qassem Soleimani, Le mani macchiate del sangue di innocenti e le menti corrotte e malvagie, che vogliono portarci fuori dalla retta via, saranno d’ora in poi il bersaglio preciso della repressione e della giusta punizione e sanno che a questo disastro seguirà una dura risposta».

Chiunque abbia compiuto la strage ha utilizzato metodi terroristici, consapevole di buttare benzina sul fuoco di un Medioriente già in fiamme e di toccare un nervo scoperto del regime iraniano che ora ha un’ulteriore motivo per un nuovo giro di vite che colpurà ancora di più gli oppositori democratici. Chi ha organizzato gli attentati è consapevole che questo porterà altra guerra, altri lutti ed altre stragi. Chi accusa l’Iran di essere il finanziatore di gruppi terroristici non può usare gli stessi metodi e macchiarsi le man del sangue di persone comuni.

Ne è ben consapevole il segretario generale dell’Onu António Guterres che ha subito condannato fermamente l’attentato e ha chiesto   chiede che i responsabili siano ritenuti responsabili. Guterres ha anche espresso le sue «Profonde condoglianze alle famiglie in lutto, al popolo e al governo della Repubblica Islamica dell’Iran. Augura Ai feriti una pronta guarigione».