Israele e Palestina cristallizzati nella violenza

Il governo Palestinese straccia ancora le risoluzioni Onu e nei Territori Palestinesi Occupati l’opposizione armata diventa sempre più radicale

[23 Marzo 2023]

Quest’anno Ramadan, Pasqua Cristiana e Pasqua ebraica coincidono, ma le colombe della pace non sembrano voler volare nel cielo d palestinese/israeliano dove invece arrivano i proiettili e le grida di dolore di chi piange morti e feriti. Presentando il 25esimo rapporto del Segretario generale sull’attuazione della risoluzione 2334 (2016) del Consiglio di sicurezza, che copre il periodo dall’8 dicembre 2022 al 13 marzo 2023, il coordinatore speciale delle Nazioni Unite per il processo di pace in Medio Oriente Tor Wennesland  ha messo in fila una serie impressionante di morti, feriti, prigionieri, scontri, sassaiole, abbattimenti di case palestinesi, esprori di terreni… che rendono impossibile applicare gli accordi raggiunti nei diversi recenti incontri diplomatici – i primi del loro genere in quasi un decennio – tra una sempre più screditata Autorità Nazionale Palestinese (ANP) e il governo di estrema destra israeliano che, con dichiarazioni e comportamenti incendiary e xenofobi  dei suoi ministri, li incenerisce poche ore dopo averli sottoscritti.   Wennesland  ha messo in guardia contro l’escalation della violenza e la retorica incendiaria da entrambe le parti. Questo dovrebbe essere un periodo di riflessione e celebrazione religiosa sicura e pacifica per tutti».

Il Coordinatore speciale dell’Onu ha ricordato che, il 26 febbraio, «Alti funzionari di Giordania, Egitto, Israele, Palestina e Stati Uniti si sono incontrati ad Aqaba, in Giordania, per riaffermare il loro impegno nei confronti di tutti gli accordi precedenti e per lavorare per una pace giusta e duratura. Tra le altre cose, le parti si sono impegnate a prendere provvedimenti per ridurre la situazione sul campo, sospendere le misure unilaterali e prevenire ulteriori violenze , anche mantenendo lo status quo nei luoghi sacri».  Dopo quel primo incontro, al quale è seguita una scia di scontri, violenze, repressioni, arresti e invasione di città palestinesi da parte dell’esercito israeliano alla ricerca di combattenti palestinesi e di loro fiancheggiatori, c’è stato un altro incontro simile il 19 marzo, a Sharm El-Sheikh, in Egitto, ma l’ANP per questo “tradimento” con l’invasore israeliano che mostra una faccia sempre più feroce, stata duramente cointestata non solo dai nuovi gruppi armati palestinesi e da Hamas ma anche dalla stessa Fatah, il partito del presidente palestinese.

Eppure, per Wennesland, «Se implementati, i passi delineati ad Aqaba sarebbero un inizio importante per invertire le tendenze negative sul campo». Ma poi, suo briefing al Consiglio di Sicurezza Onu, ha dovuto ammettere che «Attualmente prevale una traiettoria molto diversa e molto più negativa. La violenza quotidiana è aumentata negli ultimi mesi, con morti e feriti da entrambe le parti, e sono continuate le demolizioni e i sequestri di strutture di proprietà palestinese nelle aree occupate. Dopo l’uccisione, il 26 febbraio, di due israeliani da parte di un palestinese, centinaia di coloni israeliani sono scesi nella città di Huwwara, in Cisgiordania, uccidendo un palestinese e ferendone più di 300, e gruppi armati palestinesi hanno risposto lanciando 7  razzi da Gaza verso Israele».

Preoccupazioni che fanno eco a quelle espresse recentemente da Volker Türk, l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani (OHCHR), che ha denunciato che «Il 2022 ha visto il numero più alto di palestinesi uccisi dalle forze di sicurezza israeliane negli ultimi 17 anni e il numero più alto di israeliani uccisi dal 2016».

Wennesland ha anche delineato una serie di «Nuove azioni legali da parte di Israele che vanno contro importanti risoluzioni del Consiglio di Sicurezza e più in generale il diritto internazionale» e tra queste ha citato «La decisione del governo di abrogare parte della legge sul disimpegno del 2005, che in precedenza ordinava ai coloni israeliani di evacuare parti della Cisgiordania occupata, cosa comunque mai avvenuta.  Recentemente, Israele ha anche annunciato l’autorizzazione di 9 avamposti di insediamento in un’area della Palestina occupata e piani già in via di approvazione  per oltre 7.200 nuove unità abitative dei coloni israeliani.

Ma il ministro israeliano degli insediamenti del governo di occupazione, Orit Strok, del partito “Sionismo religioso” guidato da Bezalel Smotrich, ieri ha buttato altra benzina sul fuoco affermando che  «La Striscia di Gaza fa parte della Terra di Israele, e un giorno vi ritorneremo». Una provocazione pronunciata durante una visita all’insediamento “Homesh”, a nord di Nablus, nel nord della Cisgiordania occupata,  sgombrato 18 anni fa, nell’ambito dell’attuazione del piano di “disimpegno” dalla Striscia di Gaza e l’evacuazione di 4 insediamenti nel nord della Cisgiordania. La maggioranza di destra della Knesset il 21 marzo ha approvato il permesso ai coloni di farvi ritorno.

Proprio mentre Wennesland  all’Onu invitava Israele a rispettare gli impegni presi Struck annunciava: «Abbiamo iniziato a correggere il peccato del disimpegno e del ritiro in generale. Lo Stato di Israele sta tornando sulla strada dell’avanzata anziché su quella della ritirata. Il primo passo è legalizzare la scuola religiosa ebraica, nell’avamposto Homesh adiacente all’insediamento. Saranno stabiliti più insediamenti ebraici nell’intera area della Samaria settentrionale” (il nome ebraico della Cisgiordania settentrionale) e non ci saranno limiti all’espansione degli insediamenti».

Un’altra importante fonte di preoccupazione è l’escalation della retorica bellica da entrambe le parti in conflitto. ha sottolineato che «Alcuni funzionari del partito palestinese Fatah hanno glorificato gli autori di attacchi contro gli israeliani , mentre diversi membri della Knesset israeliana hanno elogiato gli attacchi dei coloni contro i palestinesi e uno ha chiesto che la città di Huwwara sia “spazzata via” dalle forze israeliane». Ricordando la recente dichiarazione presidenziale del Consiglio di Sicurezza che riafferma il suo impegno per una soluzione a due Stati e la sua opposizione al terrorismo e alle azioni unilaterali, il Coordinatore Speciale ha fatto appello alla moderazione da entrambe le parti e, esprimendo «In particolare profonda preoccupazione per la continua espansione degli insediamenti israeliani, in particolare, ha avvertito che «Tali azioni rafforzano ulteriormente l’occupazione, alimentano le tensioni ed erodono sistematicamente la fattibilità di uno Stato palestinese come parte di una soluzione a due Stati. I leader di entrambe le parti devono aiutare a calmare la situazione, evitare di diffondere retorica incendiaria e parlare contro coloro che cercano di incitare alla violenza».

Ma il 21 marzo un nuovo gruppo armato emergente in Cisgiordania, la “Fossa dei Leoni” ha annunciato l’espansione della sua lotta contro l’occupazione israeliana in sostegno dei prigionieri palestinesi detenuti dall’occupazione: «L’ora della lotta si avvicina e i tamburi di guerra risuonano in ogni angolo della nostra terra benedetta. O popolo di orgoglio e dignità, i nostri prigionieri liberi, accogliamo tutte le battaglie che ripristinano la nostra dignità ed il nostro orgoglio e giuriamo che la terra bolle come i nostri cuori. Siamo completamente pronti ad affrontare battaglie più grandi contro questo nemico brutale. Il nostro messaggio ai prigionieri eroici è: vi abbiamo ascoltato ed il gruppo Fossa dei Leoni è con voi e non vi lascerà mai soli, con l’aiuto di Dio. Siete uno di noi e noi siamo uno di voi e solo la morte ci separerà dal sostenervi. Che Dio vi conceda perseveranza, supporto e pazienza. Andate avanti e non arrendetevi. La battaglia adesso è una lotta per ogni palestinese, e con l’aiuto di Dio la faremo diventare una battaglia ardente che decida tra il bene ed il male. [Ecco] Il nostro messaggio all’occupazione: continueremo ad essere come siamo stati, ci presenteremo a sorpresa. Abbiamo aspettato battaglie più grandi e ora sono arrivate. Ti affronteremo con cose che la tua fragile leadership non può immaginare, anche se state contando di mettere fine alla resistenza con un incontro qua o là. Abbiamo preso la nostra decisione di espandere la nostra lotta in sostegno dei nostri prigionieri in questi tempi difficili e ci vedrai dire la verità con le nostre azioni sul campo”, ha aggiunto il gruppo. Il nostro messaggio a coloro che cercano di colpirci alle spalle: se pensate che la resistenza sia nelle mani di una persona o di un gruppo di persone, state delirando completamente. La resistenza è l’esercito di Dio in tutti i Paesi, quindi chi siete voi per stare davanti a Dio e ai suoi soldati? Continuiamo la nostra lotta e non deporremo le armi, anche se il prezzo sarà la nostra vita. L’occupazione non godrà della sicurezza che implora e cerca con l’aiuto degli Stati Uniti e dei Paesi vicini. Fate attenzione, perché domani dovrete affrontare Dio, e fate attenzione, la storia non avrà pietà di voi e nessuno vi sosterrà. Possa Dio disonorare chiunque si sia opposto alla resistenza e chiunque abbia stretto la mano all’assassino dei martiri».

Wennesland  ha concluso: «Rimango impegnato a sostenere palestinesi e israeliani per risolvere il conflitto e porre fine all’occupazione in linea con il diritto internazionale, le pertinenti risoluzioni delle Nazioni Unite e gli accordi bilaterali nel perseguimento della visione di due Stati: Israele e un Paese indipendente, democratico, contiguo, vitale – la Palestina sovrana – che vivono fianco a fianco in pace e sicurezza all’interno di confini sicuri e riconosciuti, sulla base dei confini precedenti al 1967, con Gerusalemme come capitale di entrambi gli Stati. Non vi è alcun sostituto per un processo politico legittimo che risolva le questioni fondamentali che guidano il conflitto. Gli sforzi per gestire il conflitto non sostituiscono un reale progresso verso la sua risoluzione. Esorto israeliani, palestinesi, gli Stati regionali e la più ampia comunità internazionale a prendere provvedimenti per riprendere negoziati significativi e, in ultima analisi, la pace. E’ fondamentale ridurre la tensione e andare verso il ristabilimento di un orizzonte politico».