L’8 marzo sciopero generale transfemminista, il 9 marzo manifestazione per la pace

Legambiente: coniugare ambientalismo scientifico e diritti di genere. Fermare le guerre. Giustizia climatica ed energetica

[7 Marzo 2024]

Anche Legambiente, con i suoi volontari e le sue volontarie e i circoli territoriali, scenderà in piazza nel grande fine settimana di mobilitazione dedicato ai diritti delle donne e alla pace.

Primo appuntamento domani, venerdì 8 marzo, in occasione della Giornata Internazionale dei diritti delle donne, con lo sciopero generale transfemminista indetto dal movimento “Non Una Di Meno” nelle principali piazze italiane contro la violenza patriarcale. Legambiente, insieme a numerose realtà della società civile come CGIL, Cobas, Usb, Cub e Cisal, farà sentire la sua voce per i diritti delle donne, più uguaglianza di genere, autodeterminazione e parità salariale. A Roma il corteo si troverà alle ore 10.00 presso il Piazzale Ugo La Malfa (Circo Massimo).

Altra adesione importante di Legambiente, in qualità di componente della Coalizione AssisiPaceGiusta (organizzatore dell’evento), è sabato 9 marzo in piazza della Repubblica a Roma (dalle ore 12.45) alla manifestazione nazionale per la pace e il cessate il fuoco.  Gli organizzatori dicono: «Dopo la Giornata nazionale del 24 febbraio, convocata dalle coalizioni di AssisiPaceGiusta e Europe for Peace, che ha visto più di 120 città e decine di migliaia di cittadine e cittadini mobilitarsi per chiedere di fermare tutte le guerre, per difendere i diritti democratici fondamentali come la libertà di manifestare, il diritto di sciopero, il diritto di associazione e di espressione, oggi messi in discussione, invitiamo a partecipare alla manifestazione nazionale per difendere il diritto e la libertà di manifestare; per chiedere il cessate il fuoco, impedire il genocidio, garantire l’assistenza umanitaria alla popolazione di Gaza, la liberazione di ostaggi e prigionieri, la fine dell’occupazione e il riconoscimento dello Stato di Palestina sulla base delle risoluzioni Onu: una conferenza internazionale per la pace e la giustizia in Medio Oriente; una Conferenza internazionale per la pace e la giustizia in Medio Oriente.

Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, sottolinea che «Scendiamo in piazza per una società più giusta che riconosca piena parità di genere e per un futuro migliore, libero dalle guerre e dai conflitti che stanno causando violenza, morte e devastazione, in Palestina e in numerose parti del mondo – commenta –. Come spiegato e sottoscritto nella mozione politica approvata in occasione del XII Congresso di Legambiente a Roma e come rammentiamo in occasione della Giornata Internazionale dei diritti delle donne, è oggi più che mai urgente coniugare e declinare ambientalismo scientifico e diritti di genere. Al contempo facciamo nostro, insieme a tante altre realtà della società civile, l’appello di pace e di cessate il fuoco ricordando, come ambientalisti, la forte correlazione tra guerre e fonti fossili e che la costruzione della pace passa anche attraverso l’impegno contro la crisi climatica e per l’indipendenza energetica di tutti i Paesi europei basata su una produzione distribuita e rinnovabile».

 

Ecco l’appello di NonUnaDiMeno per l’8 marzo 2024

Dopo l’enorme manifestazione del 25 novembre, con più di mezzo milione di persone in piazza, l’8 marzo scioperiamo contro la violenza patriarcale in tutte le sue forme.

Scioperare l’8 marzo significa trasformare la potenza del 25N in blocco della produzione e della riproduzione, attraversando i luoghi dove la violenza patriarcale si esercita ogni giorno: nelle case e sui posti di lavoro, nelle scuole e nelle università, nei supermercati e nei luoghi di consumo, nelle strade e nelle piazze, in ogni ambito della società. Perché se ci fermiamo noi si ferma il mondo!

Vogliamo opporci al Governo che tratta la violenza maschile sulle donne e di genere come problema securitario. L’irrigidimento del Codice Rosso è un’operazione che ripropone un approccio emergenziale e punitivo  senza agire sullo scardinamento dei meccanismi che riproducono la società patriarcale.

Scioperare l’8 marzo significa mostrare come l’ascesa delle destre in Italia e a livello globale abbiano reso ancora più dure le politiche familiste, razziste e nazionaliste che alimentano sfruttamento e violenza.

Lo vediamo nelle misure del Governo che estende i contratti precari, in un paese in cui gli stipendi medi riferiti all’inflazione non aumentano da 20 anni.

Lo vediamo nell’erosione del welfare e nello smantellamento e privatizzazione del Servizio Sanitario Nazionale, nella chiusura dei consultori pubblici e nello sgombero di quelli autogestiti, nella cancellazione del reddito di cittadinanza la cui platea era a maggioranza femminile, nella costante precarizzazione abitativa, nella difficoltà di accesso ai servizi e nel sovraccarico del lavoro di cura gratuito e malpagato che pesa soprattutto su donne, lesbiche, froce, persone bisessuali, trans, queer, intersex, asessuali, su persone povere, anziane, migranti e seconde generazioni, con disabilità, minori, sexworkers e detenute.

Lo vediamo nelle politiche sessiste e razziste per la natalità del Governo, che spingono le donne “bianche e italiane” a fare figli per la patria, quando una madre su 5 è costretta a lasciare il posto di lavoro dopo il primo figlio non riuscendo a conciliare ritmi familiari e lavorativi, mentre le famiglie omogenitoriali vengono discriminate e attaccate.

Lo vediamo nell’aumento del controllo fiscale su lavoratorx domesticə che sopperiscono a un welfare pubblico assente, nel moltiplicarsi di CPR e nel decreto Cutro, che continuano a restringere la libertà di movimento delle persone migranti e a intensificare il ricatto del permesso di soggiorno e di un lavoro sfruttato, sempre più povero e senza tutele.

Lo vediamo nelle linee guida di Valditara sull’educazione, che riproducono un sapere patriarcale e coloniale, e nella scuola del merito che trasforma il diritto allo studio per tuttə in un privilegio per pochə mentre vengono precarizzatə sempre più le condizioni lavorative di maestrə, insegnanti, ricercatorə e docenti.

Se questo scenario punta a dividerci, a differenziare tra Nord e Sud con il progetto di autonomia differenziata, ad approfondire le disuguaglianze, isolare le nostre istanze, per noi scioperare contro il patriarcato significa invece intrecciare le lotte per una trasformazione radicale della società.

Scioperare contro il patriarcato significa scioperare contro la guerra come espressione massima della violenza patriarcale, e rifiutare le politiche di guerra che si fanno sempre più pervasive nelle nostre società. Lo abbiamo visto con lo scoppio della guerra in Ucraina, che ha intensificato un’ideologia nazionalista e militarista dell’ordine e della disciplina che rafforza le gerarchie di genere, e che reprime e mette a tacere le nostre lotte.

Scioperare contro il patriarcato significa reclamare l’immediato cessate il fuoco su Gaza per fermare il genocidio, la fine dell’apartheid e dell’occupazione coloniale in Palestina.

Rifiutiamo il pinkwashing sostenuto da Israele, che promuove la partecipazione di donne e persone queer all’esercito come orizzonte ultimo dell’emancipazione, perché sappiamo che l’unico modo per promuovere una lotta transfemminista di liberazione collettiva è opporsi al progetto coloniale e genocida dell’oppressore sionista.

La nostra solidarietà si rafforza attraverso i legami transnazionali che ci permettono di creare un fronte che travalica i confini: ci schieriamo al fianco dell3 palestinesi che resistono e lottano per la propria esistenza e per la propria autodeterminazione, con chi diserta lo stato di Israele, con chi in tutto il mondo, dall’Africa, all’Occidente, al Medio Oriente all’America Latina, fa della liberazione della Palestina la propria lotta.

Insieme siamo più forti, non è solo uno slogan. Vogliamo interrompere il lavoro nelle nostre case, nelle fabbriche, negli ospedali, nei magazzini, nell’università e nelle scuole, negli uffici e nelle mense, senza distinzioni di categoria. Vogliamo estendere lo sciopero oltre i confini del lavoro salariato, costruendo pratiche collettive di astensione dal lavoro per le tante forme di lavoro precario, autonomo, nero, informale, non riconosciuto. Vogliamo boicottare le infrastrutture civili che promuovono il genocidio in Palestina e l’invio di armi.

Quanto valgono le nostre vite? Quanto valgono le vite di tutte quelle soggettività che non rientrano nel progetto “Dio, Patria e Famiglia” di questo Governo? Quanto vale il nostro tempo e il lavoro che in quel tempo siamo in grado di svolgere? Poco. Quasi niente per coloro che ci sfruttano e ci opprimono. Tantissimo per noi che vogliamo tornare a urlare: se le nostre vite non valgono, noi scioperiamo!

Scioperiamo dalla produzione e dalla riproduzione di questo sistema, scioperiamo dai consumi e dai generi!

Cortei, sit-in, azioni, flashmob diffusi in tutte le città d’Italia: l’8 Marzo scioperiamo contro la violenza patriarcale!