La Catalogna e la Spagna dopo il referendum e l’azzardo perdente di Rajoy
Gli indipendentisti: «Il Trattato Ue vieta di utilizzare la forza militare contro la popolazione»
[2 Ottobre 2017]
La si può pensare diversamente sul referendum sull’indipendenza della Catalogna (e anche i lettori e la redazione di greenreport.it la pensano in modi diversi) ma un cosa è chiara: il vero perdente di questa prova di forza sono il primo ministro spagnolo Mariano Rajoy, il suo Partido Popular (PP) e l’anacronistica monarchia spagnola, terrorizzata dalla possibile perdita del gioiello più prezioso della sua traballante corona post-franchista.
La si può pensare come si vuole, ma i vincitori sono i catalani – di ogni fede, colore e provenienza – che ieri hanno sfidato i manganelli e le pallottole di gomma della Guardia Civil per andare a mettere nelle urne che si volevano sequestrare una protesta e un sogno pluricentenario: quello dell’indipendenza della Catalogna che però non vuole abbandonare l’unione europea.
Metodi, politica e obiettivi sideralmente diversi dal nostro leghismo xenofobo, già indipendentista padano e anti-italiano-meridionale, trasformatosi con Salvini in “prima gli italiani” e in alleanze con partiti che si chiamano Forza Italia e Fratelli d’Italia. Niente a che vedere con i referendum autonomisti-leghisti di Lombardia e Veneto, criticabilissimi e criticabiti, ma contro i quali nessuno pensa di mandare la Celere, o con la pagliacciata dell’incostuzionalissimo “Parlamento Padano”, quando il Salvini oggi lepenista faceva il leader del finti Comunisti padani. Una buffonata secessionista alla quale presero parte anche personaggi che sono stati ministri della Repubblica italiana (che avevano giurato fedeltà alla Costituzione), che nessuno fortunatamente tentò di impedire con la forza e che è finita nell’oblio delle tante invenzioni leghiste acchiappacitrulli usa e getta.
Infatti, le idee e le prospettive politiche progressiste ed europeiste dell’indipendentismo e del referendum catalani somigliano molto di più all’indipendentismo scozzese, ma in Scozia ci sono già stati due referendum sull’indipendenza senza che i governi britannici mandassero corpi militari a bastonare i votanti e a sequestrare le urne. Si dirà che il Regno Unito ha ancora le ferite aperte dell’indipendentismo irlandese nell’Ulster… Ma la Spagna è uscita appena ieri dalla tragica guerra con l’Eta basca e la Gran Bretagna non ha dovuto subire decenni di fascismo nazionalista, durante il quale gli oppositori venivano esiliati, imprigionati, torturati, garrotati e tra questi i più odiati dai franchisti erano proprio i nazionalisti di sinistra catalani.
Oggi El País, un giornale che non ha mai mostrato nessuna simpatia per il referendum catalano e gli indipendentisti, titola: “Di fronte all’insurrezione, la legge, ma non solo la legge” e sottolinea che «Ieri il governo della nazione, da una parte e la Generalitat dall’altra si sono precipitati a rivendicare la vittoria dopo il giorno vergognoso che i cittadini della Catalogna sono stati costretti a vivere a causa della prepotenza xenofoba in alleanza con le forze antisistema – che Carles Puigdemont rappresenta e l’assoluta incapacità di gestire il problema da parte di Mariano Rajoy fin dal principio di questa crisi. Non ha vinto nessuna di quelle che, purtroppo, si possono già chiamare le due parti in conflitto, ieri è stata una sconfitta per il nostro Paese, degli interessi e dei diritti di tutti gli spagnoli, che siano catalani o di qualsiasi altro luogo in Spagna, per il destino della nostra democrazia e per la stabilità e il futuro del sistema di coesistenza che ci siamo dati per quasi quarant’anni».
L’editoriale di El País conclude: «Fin dall’inizio di questa crisi ci sono stati più attori. Ci sarà tempo di discutere sull’alleanza falsa tra gli interessi del capitalismo protezionistico della borghesia catalana e gli obiettivi dell’anticapitalismo nichilista e spesso violento rappresentato dalla CUP (Candidatura d’Unitat Popular, un piccolo partico di estrema sinistra catalano, che ha l’8,4% dei voti e 10 seggi alla Geniralitat catalana, ndr). Verrà anche il tempo per lamentare l’ambiguità e la scarsa presenza del PSOE (Partito di riferimento di El País, ndr) in questo processo, le cui origini sono inserite in alcune decisioni impacciate del presidente José Luis Rodríguez Zapatero (premier socialista spagnolo dal 2004 al 2011, ndr).. Oggi è necessario sapere come il governo scelto legittimamente dagli spagnoli continuerà a affrontare questa sfida enorme. Questi hanno il diritto di spiegare Rajoy senza dover ripetere quello che già sappiamo, che è necessario garantire la regola del diritto, perché è ovvio come sempre. Non conta niente che il governo si rammarichi di essere stato costretto a fare quello che non voleva. Quello che il suo presidente deve chiarire, se ne è capace, è quel che vuole veramente e che è disposto a fare per fare in modo che questo Paese e le sue 17 autonomie abbiano un progetto futuro, nella democrazia e nella convivenza pacifica».
Il pugno duro di Rajoy si sta già rivelando un azzardo fatale: a urne avventurosamente chiuse il presidente della Generalitat de Catalunya Puigdemont (di Convergència i Unió, un partito nazionalista centrista) ha detto che «Con la repressione brutale e le vessazioni e l’abusiva e grave violenza poliziesca, lo Stato spagnolo ha scritto oggi una pagina vergognosa nella storia delle relazioni con la Catalogna». Puigdemont ha chiesto all’Europa di riconoscere che i catalani «si sono conquistati il diritto a essere ascoltati, rispettati e riconosciuti. L’Unione europea non può continuare guardare da un’altra parte. Le istituzioni comunitarie si muovano rapidamente di fronte agli abusi del governo del PP che scandalizzano gli uomini e le donne perbene». Ma la Commissione europea sembra troppo occupata a difendere l’avventuristico operato di Rajoy – suo azionista di maggioranza – e sembra voler ripetere l’abbaglio scozzese dell’Ue, quando guardava orripilata alla possibile secessione di una nuova nazione progressista ed europeista e preferiva non vedere il trave della Brexit che le stava precipitando sulla testa, lanciato dai populisti xenofobi dell’Ukip, assistiti attivamente dalla destra del Partito conservatore che governava l’Ue insieme a democristinii e socialdemocratici.
Il presidente di Esquerra Republicana del País Valencià, Josep Barberà, dopo aver denunciato: «Abbiamo visto la polizia e Guardia Civil caricare senza scrupoli anziani e minori. Stiamo dando l’immagine di una dittatura non di uno stato di diritto», ricorda che «Il Trattato dell’Unione europea vieta agli Stati membri di utilizzare la forza militare contro la popolazione, motivo per l’espulsione dall’Ue. La Guardia Civil è un corpo militare e viene utilizzato contro la popolazione, l’Unione europea deve prendere posizione su questo».
Puigdemont sa che la reazione inconsulta di Rajoi e della Monarchia e le violenze dalla Guardia Civil, che hanno fatto il giro del mondo, hanno scavato un solco profondo e attacca: «Noi cittadini della Catalogna abbiamo conquistato il diritto di avere uno Stato indipendente che si costituirà in forma di Repubblica. Il governo che presiedo trasmetterà nei prossimi giorni al Parlamento i risultati della consultazione perché attui quello che precvede la legge del referendum». Si tratta dell’articolo 4.4 sospeso dalla Corte Costituzionale spagnola che prevede che nei giorni successivi alla proclamazione dei risultati del i Parlamento catalano si riunisca «attuare la dichiarazione formale di indipendenza della Catalogna e i suoi effetti e per avviare l’inizio del processo costituente». Il Congrés dels Diputats catalano è convocato per il 4 ottobre.
Il portavoce di Esquerra Republicana al Congrés dels Diputats, Joan Tardà, dopo aver a sua volta denunciato «La repressione che lo Stato spagnolo ha attuato contro la popolazione catalana che si è mobilitata per votare nel referèndum d’autodeterminació de Catalunya», non ha dubbi su chi abbia vinto nel braccio di ferro tra Spagna e Catalogna: «Lo Stato sa che la democrazia è imbattibile. Non potremo mai perdonare quel che hanno fatto patire a uomini e donne liberi. La repressione poliziesca è inconcepibile in una società democratica e avanzata. Siamo molto orgogliosi della capacità di risposta, di organizzazione e di confronto del popolo della Catalogna. Ci riferiamo alla dignità dei cittadini della Catalogna per la pacifica difesa delle urne. La repressione poliziesca richiederà che ci si assumano responsabilità politiche. Le oltre 700 persone che sono state portate all’ospedale denunciano questa democrazia low cost e le maniere autoritarie del PPE»