La guerra nuovamente in Europa. La Russia, l’Ucraina e una vecchia visione del mondo spacciata per nuova

Due nazionalismi a confronto in un mondo sempre più rischioso

[24 Febbraio 2022]

Truppe russe sono entrate non solo nel Donbass, ma hanno attaccato Odessa, città simbolo della storie e della resistenza dell’impero russo agli invasori, e si sono registrate esplosioni nella capitale Ucraina Kiev,  soldati russi sembra abbiano varcato la frontiera ucraina nord con la Bielorussia, dove ancora batte il cuore avvelenato di Chernobyl è la devastante eredità del nucleare sovietico.

Si tratta di una drammatica escalation che riporta la guerra guerreggiata nuovamente in Europa dopo il tragico smembramento della Jugoslavia negli anni ’90, quando la NATO fece da levatrice di Stati e Staterelli etnici come le due Repubbliche russe di Donetsk e Lungask, per poi trovarsi fra le mani lo stato meticcio e plurireligioso della Bosnia Herzegovina e le sue mattanze etniche  e lo Stato mafia del Kosovo dove vennero sperimentate strategie di disinformazione di massa che abbiamo visto in questi giorni all’opera anche in Ucraina, a Mosca, a Kiev, a Washington e Bruxelles. Propaganda che avvelena i pozzi e prepara l’irreparabile.

Il discorso di Putin che solo pochi giorni fa – ma sembra già passato un secolo – ha riconosciuto le due Repubbliche ribelli e ha dato di fatto il via a quello che vediamo oggi, ha avuto il merito di chiarire alcune cose: Putin non è Lenin, anzi, odia Lenin e il suo internazionalismo comunista che considera come una malattia originaria.  L’ex agente del KGB Putin non è comunista ma un nazionalista di destra, un iper-sovranista. Il presidente della Federazione Russa non vuole ripristinare l’Unione Sovietica ma l’Impero russo.

Nonostante qualcuno ci veda un ritorno alla guerra fredda tra due blocchi ideologicamente contrapposti, lo scontro in Ucraina non è fra destra e sinistra ma tra due destre nazionaliste che si avvalgono anche di mercenari nazi-fascisti. La propaganda di entrambe le parti oscura il quadro che è – ancora una volta – quello di una guerra fossile, energetica ed egemonica, mentre il mondo avrebbe bisogno di risolvere problemi globali giganteschi come il riscaldamento globale, la sesta estinzione di massa e l’ineguaglianza crescente tra ricchi e poveri.

La guerra era, è e sarà merda, è la più grande arma di distrazione di massa che i potenti utilizzano per tenere sotto controllo i poveri mandandoli al macello dalle loro comode poltrone di comando, da dove guardano il mondo da tavoli lunghissimi e bunker inaccessibili.

Mentre i media italiani e occidentali intervistano per capirci qualcosa Francis Fukuyama, uno che dopo la caduta dell’Urss aveva dichiarato la fine della storia e la vittoria finale dell’ipercapitalismo globalizzato e la pacificazione politica della democrazia liberale di mercato, ieri, in un lunghissimo articolo pubblicato su RT Sergey Karaganov,  presidente onorario del Consiglio russo per la politica estera e di difesa e supervisore accademico presso la School of International Economics and Foreign Affairs Higher School of Economics (HSE) di Mosca, faceva il quadro di cosa stava per succedere di lì a poche ore e di quanto fosse ideologicamente e strategicamente annunciato: «Sembra che la Russia sia entrata in una nuova era della sua politica estera – una “distruzione costruttiva”, chiamiamola così, del precedente modello di relazioni con l’Occidente. Parti di questo nuovo modo di pensare sono state viste negli ultimi 15 anni – a cominciare dal famoso discorso di Monaco di Vladimir Putin nel 2007 – ma molto sta diventando chiaro solo ora. Allo stesso tempo, gli sforzi poco brillanti per integrarsi nel sistema occidentale, pur mantenendo un atteggiamento ostinatamente difensivo, sono rimasti la tendenza generale nella politica e nella retorica russa. La distruzione costruttiva non è aggressiva. La Russia sostiene che non attaccherà nessuno o lo farà saltare in aria. Semplicemente non è necessario. Il mondo esterno offre alla Russia sempre più opportunità geopolitiche per lo sviluppo a medio termine così com’è. Con una grande eccezione. L’espansione della NATO e l’inclusione formale o informale dell’Ucraina rappresentano un rischio per la sicurezza del paese che Mosca semplicemente non accetterà».

Per Karaganov, «La Russia ha bisogno di una nuova economia politica, libera dai dogmi marxisti e liberali, ma qualcosa di più dell’attuale pragmatismo su cui si basa la nostra politica estera. Deve includere un idealismo orientato al futuro, una nuova ideologia russa che incorpori la nostra storia e le nostre tradizioni filosofiche. Questo fa eco alle idee avanzate dall’accademico Pavel Tsygankov». E Tsygankov è un nazionalista che vede però per la Santa Madre Russia un nuovo destino legato al passato: «L’idea nazionale dovrebbe essere associata a un orientamento allo sviluppo e non alla conservazione delle fondamenta (…) Ogni nazione ha bisogno non solo di sopravvivenza e sicurezza, ma anche di sviluppo. Questi obiettivi sono correlati e possono essere raggiunti sulla base di un’idea nazionale correttamente formulata e adeguata alle condizioni locali e internazionali. La Russia non può e non deve sforzarsi di diventare l’America o la Cina prendendo in prestito le loro idee e ideali. Senza la consapevolezza delle proprie condizioni e dei propri valori, è anche irrealistico sforzarsi di mantenere posizioni di grande potere paragonabili a quelle degli Stati Uniti e della Cina. Queste stesse posizioni non sarebbero state raggiunte senza la mobilitazione di successo dell’idea nazionale americana e cinese. Questi ultimi vengono affinati e sviluppati, continuando a servire come base per le grandi strategie di questi Paesi».

Un sentimento che sfrutta il nazionalismo russo e mischia nostalgie per gli imperi con la voglia di competere con le due grandi potenze mondiali, considerando evidentemente l’Europa per quel che la guerra ucraina sta nuova mente dimostrando che è: un gigante economico e un nano politico.

Ma è la conclusione dell’ultimo saggio di Karaganov a dare l’idea di come l’èlite e l’Intelligencija  vedano la loro missione (e nascondano dietro a questo velo una politica torbida basata sul controllo delle risorse): «La Russia media e ferma con successo le guerre nel Caucaso e in Medio Oriente. Ha dato il via all’idea sostanzialmente positiva di una maggiore Eurasia. Promuove lo sviluppo della mitigazione delle contraddizioni politiche in formati multilaterali in Asia e in altre regioni. Entro certi limiti, la Russia potrebbe contribuire al dialogo tra Stati Uniti e Cina per prevenire una grande guerra e costruire un mondo più giusto e sostenibile. Naturalmente, dobbiamo rafforzarci internamente. E’ noto che i deboli vengono picchiati piuttosto che dialogare con loro o accettare i loro sforzi di mediazione. Il realismo come teoria del rafforzamento delle capacità di potere dello Stato deve quindi rimanere una parte del pensiero russo sul mondo, compreso il pensiero sul dialogo. L’idea russa è sempre stata incentrata sul cambiare il mondo in meglio – il più delle volte con la forza del suo esempio, e non solo positivo, ma anche – secondo il noto pensiero di Peter Chaadaev – negativo. In una forma o nell’altra, i russi hanno più di una volta “insegnato al mondo una lezione importante”. Non c’è motivo di credere che oggi sarà diverso».

E’ questa probabilmente la pericolosa e sanguinosa “lezione” che Putin vuole dare al mondo: quella di uno Stato fortezza, arroccato nella sua immensità e nella sua impenetrabilità, protetto da armi nucleari che potrebbero distruggere più volte l’intero pianeta, che non ci sta a fare la figura del debole e che picchia forte quando pensa di dover salvaguardare i suoi interessi.

Ma in questo non c’è niente di nuovo: è quello che hanno teorizzato e praticato gli Usa nel loro giardino di casa sudamericano e caraibico e in Paesi lontanissimi, è quel che sta facendo la Cina in Tibet e nello Xinjiang e con le sue navi e aerei che ronzano intorno a Taiwan o ai piccoli arcipelaghi contesi del Mar Cinese Meridionale. E’ quello che hanno fatto e fanno Gran Bretagna e Francia nelle loro ex colonie africane, è quel che ha fatto la NATO in Libia… Perfino la Turchia condanna l’invasione di uno Stato sovrano, l’Ucraina. mentre continua a occupare un pezzo di Siria e a attaccare i Kurdi siriani del Rojava e  bombarda il Kurdistan irakeno a caccia dei Kurdi del PKK.

La guerra fa scomparire colpe e vergogne, monda peccati, come un battesimo di sangue e propaganda. Rende verginità agli assassini, ai satrapi, ai dittatori e ai democratici.

E’ la malattia del mondo: la guerra, ammantata di buone e cattive ragioni che si dimostrano sempre pessime per chi la guerra la subisce: i popoli. Guerre salvifiche, definitive, vendicative, riparatrici di torti storici che alla fine creano nuovi torti, nuovi squilibri, nuovi rancori: levatrici di dolore, pianto, miseria e morte.