La missione di pace Onu lascia il Mali, cacciata dalla giunta militare golpista

In 10 anni la MINUSMA ha perso in Mali 310 uomini e donne. Le agenzie Onu resteranno in uno dei Paesi più poveri del mondo

[2 Gennaio 2024]

Il 31 dicembre, in accordo con la risoluzione del Consiglio di sicurezza 2690, la Mission Multidimensionnelle Intégrée des Nations Unies pour la Stabilisation au Mali (MINUSMA) ha cessato le sue attività ed ha avviato il ritiro dal Mali. iI ritiro della missione di pace dell’Onu è stato richiesto del governo militare golpista del Mali e nel giugno 2023 il Consiglio di sicurezza ha deciso all’unanimità di ritirare l’operazione di mantenimento della pace. Negli ultimi 6 mesi, la MINUSMA aveva già rimpatriato il suo personale e le sue attrezzature e sera ritirata dalle sue basi in circostanze molto difficili.

Il portavoce di António Guterres ha detto che «Il Segretario Generale riconosce il ruolo chiave svolto dalla MINUSMA nella protezione dei civili; il sostegno della Missione al processo di pace, in particolare garantendo il rispetto del cessate il fuoco come parte dell’accordo di pace e riconciliazione del 2015, nonché la transizione; i suoi sforzi per ripristinare l’autorità statale; e fornire dividendi di pace al popolo».

Guterres ha in particolare reso omaggio ai 310 uomini e donne della MINUSMA che hanno perso la vita e agli oltre 700 feriti che hanno prestato servizio in difesa della pace durante i 10 anni di dispiegamento della Missione in Mali, un Paese devastato dalla violenza delle milizie Jihadiste e dell’esercito e dai combattimenti con le milizie ribelli tuaregh che arrivarono addirittura a dichiarare l’indipendenza di buona parte del Paese, poi diventata un califfato islamico sotto controllo jihadista.

Il 1° gennaio 2024 ha segnato  l’inizio del periodo di liquidazione della missione, durante il quale uno staff ridotto del Dipartimento di supporto operativo dell’Onu, insieme alle retroguardie dei Paesi che hanno contribuito alla MINUSNA con truppe e polizia, rimarrà sul posto a Gao e Bamako per supervisionare il trasporto ordinato dei beni appartenenti ai Paesi contributori e la corretta liquidazione delle attrezzature appartenenti alle Nazioni Unite.

Guterres  ha detto di contare sulla piena collaborazione del governo di transizione dei militari per garantire che questo processo venga completato il prima possibile e ha riaffermato «L’impegno delle Nazioni Unite a lavorare con il popolo maliano e il governo di transizione verso il ripristino dell’ordine costituzionale, nonché la promozione della pace, della sicurezza e dello sviluppo sostenibile, ha sottolineato il suo portavoce. Ha ricordato che l’intero sistema delle Nazioni Unite, comprese le 21 agenzie dell’Onu, i fondi e i programmi del team nazionale in Mali, in collaborazione con l’United Nations Office for West Africa and the Sahel (UNOWAS) e il Coordinatore speciale per lo sviluppo nel Sahel, continuerà a sostenere la realizzazione dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile in Mali».

Anche il capo delle operazioni di pace dell’Onu, Jean-Pierre Lacroix, ha ringraziato, in un messaggio sulla piattaforma X, «Le migliaia di peacekeeper che hanno prestato servizio negli ultimi 10 anni così come i nostri partner, gli Stati membri e i Paesi che contribuiscono con truppe e polizia» e ha anche lui reso «Omaggio ai 310 caschi blu che hanno perso la vita al servizio della pace in Mali».

In un’intervista con UN News , il rappresentante speciale del segretario generale dell’Onu per il Mali e capo della MINUSMA, El-Ghassim Wane, ha detto: «Ritengo che il lavoro decennale della MINUSMA abbia avuto un impatto sulla vita di molti civili in Mali. Credo che la missione sia stata compiuta o abbia ottenuto risultati significativi. Non c’è dubbio su questo. Quando si tratta di protezione dei civili, ovviamente non possiamo fornire protezione fisica a tutti i maliani che ne hanno bisogno, ma nelle aree in cui è stata dispiegata la Missione, l’impatto è stato evidente, tangibile, visibile da parte delle popolazioni locali. Abbiamo fornito un sostegno politico duraturo a tutti i processi in corso per costruire il processo di pace. Abbiamo fornito sostegno politico alle parti interessate. Abbiamo fornito sostegno alla partecipazione delle donne. Abbiamo lavorato a stretto contatto con l’Algeria, che era il leader, e con gli altri membri della mediazione internazionale».

Ma, puer evidenziando i successi, El-Ghassim Wane ha dovuto riconoscere che «Alcune delle disposizioni cruciali dell’accordo di pace non sono state attuate. Ma ancora una volta la responsabilità è delle parti. Il nostro ruolo è stato quello di sostenerle e accompagnarle, e la nostra efficacia dipende fortemente dalla portata del loro impegno. Si è posto l’accento sul miglioramento della partecipazione delle donne. Le donne sono state assolutamente straordinarie nella loro volontà di voltare pagina nel conflitto. Anche gli uomini, ma le donne hanno sicuramente dato un contributo considerevole agli sforzi».

Tutto questo non è bastato ai militari golpisti del Mali che, dopo un paio di golpe e auto-golpe hanno considerato ininfluente e troppo limitante la presenza di una missione Onu che pure aveva contribuito a liberare il Mali dai jihadisti e dagli indipendentisti che avevano inferto all’esercito maliano cocenti sconfitte.

La MINUSMA è stata vista dai militari come una specie di braccio internazionale della ex potenza coloniale francese, cacciata anch’essa con i suoi soldati dal Mali, e di controllore non gradito di un governo golpista condannato dall’Onu.

Ma anche El-Ghassim Wane ha sottolineato che «Le Nazioni Unite continueranno a sostenere il Mali anche dopo il ritiro della MINUSMA, con la presenza di fondi e programmi da parte delle agenzie Onu, che erano in Mali molto prima del dispiegamento della MINUSMA, e rimarranno in Mali ben dopo il ritiro della MINUSMA. Questo significa che il sostegno dell’Onu e la sua solidarietà con il popolo maliano continueranno».

Una presenza indispensabile sia per aiutare una delle popolazioni più povere e più provate dai cambiamenti climatici del mondo, sia per impedire che il collasso economico e civile del Mali apra le porte definitivamente alle milizie jihadiste che contendono all’esercito le risorse di idrocarburi del Paese e il dominio in un’area nel cuore geostrategico del turbolento Sahel e delle rotte migratorie. .

El-Ghassim Wane  ha concluso: «Le nostre parole non possono sostituire i colleghi che se ne sono andati. Ma apprezziamo ciò che hanno fatto, ma sappiamo anche che sono morti per una causa più alta; la causa della pace nel mondo».