Mosca, Ankara e Damasco: i terroristi del PKK sono milizie per procura degli Usa e di Israele
La Turchia si ritira dalla Siria?
Accordo tra Turchia, Russia e Siria sulla pelle dei kurdi e dei democratici siriani del Rojava
[2 Gennaio 2023]
Solo il 27 dicembre il governo siriano accusava: «Le forze di occupazione turche hanno attaccato con artiglieria pesante i dintorni dell’area di Abu Rasin e il bombardamento si è concentrato sul villaggio di Um Harmala, provocando danni ad alcune abitazioni e uno stato di terrore tra i civili a causa delle gravità delle esplosioni. Dal 10 di dicembre, la città di Abu Rasin, nei territori settentrionali di Hasakah, ha assistito allo sfollamento della maggior parte delle famiglie che hanno lasciato le loro case in città e sono partite per zone più sicure, per paura di ripetuti e violenti colpi di artiglieria da parte delle forze di occupazione dell’esercito turco e delle organizzazioni terroristiche a loro affiliate».
Ma il clima era cambiato già il giorno dopo, Infatti, il 28 dicembre, il ministro della difesa ha affermato in un comunicato che «Oggi si è svolto un incontro tra il ministro della Difesa siriano [Ali Mahmoud Abbas] e il maggiore generale, direttore del dipartimento di intelligence generale siriano, con le loro controparti, il ministro della difesa turco [Hulusi Akar] e il capo del ministero turco dell’Intelligence Service, nella capitale russa, Mosca, con la partecipazione della parte russa. Le due parti hanno discusso molti dossier e l’incontro è stato positivo». v Difesa siriano Ali Mahmoud Abbas e il suo omologo turco Hulusi Akar
Poi si è tenuta una sessione tripartita di colloqui tra i ministri della difesa di Siria, Russia e Turchia, e i tre ministri hanno sottolineato «La necessità e l’importanza di proseguire il dialogo congiunto al fine di stabilizzare la situazione in Siria e nella regione. In seguito il ministero della difesa russo ha confermato in una dichiarazione che «Il 28 dicembre si sono svolti a Mosca colloqui tripartiti tra i ministri della Difesa della Federazione Russa, Siria e Turchia, durante i quali si è discusso della situazione in Siria, della questione dei rifugiati e degli sforzi congiunti per combattere i gruppi estremisti in Siria. Dopo l’incontro, i ministri hanno fatto riferimento alla natura costruttiva del dialogo e hanno sottolineato la necessità della sua continuazione al fine di aumentare la stabilità della situazione in Siria e nella regione nel suo insieme».
Sembra (ed è) l’ennesimo accordo sulla pelle dei kurdi e infatti ieri il quotidiano ufficiale siriano Al-Watan ha scritto che «L’incontro trilaterale tenutosi a Mosca tra Russia, Turchia e Siria ha concluso che la Turchia ha accettato di completare il ritiro dalla Siria nordoccidentale e di rispettare la sovranità della Siria». E spiega quali sono gli esiti della riunione tripartita di Mosca: «Il ritiro dell’esercito turco, il rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale della Siria, la riapertura dell’autostrada M4 (collega le province di Latakia e Aleppo, nder) e colpire il PKK, milizie per procura che rappresentano una minaccia per Siria e Turchia».
Al Watan scrive – con l’evidente imbeccata del regime che sostiene, che, secondo fonti di Danmasco, «L’atmosfera dell’incontro tripartito che si è tenuto a Mosca e sotto gli auspici russi era il risultato di diversi incontri avvenuti in precedenza tra i servizi di intelligence in Turchia e Siria, e che questo incontro non sarebbe sono avvenuti senza diversi punti concordati tra le due parti e in un modo che soddisfa gli interessi di Damasco e le sue condizioni, la più importante delle quali è il ritiro delle forze turche da tutte le terre siriane. La fonte, che ha preferito restare anonima, afferma che il riavvicinamento siriano-turco gli è stato largamente spianato dai media turchi, soprattutto quelli vicini a Erdogan: nel corso dei mesi sono state pubblicate notizie, articoli e analisi che confermano che l’interesse della Turchia è diventato il risultato di cambiamenti politici e le trasformazioni globali, in riavvicinamento e riconciliazione con Damasco, ed è necessario porre fine alle differenze e raggiungere soluzioni che servano gli interessi della regione. La fonte ha confermato che gli esiti dell’incontro tripartito che si è tenuto a Mosca e che ha riunito il ministro della Difesa turco Hulusi Akar e il generale Ali Mahmoud Abbas, alla presenza del ministro della Difesa russo Sergey Shoigu, hanno concluso che la Turchia ha accettato un completo ritiro dal conflitto siriano e dai territori che occupa nel nord, oltre all’affermazione di Ankara del rispetto per la sovranità e l’integrità delle terre siriane, hanno anche discusso dell’attuazione dell’accordo concluso nel 2020 per l’apertura della strada M4. La fonte dice: Le parti riunite hanno sottolineato che la milizia del PKK è una milizia per procura di America e Israele e rappresenta il pericolo maggiore per la Siria e la Turchia. La fonte ha concluso che tutto ciò che è stato concordato durante questo incontro sarà seguito attraverso comitati specializzati che sono stati formati per garantire una buona attuazione e follow-up, e che le riunioni successive si terranno tra le due parti per un ulteriore coordinamento».
Quando la Turchia parla di PKK (Partîya Karkerén Kurdîstan) include anche le milizie delle Yekîneyên Parastina Gel (Ypg – Unità di Protezione Popolare) e delle Yekîneyên Parastina Jin (Ypj , Unità di protezione delle donne) del Partiya Yekîtiya Demokrat (PDK) che amministra, insieme ad altre forze arabo-siriane e di altre etnie, il Rojava (Siria nord-orientale), bombardato e invaso dai turchi e dai loro mercenari jihadisti. Le Ypg/Ypj costituiscono anche l’ossatura delle Syrian Democratic Forces (SDF), l’esercito multietnico che ha sconfitto lo Stato Islamico/Isis e che finora non aveva mai attaccato l’esercito siriano e il regine di Damasco con il quale aveva avuto una sofferta convivenza basata sul comune interesse di sconfiggere le forze jihadiste filo-turche e il miliziani neri del Daesh. Anche i russi e il regime siriano sono intervenuti con aerei da combattimento e truppe – anche se rararamente – in aiuto ai kurdi siriani alle prese con il Daesh e il PDK non vuole l’indipendenza del Rojava dalla Siria ma una confederazione che mantenga l’integrità territoriale della Siria ma che riconosca l’esperimento progressista e democratico, multietnico, femminista ed ecologico in corso nelle aree liberate. Ma è evidentemente proprio questo che fa paura ai tre regimi autoritari che sembrano d’accordo su parecchie cose(compreso sul fatto che gli Usa stanno rubando il petrolio siriano) e soprattutto su una: soffocare l’autonomismo democratico ed ecosocialista del Rojava.
Per questo, Turchia, Russia e Siria hanno concordato al tavolo negoziale di Mosca di «Dare seguito a quanto concordato attraverso comitati specializzati che sono stati costituiti per promuovere l’attuazione» ed è stato annunciato che «La Turchia e la Siria continueranno a tenere incontri di questo tipo per ottenere un maggiore coordinamento su altri aspetti».
Ma questo patto scellerato sulla testa dei kurdi e dei democratici siriani fa sorgere un bel problema per la Nato (e per l’Italia): come può essere tollerato dall’Alleanza atlantica che un Paese Nato come la Turchia non solo faccia accordi con due Paesi che la Nato considera nemici – la Russia e la Siria – e definisca i “comunisti” del PKK sprezzantemente milizie per procura degli Usa che della Nato sono il Paese guida? E l’Italia – diventata progressivamente uno dei Paesi più filo-israeliani – che ne pensa delle accuse di contiguità del PKK (che è ancora nelle liste delle organizzazioni terroristiche su pressione della Turchia) con Israele e gli Usa? E che ne pensa il nostri governo di un patto sulla pelle dei democratici kurdi e siriani stretto tra tre regimi autoritari, due dei quali hanno in atto guerre di invasione (la Turchia in Iraq/Siria e la Russia in Ucraina), mentre per far cadere l’altro, la Siria di Bashir al-Assad, da più di 11 anni la Nato e l’Occidente (Italia compresa) hanno prima attizzato e poi alimentato una guerra civile, diventata internazionale con il coinvolgimento di Russia, Iran, Libano, Usa e Turchia (e i finanziamenti e le armi di Arabia saudita, Qatar e delle altre monarchie assolute del Golfo Filo-occidentali ai jihadisti), che ha fatto centinaia di migliaia di vittime e milioni di profughi che ora respingiamo alle nostre frontiere dopo averli creati?
Sembra proprio che siamo di fronte all’ennesimo fallimento mediorientale dell’Occidente e che ancora una volta le vittime sacrificali siano i kurdi: prima esaltati come eroi ed eroine della lotta contro lo Stato Islamico/Daesh e ora vergognosamente abbandonati agli accordi di pace belligerante tra Putin, Erdogan e Assad.