Grave situazione umanitaria e dei diritti umani di migranti, rifugiati e richiedenti asilo al confine tra Tunisia e Libia

Libia: i feroci scontri a Tripoli evidenziano una situazione precaria

Il disastro libico si riverbera su tutta la regione del Sahara Sahel Mediterraneo

[23 Agosto 2023]

Intervenendo di fronte al Consiglio di sicurezza, Abdoulaye Bathily, rappresentante speciale del segretario generale dell’Onu per la Libia e a capo dell’United Nations Support Mission in Libya (UNSIMIL) ha detto che «I recenti scontri mortali tra i due più grandi gruppi armati nella capitale libica, Tripoli, evidenziano la terribile situazione della sicurezza nel Paese e stanno minando i preparativi per le elezioni previste per la fine di quest’anno».

Bathily ha spiegato che «La fragile stabilità che prevaleva a Tripoli dall’agosto 2022 è stata infranta dai feroci scontri armati del 14 e 15 agosto tra il Deterrence Apparatus for Combating Organized Crime and Terrorism (DACOT – Radaa, l’al-Radaa Special Deterrence Force) e la 444 Brigata, i due più grandi gruppi armati della capitale. Gli scontri sono stati innescati dall’arresto da parte della DACOT del comandante della Brigata 444 all’aeroporto di Mitiga, presumibilmente legato a rivalità personali. Negli scontri sarebbero morte almeno 55 persone e oltre un centinaio sarebbero rimaste ferite, tra cui un numero imprecisato di civili. Fortunatamente, altri gruppi armati a Tripoli e nei suoi dintorni hanno scelto di rimanere neutrali, impedendo così il diffondersi dei combattimenti. Gli scontri si sono conclusi quando una tregua è stata mediata congiuntamente dagli anziani locali, dal primo ministro Dbaibah, dal Consiglio presidenziale, dal capo di stato maggiore dell’esercito libico, generaleMohammed Haddad e leader di gruppi armati neutrali. Ho coinvolto il Primo Ministro e altri attori rilevanti per esortarli a intraprendere le azioni necessarie per fermare i combattimenti».

Ma il capo dell’UNSIMIL denuncia che «Questi sviluppi sottolineano l’assenza di comando e controllo sul frammentato apparato di sicurezza nella Libia occidentale e lo stato precario della situazione della sicurezza. Minano gli sforzi in corso per coltivare un ambiente di sicurezza favorevole alle elezioni ed evidenziano l’urgenza dell’istituzione di autorità legittime e di istituzioni militari e di sicurezza unificate nel Paese. I gruppi armati e gli attori della sicurezza che commettono violenze contro i civili devono essere ritenuti responsabili».

Sarebbe questo il governo al quale Giorgia Meloni si è affidata nei suoi viaggi africani per fermare migranti e profughi… E i risultati si vedono nei record degli arrivi e nel tentativo di tenere mediaticamente nascosto il disastro di chi i profughi e i migranti aveva giurato di fermarli in mare o sul bagnasciuga.

E, come se non bastasse, Bathily ha ricordato al Consiglio di sicurezza dell’Onu che «Inoltre, il cambio di governo incostituzionale nella Repubblica del Niger ha suscitato preoccupazioni per possibili ricadute in Libia, proprio come è accaduto in Sudan. Come misura preventiva, il 26 luglio l’Esercito nazionale libico ha chiuso il confine con il Niger e ha schierato rinforzi nelle zone di confine. Come in precedenza per la crisi in Sudan, la situazione nella Repubblica del Niger è motivo di preoccupazione per l’intera regione».

L’Italia cerca comunque di ritagliarsi uno spazio nel caos saheliano-sahariano e il 25 luglio ha co-presieduto con l’UNSMIL una riunione plenaria a Bengasi del Gruppo di Lavoro sulla Sicurezza del Processo di Berlino, dove gli stakeholders, libici, la 5+5 Joint Military Commission  (5+5 JMC) e i partner internazionali hanno discusso delle dinamiche politiche e di sicurezza in evoluzione che ostacolano i progressi tangibili per la piena attuazione dell’accordo di cessate il fuoco, la riunificazione delle istituzioni militari e il ritiro delle forze straniere, dei combattenti stranieri e dei mercenari.

E, a proposito di migranti, Bathily ha detto: «Rimango preoccupato per le violazioni dei diritti umani, inclusi rapimenti, arresti arbitrari e sparizioni in Oriente e in Occidente. Rinforzo il mio appello per la cessazione immediata di queste pratiche, per il rilascio delle persone detenute arbitrariamente e per indagini indipendenti. Prendo atto del recente accesso parziale dell’UNSMIL a un centro di detenzione a Tripoli e chiedo un accesso più coerente ai luoghi di detenzione in tutto il Paese.

Bathily ha espresso grande preoccupazione anche per la grave situazione umanitaria e dei diritti umani di migranti, rifugiati e richiedenti asilo al confine tra Tunisia e Libia: «Nonostante abbia preso atto del recente accordo delle autorità tunisine e libiche per ricollocare diverse centinaia di persone, le persone continuano a essere spinte oltre confine in remote aree desertiche, affrontando condizioni terribili senza accesso a cibo e acqua. Chiedo di porre fine alle espulsioni ed esorto le autorità tunisine e libiche a garantire che le persone vengano inviate in luoghi sicuri e a consentire alle Nazioni Unite e ai partner umanitari l’accesso a tutti i luoghi».

Il rappresentante speciale del segretario generale dell’Onu per la Libia, ha sottolineato che «Ora, il mantenimento della stabilità della Libia è ancora più critico,  alla luce dei recenti scontri a Tripoli, dei disordini regionali in Sudan e Niger e dei combattimenti che hanno avuto luogo nella regione del Tibesti, nel sud, pochi giorni fa, tra l’esercito ciadiano ed elementi armati. Gli eventi attuali in Libia e nella regione dimostrano che gli accordi provvisori sono carichi di rischi di violenza e disintegrazione per i Paesi. E’ fondamentale ripristinare la stabilità della Libia per preservare la sicurezza regionale. Senza un accordo politico inclusivo che apra la strada a elezioni pacifiche, inclusive e trasparenti in tutta la Libia, la situazione peggiorerà e causerà ulteriori sofferenze al popolo libico. Faccio quindi appello alla responsabilità politica e morale di tutti i leader di porre fine agli accordi provvisori a tempo indeterminato, rompere l’attuale impasse e smettere di frustrare la legittima aspirazione dei libici alle elezioni, alla pace e alla prosperità».

In quello che è un rischioso esercizio di equilibrismo diplomatico, Bathily si è rivolto ai rappresentati di Paesi tra i quali ce ne sono molti coinvolti pesantemente nel disastro libico perché «Utilizzino la loro influenza, individualmente e collettivamente, per garantire il pieno impegno dei leader libici nei negoziati necessari per portare avanti i nostri obiettivi condivisi: la stabilità della Libia e dei suoi vicini. Ancora una volta, ripeto il mio appello a tutti i partner regionali e internazionali della Libia affinché parlino con una sola voce e agiscano di conseguenza per rispondere alle aspirazioni del popolo libico alla pace, alla stabilità, alla prosperità e all’unità nazionale».

Ma la Libia resta un campo di battaglia per le risorse e la defenestrazione del dittatore Gheddafi senza preparare un ricambio democratico si è rivelata una bomba geopolitica le cui onde d’urto non cessano di riverberarsi su tutta la regione sahariana, saheliana e mediterranea, tra Jihadismo, colpi di stato, milizie armate, tagliagole e ladroni alleati dell’occidente e violazioni di ogni diritto umano.