Da sola, nei primi 6 mesi del 2017 Medici senza frontiere ha salvato 16mila persone
Migranti, il flop del codice di condotta per le Ong voluto dal governo spiegato da Msf
Save the children: «L’imperativo assoluto rimane quello di salvare le vite umane in mare»
[1 Agosto 2017]
Nei primi 6 mesi del 2017, le Ong hanno effettuato il 35% del totale delle operazioni di soccorso nel Mediterraneo centrale, sobbarcandosi dunque per oltre un terzo tutti i salvataggi dei migranti diretti verso le nostre coste che hanno rischiato di morire durante la traversata. Per continuare a operare nell’area, ieri il ministero dell’Interno ha sottoposto alle Ong un “codice di condotta” che è stato però firmato soltanto da due organizzazioni – Migrant offshore aid station e Save the children -, con una terza (Proactiva open arms) che si è detta pronta a siglare. Il rifiuto più pesante è invece arrivato da Medici senza frontiere.
«Anche se non siamo nelle condizioni di poter firmare questo Codice di Condotta nella sua forma attuale, Medici senza frontiere rispetta già molte delle disposizioni che non rientrano tra le nostre preoccupazioni principali, tra cui la trasparenza finanziaria – spiega Gabriele Eminent, direttore generale dell’Ong – Msf continuerà a condurre le operazioni di ricerca e soccorso sotto il coordinamento della guardia costiera italiana (Mrcc) e in conformità con tutte le leggi internazionali e marittime pertinenti».
Secondo Medici senza frontiere, che da sola nei primi 6 mesi del 2017 da sola ha salvato e portato in sicurezza più di 16.000 persone, alcuni degli impegni presentati nel Codice di Condotta potrebbero ridurre l’efficienza e la capacità dell’attuale risposta di ricerca e soccorso (Sar) con gravi conseguenze umanitari: si impone ad esempio a tutte le imbarcazioni impegnate in un soccorso di sbarcare i sopravvissuti in un posto sicuro invece di trasferirli su altre navi, quando un sistema di andata e ritorno di tutte le navi di soccorso verso i punti di sbarco comporterebbe una riduzione delle navi di soccorso presenti nella zona Sar, e questo – secondo Msf – indebolirebbe la già insufficiente capacità di ricerca e soccorso, con un conseguente aumento di morti in mare; inoltre, la presenza di funzionari di polizia armati a bordo e l’impegno che gli operatori umanitari raccolgano prove utili alle attività di investigazione sarebbero una violazione dei principi umanitari fondamentali di indipendenza, neutralità e imparzialità propri dell’Ong. La responsabilità di condurre operazioni di ricerca e soccorso in mare risiede infatti sugli Stati, spiegano da Medici senza frontiere, e le attività di soccorso da parte di attori non governativi come Msf sono solo una misura temporanea finalizzata a riempire il “vuoto di responsabilità” lasciato dagli Stati.
Chi invece ha deciso di firmare il codice di condotta, come Save the children, ha comunque precisato che monitorerà costantemente che l’applicazione del nuovo codice di condotta non ostacoli l’efficacia delle operazioni di ricerca e salvataggio in mare da parte delle Ong. «La decisione di firmare è arrivata dopo una valutazione all’interno dell’Organizzazione – spiegano da Save the children – a livello nazionale e internazionale, ed è unicamente dettata dalla volontà di garantire continuità alle operazioni di salvataggio, in modo trasparente e ristabilendo il giusto clima di fiducia e collaborazione. Siamo rammaricati – aggiungono dall’Ons – del fatto che non si siano create le condizioni necessarie per l’adesione di tutte le Ong al codice di condotta, ma esprimiamo il pieno rispetto per tutte le posizioni espresse sulla base delle diverse identità e prassi. Confermiamo, infine, l’impegno alla maggiore collaborazione possibile con tutti i soggetti, istituzionali e non, coinvolti nelle operazioni, al fine di garantire la massima protezione alle persone in pericolo e soprattutto alle più vulnerabili, come i bambini. L’imperativo assoluto rimane quello di salvare le vite umane in mare».
Dal Viminale non sembrano essere d’accordo, tant’è che «l’aver rifiutato l’accettazione e la firma del Codice di condotta pone quelle organizzazioni non governative fuori dal sistema organizzato per il salvataggio in mare, con tutte le conseguenze del caso concreto – dichiarano dal ministero dell’Interno – che potranno determinarsi a partire dalla sicurezza delle imbarcazioni stesse».