Migranti, perché gli ambientalisti italiani sono a favore dell’integrazione
Legambiente a Riace per manifestare contro l’arresto di Mimmo Lucano, mentre Greenpeace sostiene i soccorsi nel Mediterraneo
[5 Ottobre 2018]
Domani si terrà a Riace e in contemporanea in diverse città italiane (dalle ore 15) una manifestazione nazionale contro il decreto Immigrazione e sicurezza promosso dal ministero dell’Interno Matteo Salvini e in solidarietà con Domenico (detto Mimmo) Lucano, sindaco di Riace dal 2004 oggi agli arresti domiciliari con accuse – ancora tutte da provare – imputate proprio ai suoi metodi di accoglienza e integrazione dei migranti, considerati in tutto il resto del mondo un modello da promuovere e imitare.
Molti attivisti riuniti sotto la sigla “Riace patrimonio dell’umanità” hanno dato corpo all’operazione di resistenza che prenderà corpo domani, potendo contare anche sull’adesione della più diffusa associazione ambientalista presente sul territorio italiano: Legambiente. «Bisogna difendere con forza e replicare il modello Riace, un esempio di buona accoglienza e integrazione – affermano il presidente del Cigno verde nazionale e di quello calabrese, rispettivamente Stefano Ciafani e Francesco Falcone – Il dramma dell’immigrazione non si può risolvere alzando muri e barricate o chiudendo i porti, ma proprio preparandoci a un’accoglienza capace di coniugare sicurezza, integrazione, solidarietà, sviluppo locale e coesione sociale come fatto nel piccolo comune calabrese».
Quella di Legambiente è la posizione più chiara e decisa offerta dalle associazioni ambientaliste italiane in fatto di integrazione intelligente dei migranti, ma non è certo un caso isolato. Anche Greenpeace, ad esempio, si è appena schierata decisamente in difesa della nave “Mare Ionio” e di tutti coloro, dalle Ong alla Guardia Costiera, che si impegnano a salvare vite umane in mare nel rispetto degli obblighi imposti dal diritto internazionale e dall’umana coscienza. «La nostra è un’associazione nata sul mare – commenta reciso Alessandro Giannì, direttore delle Campagne di Greenpeace Italia – E la prima regola di un uomo di mare è che non si lascia nessuno in mare. Abbandonare un naufrago è un’azione infame: ci perdi il rispetto, il sonno, l’anima. Non si fa, e basta. Più volte abbiamo ribadito che criminalizzare chi salva vite in mare è una barbarie, e a questa barbarie non vogliamo arrenderci».
Ma per quale motivo un ambientalista dovrebbe schierarsi a favore dell’accoglienza e dell’integrazione dei migranti? La risposta più naturale, e che segue la banale considerazione che ci vede condividere la fragile condizione di esseri umani, è che ambiente e migrazioni sono profondamente collegati. Da sempre, e ancor di più oggi in una fase di acuti cambiamenti climatici.
Da Greenpeace sottolineano infatti che gli attuali flussi migratori siano già da inquadrare nel più ampio contesto della “giustizia climatica”. Sebbene sia difficile considerare i cambiamenti climatici come la sola causa di questi flussi migratori, è ormai accertato che gli impatti del cambiamento climatico sono una delle cause che spingono ogni anno milioni di uomini, donne e bambini ad abbandonare le proprie case, terre, comunità. Non a caso l’ultimo rapporto pubblicato dall’Onu sul tema è molto chiaro nell’evidenziare i sempre più forti legami tra cambiamenti climatici, conflitti, fame nel mondo e migrazioni. «L’Europa e l’Italia hanno, come tutti i Paesi sviluppati – notano dunque da Greenpeace – una responsabilità innegabile riguardo al degrado ambientale in generale e ai cambiamenti climatici in particolare e devono coerentemente intervenire per rimuovere le cause di queste migrazioni forzate e, al tempo stesso, soccorrere e accogliere coloro che fuggono da disastri di cui siamo corresponsabili».
Risulta dunque ancor più paradossale che il decreto avanzato dal ministro Salvini per far fronte a un’emergenza migranti che non c’è (si vedano i dati messi in fila da neodemos.info) abbia come risultato quello di esporre il Paese a minore – e non maggiore – sicurezza: allontanando le possibilità di accesso dei migranti ai centri Sprar (Servizio di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), introdotti proprio dalla Lega con la legge Bossi-Fini del 2002, riduce ancora le loro possibilità di integrazione, e dunque di sicurezza per l’intera collettività. Senza dimenticare che lo stesso presidente Mattarella, firmando ieri il decreto, si è trovato costretto a ricordare – come affermato nella relazione di accompagnamento al decreto – che per il Paese restano “fermi gli obblighi costituzionali e internazionali dello Stato”.
Sintomo di un decreto da cambiare. «Riteniamo – aggiungono non a caso Ciafani e Falcone di Legambiente – che vada sostenuto allo stesso modo anche il modello Sprar che ha consentito di realizzare un programma di buona accoglienza, distribuito sul territorio, che ha superato tanti problemi del passato e che, invece, il Governo tenta di cancellare con il Decreto sicurezza. Lo stesso presidente Matterella, nel firmare ieri il decreto, ha ricordato gli obblighi imposti dalla Costituzione, in particolare agli impegni che tra l’altro riguardano i rifugiati e i profughi. La nostra battaglia continuerà affinché durante il suo iter in Parlamento il decreto venga modificato, evitando così errori imperdonabili frutto di una scelta ideologica e pericolosa che rischia di gettare l’Italia nel caos».
L. A.