Una comandante kurda guida l'assalto contro la capitale del Daesh
A Mosul e Raqqa, Kurdi, arabi progressisti e sciiti sferrano l’attacco finale allo Stato Islamico
Delegazione di giovani toscani in Iraq con Arci Toscana e Un ponte per…
[7 Novembre 2016]
Le truppe irakene, appoggiate dalle milizie kurde e da quelle sciite, stanno conquistando casa per casa Mosul, affrontando una feroce resistenza delle milizie nere dello Stato Islamico/Daesh, fatta di trappole esplosive, cecchini, attentati suicidi e trincee riempite di greggio incendiate.
Intanto in Siria è partita “Ira dell’Eufrate” l’offensiva contro la capitale dello Stato Islamico Daesh sferrata da 30.000 uomini e donne delle Syrian democratic forces (Sdf) che comprendono kurdi del Rojava, arabi e turkmeni siriani progressisti, sotto il comando di una donna, Jihan Cheikh Ahmad, una delle leader delle Unità di protezione popolare Ypg/Ypj kurde, nata in un villaggio curdo alle porte di Raqqa. L’operazione per la riconquista di Raqqa è stata lanciata dopo gli Stati Uniti e le Sdf hanno raggiunto un accordo.
Jihan Cheikh Ahmad ha detto che «Raqqa sarà liberata grazie ai suoi figli e alle sue componenti arabe, kurde e turkmene, degli eroi che combattono sotto la bandiera delle Syrian democratic forces con la partecipazione attiva delle Unità di protezione popolare kurde (…) in coordinamento con la coalizione internazionale», diretta dagli Usa». La comandante dell’operazione “Ira dell’Eufrate” ha detto che punta a liberare Raqqa «dalle forze del terrorismo mondiale e oscurantiste rappresentate dallo Stato Islamico che l’ha presa per la sua supposta capitale».
Fonti americane confermano che è cominciato l’accerchiamento della città per preparare l’assalto finale e Le Sdf hanno invitato i civili di Raqqa ad evitare le zone dove sono asserragliati i miliziani del Daesh.
A Raqqa gli Stati Uniti e gli occidentali si ritrovano alleati ai kurdi siriani e alle forze di sinistra siriane che forse avrebbero fatto bene ad aiutare prima, invece di armare e finanziare gli estremisti islamici che si sono dimostrati un’alternativa impraticabile al regime nazional-socialista di Bahir Al-Assad.
A Mosul la situazione appare ancora più complicata, il nerbo dell’assalto alla seconda città irakena sono i peshmerga indipendentisti irakeni, tra i quali tutti sanno che ci sono uomini e donne delle Ypg/Ypj e del Pkk – ritenuti terroristi dalla Turchia – e le milizie delle unità popolari di difesa sciite, armate e finanziate dall’Iran che non riconosce il diritto all’autodeterminazione e all’autonomia dei kurdi iraniani . che sembrano essere tra i combattenti di Mosul –, iraniani che fino a ieri erano la bestia nera degli americani e che sono alleati di russi e Assad in Siria.
La vera esclusa dalle due battaglie che dovrebbero segnare la fine dello Stato Islamico/Daesh sembra essere la Turchia e non è escluso che il giro di vite contro i kurdi turchi e l’arresto dei deputati della sinistra filo-kurda dell’Hdp sia proprio una rabbiosa reazione di Erdogan alla legittimazione sul campo, da parte degli Usa e degli altri occidentali, delle diverse forze kurde come entità politica e militare indispensabile per risolvere le questioni si eriana e irakena e dare un nuovo volto all’intero Medio Oriente.
E’ in questo clima, confuso ma esaltante, che è arrivata nel Kurdistan irakeno una missione di un gruppo di 16 giovani italiani appartenenti ad associazioni giovanili o culturali, accompagnati da Arci Toscana e dalla Ong “Un ponte per…” che parteciperà a una settimana di workshop sulla comunicazione digitale, ma soprattutto sarà un’occasione d’incontro tra giovani italiani e iracheni per elaborare campagne comunicative comuni, scambiandosi esperienze e competenze.
La delegazione è partita il novembre per Sulaymaniyah (dove non si è mai combattuta la guerra contro il Daesh) , resterà nel Kurdistan iracheno fino al 12 novembre, nell’ambito del progetto “Youth Spring Across Ethnicities”, attivo nel Kurdistan iracheno dal 2014, sostenuto dall’Unione Europea e gestito da Arci Toscana e “Un ponte per…”, in partenariato con il Comune di Pisa, l’Unione dei Comuni della Valdera e la Tavola della Pace e della Cooperazione della Valdera.
Gli organizzatori spiegano che «Ad oggi il progetto ha permesso la creazione di 4 Centri di aggregazione giovanile in 4 località del Kurdistan iracheno, aperti a ragazze e ragazzi appartenenti ai diverse comunità e minoranze che compongono il complesso mosaico culturale e religioso iracheno. Sostenere una società civile attiva, in larga parte composta da giovani e giovanissimi, che cercano di costruire dal basso un’alternativaall’odio e al conflitto praticando quotidianamente convivenza e cooperazione, promuovendo diritti e dialogo»
Una missione che va ad aggiungersi alle numerose iniziative organizzate nei Centri giovanili da quando sono stati inaugurati: per una settimana i giovani italiani, kurdi e iracheni si confronteranno sulle tecniche di comunicazione digitale per elaborare campagne di sensibilizzazione comuni, discutendo anche di associazionismo, partecipazione, volontariato, identità, costruzione di ponti che vadano oltre i luoghi comuni».
La delegazione, composta da giovani per la maggior parte toscani e da operatori di “Un ponte per…”, è cmposta da 16 ragazze e ragazzi tra i 20 e i 30 anni, con esperienze importanti di associazionismo e volontariato in associazioni legate ad alcuni Comitati di Arci di Arezzo, Valdarno superiore, Empolese Valdelsa, Livorno, Valdera, Massa Carrara.
All’Arci spiegano che «Oltre a partecipare alle attività di scambio e formazione portando le loro esperienze associative e di volontariato, avranno la possibilità di conoscere da vicino la drammatica realtà degli sfollati interni iracheni, toccando con mano l’emergenza umanitaria che l’area sta vivendo in seguito alla battaglia per la liberazione di Mosul. Un’esperienza che faciliterà una visione sulla contemporaneità diversa e creerà relazioni che andranno oltre qualsiasi confine».