Nelle Filippine è strage di difensori dei diritti umani e ambientalisti. Le ONG accusano Duterte
Katapan: «Il fascismo all'opera per uccidere apertamente coloro che osano fare domande»
[30 Novembre 2017]
Nelle Filippine sono stati uccisi altri due attivisti che indagavano su delle violazioni dei diritti umani dopo l’accaparramento di terre di contadini da parte di un sindaco dell’isola di Negros e le ONG denunciano che il clima di impunità è ormai insostenibile.
In un comunicato, l’associazione Karapatan spiega che i due militanti sono stati uccisi da sconosciuti a Brgy, San Ramon, a Bayawan, Negros Oriental e che si trattava di Elisa Badayos, coordinatrice di Karapatan Negros Oriental, e di Eleuterio Moises, un barangay tanod e membro dell’organizzazione contadina locale Mantapi Ebwan Farmers Association. Nell’agguato è rimasta ferita anche la 23enne Carmen Matarlo, di Kabataan Partylist-Cebu. i tre attivisti facevano parte del team Freedom fire ministries (Ffm) composto da 30 persone che era nella zona per indagare sulle violazioni dei diritti umani causate dall’intensificarsi delle operazioni militari nella zona.
Secondo la segretaria generale di Karapatan, Cristina Palabay, «L’attacco ai difensori dei diritti umani è sempre più dilagante, più brutale e senza paura. Coloro che li perpetrano sanno che resteranno impuniti, dal momento che i diritti umani hanno perso forza e significato soprattutto sotto questo regime. Per le organizzazioni dei diritti umani, le missioni di accertamento dei fatti sono un meccanismo per confermare le segnalazioni di abusi, e questo incidente ha solo dimostrato come il fascismo sia all’opera per uccidere apertamente coloro che osano fare domande. Lo spazio per i difensori dei diritti umani si sta riducendo rapidamente, dal momento che il regime di Duterte sta trovando sempre più modi per paralizzare sul territorio i difensori che esternano la reale situazione vissuta dalle comunità emarginate e vittimizzate dalla militarizzazione».
La Palabay ha citato la Negros Oriental Provincial Ordinance no.5, s.2008, conosciuta come “Ordinanza che regola le attività di sensibilizzazione attraverso le missioni mediche e di ricerca dei fatti nella campagna del Negros Oriental e per altri fini”, con la quale si vieta alle organizzazioni non governative e ad altre associazioni di condurre qualsiasi missione umanitaria nel Negros Oriental senza chiedere il permesso al governatore, al governo municipale e alla polizia municipale. Chi non rispetta l’ordinanza viene sbattuto in galera per 6 mesi e ogni partecipante alla missione deve pagare una multa di 5.000 pesos.
Appena arrivato nell’area della missione a San Ramon a Bayawan, intorno alle 11,00 di ieri, Il team dell’Ffm ed è stato subito circondato, bloccato e molestato da quelli che Katapan chiama «i sicari privati del sindaco», uomini armati che si hanno chiesto di sapere luogo e scopo della missione e alla fine hanno dato il permesso di passare agli attivisti. Verso le 14,30, mentre il resto del team Ffm analizzava la documentazione del caso, un gruppo di attivisti composta da Elisa Badayos, Patrick Torres, direttore esecutivo del of Farmers Development Center-Cebu, Elioterio Moises, Angel Trocio, dello staff del Women’s Resource Center di Visayas, e Carmen Matarlo si preparavano a partire per un incontro a Nangka Barangay Hall, a Bayawan City e per andare successivamente alla stazione di polizia per presentare un verbale per una precedente accusa di molestie. Il gruppo di attivisti è partito su due motociclette separate: Patrick e Angel erano a bordo della prima moto mentre Carmen ed Elisa erano sul secondo motociclo guidato da Elioterio. I sicari li hanno attaccati poco dopo che erano partiti e gli attivisti dicono che probabilmente erano gli stessi uomini che li avevano fermati e minacciati all’arrivo della missione dell’Ffm.
La donna assassinata, Elisa Badayos, era la moglie dell’ex capo laburista e desaparecidos Jimmy Badayos.
La Palabay ha detto: «Condanniamo nei termini più forti questo recente attacco ai lavoratori dei diritti umani. Anche se gli attivisti per i diritti umani che conducono missioni incisive a Batangas, Negros, Mindanao e altrove sono stati sottoposti ad attacchi da parte di forze dello Statoi, non cederemo mai nel continuare a lottare con il popolo filippino per opporsi a questo regime omicida di Duterte».
Il 28 novembre il portavoce di Duterte, Harry Roque, aveva ribadito le accuse e le minacce del Presidente delle Filippine all’inviata speciale dell’Alto commissario Onu per la difesa dei diritti umani, Agnes Callamard. Il 10 novembre, intervenendo al summit dell’Asean in Vietnam, di fronte al presidente Usa Donald Trump e a quello cinese Xi Jiping, Duterte aveva detto che schiaffeggerà la Callamard se continua a indagare sulle uccisioni extragiudiziali frutto della guerra alla droga del governo Filippino. In precedenti dichiarazioni Duterte si era opposto in maniera veemente alla visita ufficiale della Callamard nelle Filippine per un’indagine indipendente sugli omicidi.
Secondo la Palabay, «Le ripetute dichiarazioni pubbliche di Duterte che insultano e minacciano la violenza fisica contro l’inviato speciale delle Nazioni Unite sulle uccisioni extragiudiziali, Agnes Callamard, non sono solo dichiarazioni deplorevoli e poco diplomatiche di un Capo di Stato, ma sono atti pericolosi che minano i meccanismi internazionali dei diritti umani in atto per fornire risarcimenti alle vittime di violazioni dei diritti e alle persone che soffrono per la violenza dello Stato. Difendere queste affermazioni come “retorica non ortodossa” è semplicemente una pessima scusa per promuovere ulteriori violazioni dei diritti e l’impunità»,i
Il 22 novembre, l’Alto commissario dell’Onu per i diritti umani, Zeid Ra’ad Al Hussein, aveva ufficialmente deplorato «I ripetuti insulti e minacce di violenza fisica contro il relatore speciale delle Nazioni Unite sulle esecuzioni extragiudiziali, sommarie o arbitrarie, Agnes Callamard, da parte del presidente delle Filippine e dei suoi sostenitori».
La Palabay difende l’Onu e le sue prerogative e sferra un attacco al presidente filippino: «Le invettive di Duterte contro la Callamard e contro quelli che percepisce come suoi nemici sono solo il frutto del lancinante rancore di un pazzo. Questo è quello che ha messo sul piatto Duterte. Queste sono solo fumisterie nel reale intento del suo regime di coprire la responsabilità del suo governo e delle forze dello Stato in numerosi casi di uccisioni extragiudiziarie nella sua guerra contro la droga. E’ il mandato delle procedure speciali dell’Onu quello di esaminare e sollevare preoccupazioni sulle segnalazioni delle violazioni dei diritti umani negli Stati».
La Palabay ha ricordato che «IL rapporto del 2008 del relatore speciale dell’Onu Philip Alston, adottato dall’ UN Human Rights Council, ha contribuito ad esporre di fronte alla comunità internazionale il modello e la politica delle uccisioni extragiudiziali realizzato attraverso il programma antisommossa del governo Arroyo. Dopo la sua visita ufficiale nel 2015, la dottoressa Chaloka Beyani, esperta indipendente dell’Onu per i diritti degli sfollati interni, ha sottolineato le terribili condizioni delle popolazioni indigene costrette a fuggire a causa delle operazioni militari nelle Filippine. Tutti gli esperti indipendenti dell’Onu sulla situazione didifensori dei diritti umani, tra cui Michel Forst, l’attuale relatore speciale, le cui richieste di visite/inchieste ufficiali non sono state accolte, si sono pronunciati contro gli attacchi contro i difensori filippini dei diritti umani, compresi i diritti sulla terra e gli attivisti ambientali».
Nonostante l’ostinato rifiuto da parte del governo Duterte di consentire alla Callamard di realizzare un’indagine ufficiale nel Paese, Karapatan ha assicurato che continuerà a impegnarsi con la Callamard e altri esperti indipendenti dell’Onu, presentando denunce e lettere di accusa sulle uccisioni extragiudiziali e altre violazioni crudeli dei diritti umani da parte del regime di Duterte.
La Palabay conclude: «Come organizzazione per i diritti umani, abbiamo il mandato e diritto di riferire i casi e di perseguire la responsabilità dello Stato per tutti gli atti commessi dalle forze di sicurezza dello Stato contro il popolo, in tutti i luoghi disponibili compresi i meccanismi internazionali dell’Onu. Non ci tireremo mai indietro per le parole e gli atti di un tiranno. Continueremo a fornire assistenza alle vittime della violenza di Stato e ad essere un tutt’uno con loro nella loro lotta per la giustizia».