Ocha: nella Libia “pacificata” persecuzioni letali contro migranti e richiedenti asilo
«Le violazioni diffuse e sistematiche subite dai migranti potrebbero costituire crimini contro l'umanità»
[13 Ottobre 2021]
Intervenendo a un briefing stampa sulla Libia, Marta Hurtado, portavoce dell’Alto Commissario Onu per i diritti umani, ha detto che «Siamo estremamente preoccupati per la continua sofferenza dei migranti e dei richiedenti asilo in Libia che stanno vivendo una miriade di violazioni e abusi quotidiani per mano di attori sia statali che non statali».
Mentre gran parte della stampa italiana dà un’immagine di una Libia praticamente “pacificata” dal governo di unità nazionale, la Hurtado denuncia che «Di recente, c’è stato un sensibile aumento delle operazioni di sicurezza con mano pesante e dei raid contro migranti e richiedenti asilo. Questi hanno provocato uccisioni e feriti gravi, un aumento delle detenzioni in condizioni spaventose, nonché espulsioni di individui verso Paesi dell’Africa sub-sahariana senza un giusto processo, in violazione del principio di non respingimento e del divieto di espulsione collettiva».
A partire dal primo ottobre, in Libia si sono verificati una serie di gravi incidenti. La Hurtado ha raccontato che «Il personale del Ministero degli Interni ha fatto irruzione in un insediamento informale a Gergaresh – circa 12 chilometri a ovest della capitale, Tripoli – dove vivono centinaia di migranti e richiedenti asilo, comprese le persone registrate con l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), in attesa del completamento delle procedure di reinsediamento. Donne, bambini e uomini sono stati arrestati e ammanettati. Le forze di sicurezza hanno usato una forza non necessaria e sproporzionata per detenerli, sparando e picchiando coloro che hanno resistito o hanno cercato di fuggire. Di conseguenza, almeno una persona è morta, cinque sono rimaste ferite e più di 4.000 sono state arrestate. Tutti gli arrestati sono stati portati nel centro di detenzione gestito dal governo al-Mabani a Tripoli e tenuti in celle estremamente sovraffollate con scarso accesso a cibo o acqua. Il 2 ottobre, centinaia di migranti sono stati trasferiti da al-Mabani al centro di detenzione di Gheriyan, dove sono tenuti in condizioni antigieniche, con scarso accesso a cibo o acqua. Il 6 ottobre, 500 migranti sono riusciti a fuggire dal centro di Gheriyan e sono stati inseguiti dalle guardie che hanno aperto il fuoco con proiettili veri. Secondo le prime informazioni, almeno 4 persone sono state uccise e molte altre sono rimaste ferite. Due giorni dopo, l’8 ottobre, ha avuto luogo un’altra fuga di massa dal centro di al-Mabani. Ancora una volta, i migranti sono stati inseguiti da agenti di sicurezza che hanno sparato loro, ferendoli e uccidendo un numero sconosciuto. Molti altri sono stati catturati da gruppi armati affiliati alle agenzie di sicurezza del governo e portati in centri di detenzione sia ufficiali che non ufficiali».
Questa serie di eventi orribili avvenuti in soli 8 giorni sono solo l’ultimo esempio della situazione precaria, a volte letale, dei migranti e richiedenti asilo in Libia. Una situazione che l’Italia e l’Occidente fanno finta di non vedere mentre trattano, finanziano, consigliano e appoggino il governo che si macchia di questi crimini o non interviene per impedirli.
Secondo la Hurtado, i migranti, profughi e richiedenti asilo «Sono criminalizzati esclusivamente per il loro status di migrante; sono regolarmente detenuti in condizioni aberranti; sono spesso soggetti a estorsioni e abusi, e in alcuni casi uccisi. Notiamo che il recente rapporto della Missione d’inchiesta indipendente sulla Libia ha concluso che le violazioni diffuse e sistematiche subite dai migranti nel Paese potrebbero costituire crimini contro l’umanità. Apprezziamo la promessa del governo di liberare alcuni dei migranti detenuti nel centro di detenzione di al-Mabani, ma ricordiamo che prima di tutto non avrebbero dovuto essere detenuti in primo luogo. Ricordiamo alle autorità che hanno l’obbligo di proteggere tutti sul loro territorio, compresi i migranti e i richiedenti asilo».
La portavoce OCHA chiede alla autorità libiche di «Avviare indagini tempestive, approfondite, imparziali e indipendenti sulle denunce di uso della forza non necessario e sproporzionato, comprese le accuse di uccisioni da parte delle forze di sicurezza e dei gruppi armati affiliati, al fine di perseguire i responsabili. Le vittime hanno diritto alla giustizia e a risarcimenti. Chiediamo inoltre alle autorità libiche di rilasciare tutti i migranti e i richiedenti asilo detenuti arbitrariamente, di cessare le incursioni nei loro insediamenti, di smetterla di sfrattarli e di criminalizzarli. Incoraggiamo le autorità a riformare la legislazione per depenalizzare l’ingresso, il soggiorno e l’uscita irregolari delle persone. Le autorità dovrebbero anche cessare le espulsioni forzate e le deportazioni dei migranti che non rispettano i loro diritti al giusto processo e violano il principio di non respingimento e il divieto di espulsione collettiva. Il governo dovrebbe assistere tutte le famiglie separate e, con urgenza, accogliere migranti e richiedenti asilo in condizioni adeguate e sicure, garantendo l’accesso a cure sanitarie adeguate, cibo, acqua e servizi igienico-sanitari. Anche le agenzie delle Nazioni Unite e le ONG dovrebbero avere accesso ai centri di detenzione».
Questa è la Libia pacificata: non è stata mai un porto sicuro ed è ancora un inferno per l’umanità che cerca di fuggire da tutto questo, anche rischiando la vita sui gommoni nel Mediterraneo in tempesta.