Onu: in Africa la presenza di mercenari aggrava conflitti e instabilità
Un pericolo letale per la pace in Africa e per le risorse naturali del continente
[5 Febbraio 2019]
Mentre il Consiglio di sicurezza dell’Onu discuteva della minaccia posta dai mercenari alla pace in Africa. l’aviazione militare libica del governo dell’est (quello del generale Khalifa Haftar, non riconosciuto dall’Italia e da gran parte della comunità internazionale) annunciava di aver attaccato i miliziani dell’opposizione del Ciad che controllano la città libica sud-occidentale di Mourzouq a circa 900 a sud di Tripoli.
Il governo libico dell’est, appoggiato da diversi Stati arabi e che annovera tra le sue fila diversi mercenari dei Paesi vicini, ha annunciato che «Degli aerei da combattimento dell’aviazione militare hanno preso di mira dei raggruppamenti dell’opposizione ciadiana sul territorio libico nella periferia di Mourzouq. Questo attacco che ha avuto luogo oggi (il 3 febbraio, ndr) ha causato delle pesanti perdite in vite umane e in equipaggiamento al nemico che viola la sovranità libica».
L’esercito libico di Haftar ha lanciato a metà gennaio una «campagna militare contro il terrorismo e il crimine nel sud del Paese» e tra i terroristi annovera anche le milizie jihadiste e tribali che sostengono il governo di Tripoli riconoscito dall’Italia e alle quali forniamo le motovedette e l’equipaggiamento per tenere a bada e nei lager i profughi e i migranti. Milizie che comprendono anche mercenari.
E’ questo uno dei tasselli del più ampio quadro che il segretario dell’Onu aveva di fronte quando ieri ha sottolineato di fronte al cond siglio di sicurezza dell’Onu che «La presenza di mercenari e di altri combattenti stranieri aggrava i conflitti e minaccia la stabilità del continente africano». Situazione che comunque i 5 Paesi membri prermanenti del Consiglio – Usa, Russia, Cina, Gran Bretagna e Francia – conoscono bene, visto che, in un modo o nell’altro sono coinvolti in quei conflitti e che forniscono più che volentieri (magari con spericolate triangolazioni) armi ai contendenti.
Guterres ha denunciato che «Queste attività dei mercenari affossano lo stato di diritto e perpetuano l’impunità e incoraggiano lo sfruttamento illegale e iniquo delle risorse naturali di un Paese. Allo stesso tempo, provocano degli sfollamenti su grande scala e delle tensioni intracomunitarie».
Per il segretario generale dell’Onu, «Con il passare degli anni, la natura delle attività mercenarie si è evoluta. Oggi, sfruttano e si nutrono di altri flagelli, come il cimine organizzato transnazionale, il terrorismo e l’estremismo violento. In Africa, al centro delle discussioni odierne, le attività dei mercenari restano un tema di grande preoccupazione. Così. Abbiamo assistito sia delle attività illegali e a dei traffici di gruppi terroristi e mercenari che operano nel Sahel che a un presunto coinvolgimento di mercenari nelle violenze postelettorali in Costa d’Avorio nel 2010». Guterres ha anche ricordato le violenze contro i civili e le violazioni dei diritti umani e del diritto umanitario nella Repubblica centrafricana e ha fatto notare che anche la piccola Guinea Equatoriale è stata oggetto di un tentativo di colpo di Stato contro l’eterna dittatura petrolifera di Teodoro Obiang Nguema Mbasogo organizzato da mercenari.
Secondo Guterres sono necessari tre tipi di azioni per affrontare questa sfida: «Prima di tutto, bisogna rafforzare i regimi giuridici a livello mondiale e nazionale . Solo 35 Stati fanno parte della Convenzione internazionale contro il reclutamento, l’utilizzo, il finanziamento di mercenari, adottata dall’Assemblea generale nel 1989. La Guinea equatoriale ha recentemente aderito alla Convenzione e ne diventerà il 36esimo membro al più tardi entro questo mese. Solo tre attuali membri del Consigli di sicurezza (composto da 15 Paesi, ndr) lo hanno fatto». Guterres ha invitato gli Stati che non sono ancora parti della Convenzione «ad aderire o a ratificarla senza ritardi» e ha aggiunto che «Questo quadro giuridico comprende anche importanti strumenti africani, in particolare la Convenzione dell’Organizzazione dell’Unione Africana sull’eliminazione del mercenariato in Africa e la Convenzione dell’Africa centrale sul controllo delle armi leggere e di piccolo calibro».
Guterres ha anche sollecitato «Il rafforzamento della cooperazione bilaterale regionale e internazionale, in particolare la cooperazione in materia di gestione delle frontiere che sarà cruciale per ostacolare il flusso della libera circolazione degli armamenti e degli stranieri armati in Africa centrale. Si tratta, per esempio, di prendere delle misure che istituiscano delle commissioni frontaliere miste, dei meccanismi congiunti di sorveglianza della sicurezza alle frontiere e una condivisione regolare delle informazioni tra le forze di difesa nazionali. In questo contesto, il partenariato strategico tra le Nazioni Unite e l’Unione Africana, la Communauté économique des États de l’Afrique centrale et i Paesi della regione è essenziale».
Concludendo, il segretario generale dell’Onu ha chiesto ai potenti del mondo di «Esaminare i fattori politici, economici, sociali e psicologici all’origine delle attività mercenarie. Il Gruppo di lavoro dell’Onu sui mercenari ha raccomandato un ampio ventaglio di misure, in particolare la lotta contro l’esclusione, il miglioramento dell’impegno civico, la buona governance, la fornitura di servizi pubblici equi e la protezione delle minoranze e degli altri gruppi vulnerabili. Degli sforzi accresciuti per creare delle opportunità per i giovani saranno essenziali per ridurre l’attrattiva dei mercenari e la minaccia di radicalizzazione. Vi chiedo di fare di più per rendere più autonome le donne e di tener conto delle dimensioni legate allo sfruttamento sessuale da parte dei mercenari».
Il president della Commissione dell’Unione Africana, Moussa Faki Mahamat, ritiene essenziale l’Africa intensifichi i suoi sforzi di promozione della pace e ha ricordato che «La storia del continente africano è piena di esempi di mercenari implicati in azioni di destabilizzazione, compresi dei colpi di Stato, dli interventi in conflitti armati et di tentativi di prendere il controllo delle risorse naturali dei Paesi presi di mira. Dagli anni ‘60, quando l’Africa cercava di consolidare le sue indipendenze, alcuni paesi si sono dovuti confrontare con questi fenomeni dalle conseguenze devastanti in termini di violenza, di violazione dei diritti umani e di ulteriori minacce alla sicurezza e alla stabilità dei Paesi colpiti. Questo stato di fatto ha chiaramente costituito una grave minaccia per l’indipendenza, la sovranità, l’integrità territoriale e lo sviluppo armonioso degli Stati africani. Il che ha portato l’Organizzazione dell’Unione Africana (OUA) ad adottare nel 1977 la Convention sur l’élimination du mercenariat en Afrique, entrata in vigore nel 1985. Questa Convenzione ha permesso di stabilire delle norme per combattere queste attività. Ha anche spinto a prendere delle iniziative di cooperazione in Afric».
Ma Mahamat, citando anche lui il tentato golpe mercenario in Guinea Equatoriale, ha dovuto ammettere che «Marlgrado questi sforzi, il flagello del mercenariato è tuttavia persistito» e ha sottolineato «Il carattere qualche volta (praticamente sempre, ndr) poroso delle frontiere africane e la natura transfrontaliera delle sfide per la sicurezza alle quali il continente fa fronte e che favoriscono la mobilitazione di combattenti stranieri per servire come mercenari. A queste evoluzioni si aggiunge la comparsa di compagnie di sicurezza private che merita un’attenzione particolare».
E’ in questo contesto che il secondo Forum sur la Réforme du secteur de la sécurité, organizzato il 18 ottobre 2018 dalla Commissione dell’Unione Africana ha raccomandato di rivedere la Convenzione del 1977 per adattarla alle evoluzioni avvenute e dotarla di un meccanismo di attuazione e controllo.
Per quanto riguarda le compagnie di sicurezza private, il Forum a raccomandato «L’elaborazione di in quadro continentale di regolamentazione e controllo e la Commissione dell’Unione Africana attualmente
Mahamat ha concluso chiedendo «Una cooperazione rafforzata tra gli Stati, compreso quella in materia di intelligence, di condanne penali, di governance del settore della sicurezza e, quando si tratta di Paesi che escono da conflitti, sui processi di disarmo, smobilitazione e reintegro dei combattenti».
Ce ne sarebbe un gran bisogno nel villaggio di Rann, nell’estremo nord del Camerun al confine con la Nigeria, dove negli ultimi giorni si sono ammassati 35.000 profughi in fuga dai massacri perpetrati dai jihadisti di Boko Haram che da forza settaria nigeriana si è trasformata in una multinazionale del terrorismo jihadista, e di mercenari delle guerre del terrore, come i sudafricani bianchi che combattono a fianco delle truppe regolari.