Onu: le restrizioni di Israele sull’ingresso di aiuti a Gaza potrebbe equivalere all’uso della fame come metodo di guerra
A Gaza sempre più neonati rischiano di morire. Disoccupazione altissima in tutti i Territori Palestinesi Occupati
[20 Marzo 2024]
Gli operatori umanitari delle Agenzie Onu hanno ribadito la loro determinazione ad aiutare la popolazione della Striscia di Gaza, dove «Un numero crescente di bambini è sull’orlo della morte a causa della fame acuta, causata da 5 mesi di intenso bombardamento israeliano e dal costante rifiuto di accesso agli aiuti».
Ieri, Margaret Harris, portavoce dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha denunciato che «Quello che i medici e il personale sanitario ci dicono è che vedono sempre più gli effetti della fame; vedono i neonati morire semplicemente perché hanno un peso alla nascita troppo basso. Sempre più spesso vediamo bambini che sono sull’orlo della morte e che necessitano di rialimentazione».
I 18 Marzo l’ultima analisi della partnership Integrated Food Security Phase Classification (IPC) aveva avvertito che « la situazione a Gaza è catastrofica, con il nord di Gaza che affronta una carestia imminente e anche il resto della Striscia a rischio».
Secondo il direttore generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus. «L’annuncio dell’IPC riflette la terribile situazione che sta affrontando il popolo di Gaza. Prima di questa crisi, a Gaza c’era abbastanza cibo per nutrire la popolazione. La malnutrizione era un evento raro. Ora le persone stanno morendo e molte altre sono malate. Si prevede che oltre un milione di persone dovranno affrontare una fame catastrofica a meno che non venga consentita una quantità significativamente maggiore di cibo di entrare a Gaza».
Prima dell’intervento militare israeliano degli ultimi mesi, a Gaza era gravemente malnutrito lo 0,8% dei bambini sotto i 5 anni, il nuovo rapporto dimostra che «A febbraio nei governatorati settentrionali tale cifra è compresa tra il 12,4 e il 16,5%. Senza un aumento significativo e immediato delle consegne di cibo, acqua e altri beni essenziali, le condizioni continueranno a peggiorare. Praticamente tutte le famiglie stanno già saltando i pasti ogni giorno e gli adulti stanno riducendo i pasti in modo che i bambini possano mangiare. La situazione attuale avrà effetti a lungo termine sulla vita e sulla salute di migliaia di persone. In questo momento, i bambini stanno morendo a causa degli effetti combinati di malnutrizione e malattie. La malnutrizione rende le persone più vulnerabili ad ammalarsi gravemente, ad avere una guarigione lenta o a morire quando vengono infettate da una malattia. Gli effetti a lungo termine della malnutrizione, del basso consumo di alimenti ricchi di sostanze nutritive, delle infezioni ripetute e della mancanza di servizi igienico-sanitari rallentano la crescita complessiva dei bambini. Questo compromette la salute e il benessere di un’intera generazione futura».
Le agenzie Onu stanno conducendo missioni ad alto rischio per fornire medicinali, carburante e cibo agli operatori sanitari e ai loro pazienti, ma si lamentano del fatto che «Le nostre richieste di consegna di forniture sono spesso bloccate o rifiutate. Strade danneggiate e continui combattimenti, anche all’interno e in prossimità degli ospedali, fanno sì che le consegne siano poche e lente».
L’Oms ha detto che «Il rapporto dell’IPC conferma quello a cui noi, i nostri partner delle Nazioni Unite e le organizzazioni non governative (ONG) stiamo assistendo e segnalando da mesi. Quando le nostre missioni raggiungono gli ospedali, incontriamo operatori sanitari esausti e affamati che ci chiedono cibo e acqua. Vediamo pazienti che cercano di riprendersi da interventi chirurgici salvavita e perdite di arti, o malati di cancro o diabete, madri che hanno appena partorito o neonati, tutti affetti dalla fame e dalle malattie che ne conseguono».
Come partner del Nutrition Cluster, attualmente l’Oms sta sostenendo un centro di stabilizzazione nutrizionale a Rafah per curare i bambini affetti da malnutrizione acuta grave con complicazioni mediche, che sono a più alto rischio di morte imminente se non trattati urgentemente. Sta anche sostenendo la creazione di due ulteriori centri: uno nel nord di Gaza presso l’ospedale Kamal Adwan e uno all’ospedale da campo dell’International Medical Corps a Rafah. L’Oms sta sostenendo anche i reparti pediatrici degli ospedali di Al-Aqsa e Al-Najjar attraverso la fornitura cibo e medicinali e la formazione del personale medico e la promozione di pratiche appropriate per l’alimentazione di neonati e bambini piccoli, compreso l’allattamento al seno. L’Oms ha formato gli operatori sanitari su come riconoscere e trattare la malnutrizione con complicanze e sostiene gli ospedali e i centri con forniture mediche per i bambini in cura. Ma avverte che «E’ necessario aggiungere ulteriori centri di nutrizione e stabilizzazione in tutti gli ospedali chiave di Gaza. Le comunità stesse avranno bisogno di sostegno per potenziare la gestione della malnutrizione a livello locale».
Per questo le Agenzie Onu chiedono nuovamente a Israele di «Aprire più valichi e accelerare l’ingresso e la consegna di acqua, cibo, forniture mediche e altri aiuti umanitari dentro e all’interno di Gaza. In quanto forza occupante, è loro responsabilità, ai sensi del diritto internazionale, consentire il passaggio delle forniture, compreso il cibo. I recenti sforzi per effettuare consegne via aerea e via mare sono benvenuti, ma solo l’espansione dei collegamenti via terra consentirà consegne su larga scala per prevenire la carestia. Il momento di agire è adesso».
Commentando il rapporto IPC, l’Alto Commissario per i diritti umani dell’Onu. Volker Türk. ha nuovamente sottolineato che «La fame e la carestia sono il risultato delle ampie restrizioni israeliane all’ingresso e alla distribuzione di aiuti umanitari e beni commerciali, sfollamento di massa della popolazione e distruzione di infrastrutture civili cruciali. di fronte alla fame, le famiglie sono ora ricorse a mandare i bambini non accompagnati dal nord al sud di Gaza, nella disperata speranza che trovino cibo e sostegno tra gli 1,8 milioni di persone già sfollate lì».
Per Türk, «La portata delle continue restrizioni di Israele sull’ingresso di aiuti a Gaza, insieme al modo in cui continua a condurre le ostilità, potrebbe equivalere all’uso della fame come metodo di guerra, che è un crimine di guerra. Israele, in quanto potenza occupante, ha l’obbligo di garantire la fornitura di cibo e assistenza medica alla popolazione, in proporzione ai suoi bisogni, e di facilitare il lavoro delle organizzazioni umanitarie per fornire tale assistenza. La situazione di fame, inedia e carestia nell’enclave palestinese è il risultato delle ampie restrizioni israeliane all’ingresso e alla distribuzione degli aiuti umanitari e dei beni commerciali, dello sfollamento della maggior parte della popolazione e della distruzione di importanti risorse e infrastrutture civili. Stanno emergendo strategie pericolose per affrontare la catastrofe umanitaria, in un contesto di disperazione della popolazione palestinese e di collasso dell’ordine pubblico. Il tempo stringe. Tutti, soprattutto coloro che hanno influenza, devono insistere affinché Israele agisca per facilitare l’ingresso e la distribuzione senza ostacoli dell’assistenza umanitaria e dei beni commerciali necessari per porre fine alla fame ed evitare ogni rischio di carestia».
Anche il segretario generale dell’Onu António Guterres ha rinnovato il suo appello al governo di destra israeliano «Perchè garantisca un accesso completo e senza restrizioni ai beni umanitari in tutta Gaza» e ha esortato la comunità internazionale a «Sostenere pienamente gli sforzi umanitari delle Nazioni Unite. I palestinesi a Gaza stanno sopportando livelli orribili di fame e sofferenz. Il rapporto dell’IPC è una spaventosa accusa delle condizioni sul campo dei civili».
La Harris ha detto che «La disperazione è così grande. Bisogna concedere aiuti a Gaza su una scala davvero enorme. Quando questo accadrà, gli aiuti verranno assorbiti come acqua nella sabbia».
L’International labour organization (ILO) ha pubblicato il nuovo report “Impact of the war in Gaza on the labour market and livelihoods in the Occupied Palestinian Territory: Bulletin No. 3” che sottolinea il terribile impatto della guerra a Gaza e nel resto dei Territori Palestinesi Occupati, con la perdita di 507.000 posti di lavoro che, ha detto la portavoce dell’ILO Zeina Awad, »Ha già avuto un impatto devastante sull’economia regionale. Se la guerra continua, si prevede che il tasso di disoccupazione nel territorio raggiungerà il 57%».
I nuovi dati forniti dall’ILO e dal Palestinian Central Bureau of Statistics (PCBS) stimano che «Al 31 gennaio erano stati persi circa 201.000 posti di lavoro nella Striscia di Gaza, pari a circa due terzi dell’occupazione totale nell’enclave. Inoltre, 306.000 posti di lavoro – ovvero oltre un terzo dell’occupazione totale – sono andati persi anche in Cisgiordania, dove le condizioni economiche sono state gravemente colpite».