Legambiente partecipa a Insieme senza muri, il 20/5 a Milano
Alle porte d’Europa bussano profughi ambientali, migranti dalle aree devastate dal clima che cambia
«Basta sovrapporre la mappa della siccità e della fame con quella dei paesi di origine dei migranti per capire che non ci troviamo di fronte a un’emergenza momentanea»
[18 Maggio 2017]
Ancora non esiste ancora nessun riconoscimento ufficiale per i profughi ambientali, eppure basta «sovrapporre la mappa della siccità e della fame con quella dei paesi di origine delle persone che arrivano in Europa, per capire che non ci troviamo di fronte a un’emergenza momentanea, ma a una trasformazione epocale, di cui l’Europa e lo sviluppo industriale dell’ultimo secolo, con i conseguenti cambiamenti climatici, portano le principali responsabilità e su cui si continuano a innestare conflitti armati».
Con queste parole Legambiente annuncia la partecipazione a Insieme senza muri, la manifestazione che si svolgerà sabato 20 maggio a Milano: chi oggi cerca rifugio in Europa, ricordano dal Cigno verde, scappa da un intreccio perverso di cause, tra loro complementari, che ha reso inabitabili tante, troppe, terre a causa di guerre, carestie, desertificazione e siccità, dittature, disuguaglianze esorbitanti e povertà.
«Affrontare la questione migranti come se fosse un ‘problema di ordine pubblico’ – dichiara la presidente di Legambiente Rossella Muroni -, come fanno le pessime leggi 46 e 48 su nuove procedure per i richiedenti asilo e sicurezza urbana, proposte dal governo e appena approvate dal Parlamento, è un’operazione pericolosissima e che ci spinge a impegnarci sempre di più nella costruzione di una risposta civile, come già avvenuto in altre parti d’Europa a partire dal corteo di Barcellona. Anche l’attacco alle ONG, alla luce della stretta securitaria degli ultimi giorni appare ancora più chiaro nella sua strumentalità e pericolosità: chi aiuta e salva i migranti è diventato un nemico da combattere ed infangare solo perché fa saltare la gestione dei respingimenti voluta da Frontex mettendo in primo piano la salvezza delle vite umane. È una deriva a cui abbiamo il dovere di opporci e per questo sfileremo a Milano il 20 maggio».
Portano anche i dati che legano in modo evidente i danni provocati dal degrado ambientale e dal clima che cambia nei territori – comprese ex colonie dell’Italia fascista – da dove i migranti partono.
Secondo i dati del Ministero dell’Interno – ricordano al proposito da Legambiente – su un totale di 207.570 richiedenti asilo nel biennio 2015 – 2016 i primi 10 paesi di provenienza sono: Nigeria, Pakistan, Gambia, Senegal, Eritrea, Costa D’Avorio, Bangladesh, Mali, Guinea, Ghana. Le stesse aree colpite dagli effetti più violenti dei cambiamenti climatici, soprattutto nelle forme della siccità e della desertificazione nell’Africa Subsahariana.
In alcune aree, infatti, il 2016 si è dimostrato l’anno più siccitoso dal lontano 1985. Tutto ciò aggrava una situazione già critica per i processi di desertificazione che hanno esposto negli ultimi 30 anni l’area subsahariana a fenomeni di denutrizione cronica e di fame, su cui si sono innestati conflitti etnici e conflitti interni o tra paesi (Mali, Niger, Ghana, Ciad, Sudan, Etiopia, Eritrea, Somalia, Repubblica Centroafricana, Repubblica Democratica del Congo).
In particolare nel Sud Sudan, secondo le agenzie umanitarie della Nazioni Unite, il numero totale di persone colpite nel paese crescerà da 4,9 a 5,5 milioni con il culminare della stagione secca a luglio. In Somalia, la siccità sta minacciando il 50% della popolazione di poco più di sei milioni di persone Si prevede che circa 185.000 bambini soffriranno di malnutrizione acuta grave, nei prossimi mesi questo dato ci si aspetta arriverà a 270.000. In Nigeria oltre due milioni di persone hanno bisogno di assistenza e vivono in campi profughi a cui vanno sommate altre centinaia di migliaia di persone dei paesi vicini – Camerun, Niger e Ciad – che si sono rifugiate intorno al lago Ciad e nel Nordest della Nigeria, il numero di bambini colpiti da malnutrizione acuta grave ci si aspetta che quest’anno arriverà a 450.000. In Etiopia quasi dieci milioni di persone sono a rischio fame e 400mila bambini sono a rischio denutrizione. A questi paesi africani si deve aggiungere lo Yemen, colpito da guerra e siccità, a pericolo carestia, e alcune zone del Kenya. Va inoltre ricordato che la Siria, in guerra dal 2011, dal 2006 al 2011 ha patito la peggiore siccità della sua storia, con una disintegrazione del settore agricolo.