I kurdi chiedono a russi e regime di Assad di difendere l’integrità territoriale della Siria
Siria: esercito turco e jihadisti attaccano Manbij, esercito di Assad e kurdi la difendono insieme
Kurdi e arabi: «Non lasceremo che Erdogan ristabilisca l’occupazione ottomana sulle nostre terre»
[28 Dicembre 2018]
Secondo un comunicato dell’Esercito libero siriano – nato per combattere contro il regime di Assad ma ormai diventato un’armata jihadista di mercenari al servizio della Turchia – è iniziata l’offensiva militare appoggiata dalla Turchia per conquistare la città siriana di Manbij, ad ovest dell’Eufrate, in mano ai combattenti kurdi e arabi della Forze democratiche siriane.
Evidentemente Erdogan sta accelerando la promessa invasione del nord della Siria per liberarsi dei kurdi progressisti del Rojava, ma il gioco rischia di essere davvero pericoloso perché qualche ora prima dell’annuncio dei mercenari dell’Esercito libero siriano l’esercito siriano di Assad aveva a sua volta annunciato di essere entrato a Manbij per «proteggere la sovranità nazionale e far fronte non solo al terrorismo ma anche a tutti gli invasori e occupanti del suo territorio nazionale». Fonti russe sottolineano che la decisione è stata presa dopo che le milizie kurde delle Yekîneyên Parastina Gel (Ypg – Unità di protezione popolare del Rojava) hanno chiesto al governo siriano di proteggere Manbij e altre zone del nord del Paese dall’invasione turca.
Sono le prime tragiche conseguenze del tradimento dei kurdi del Rojava e dei loro alleati arabi da parte del presidente Usa Donald Trump ma Quella che sta emergendo è un’inedita coalizione federalista kurdo-araba siriana disposta ad allearsi con il regime e i russi per respingere l’invasione turca nel nord-est della Siria. E se Mosca dovrà scegliere tra Assad e Erdogan, dopo 6 anni di sanguinosa e costosissima guerra contro il Daesh e l’opposizione islamista, l’appoggio ad Assad è quasi scontato.
Un’alleanza tra kurdi progressisti e regime (che il Rojava non ha mai attaccato militarmente, ma criticato politicamente) è nelle cose dopo il tradimento usa, tanto che è stato il tema centrale della riunione che si è tenuta la settimana scorsa a Raqqa, l’ex “capitale” dello Stato Islamico/Daesh liberata dalle milizie kurdo-arabe delle Forze democratiche siriane (Sdf) che doveva decidere come affrontare le minacce di invasione del nord della Siria da parte della Turchia. Al meeting, organizzato dal Consiglio democratico siriano e dal Partito del Futuro (opposizione di sinistra al regime di Bashir al Assad) hanno partecipato centinaia di rappresentanti di tribù kurde e arabe della regione.
Ibrahim al-Qeftan, presidente del Partito del Futuro siriano, ha ricordato che «Gli Stati Uniti sono venuti qui per i loro propri interessi. In realtà nessuno Stato difende gli interessi del popolo siriano. Le Forze democratiche siriane si sono battute e hanno liberato il nostro Paese dal terrorismo. Gli abitanti della regione non vogliono né il Daesh né l’Impero ottomano».
La copresidente del Consiglio democratico siriano (Msd), Ilham Ehmed, ha sottolineato: «Abbiamo fatto molto contro il terrorismo e per la ricostruzione. La ritirata americana non significa la ritirata della coalizione internazionale dal nord-est e dall’est della Siria. I mercenari del Daesh costituiscono un pericolo per numerosi Paesi. D’altronde noi ne deteniamo un gran numero. Stiamo per affrontare una nuova fase, continueremo questo processo e e insisteremo perché il regime (di Assad, ndr) protegga la dignità della Siria. Tutto il mondo si chiede chi rimpiazzerà gli Usa dopo la loro ritirata. Noi rispondiamo che le Sdf sono sempre in prima linea nella guerra e che ci opporremo a ogni minaccia contro la sicurezza del nostro popolo».
La leader kurda dell’Msd ha avvertito l’Unione europea che «Se in Siria proseguiranno gli attacchi della Turchia e la guerra, proseguiranno anche le migrazioni verso l’estero. La presenza del Daesh in Siria costituisce un pericolo per l’Europa». La Ehmed ha poi puntato il dito contro le grandi responsabilità della Turchia per la guerra in Siria, evidenziando che «Ankara era alla testa del sostegno al Daesh e cerca di attizzare più conflitti nella regione. Noi non vogliamo la guerra sulla nostra terra. Abbiamo assicurato la sicurezza e la stabilità con il sangue dei nostri martiri. Abbiamo sofferto per le distruzioni, per l’esodo e per la morte. Non accetteremo nessun intervento che causi la distruzione delle nostre città. Le nostre forze hanno vinto il terrore che sciamava in tutto il mondo e si sono levate contro i mercenari. Noi abbiamo protetto gli altri Paesi dal Daesh e garantito la loro sicurezza. Discutiamo dell’avvenire della Siria con tutti i popoli della Siria».
Rispondendo a una domanda sulla visita di esponenti dell’Msd in Francia, Ilham Ehmed ha detto che «Abbiamo chiesto l’attuazione di una no-fly zone. Speriamo di averli guadagnati alla nostra causa. La Francia ha detto che si rifiuta di abbandonare i suoi partner della regione e di opporsi alla decisione Usa di ritirarsi. Pensiamo che i Paesi membri della coalizione si oppongano a questa decisione perché costituisce una minaccia e apre la via alla resurrezione del Daesh».
Cheikh Hamid El Ferec, rappresentante di una tribù araba, ha dichiarato: «Dobbiamo sostendefre le Sdf che ci hanno liberato dal terrore e qui noi dichiariamo che ci batteremo contro Erdogan e i suoi alleati e difenderemo le nostre terre, Non lasceremo che Erdogan ristabilisca l’occupazione ottomana sulle nostre terre». Poi anche lui si è rivolto al regime siriano e a tutti i siriani perché «si oppongano alle minacce di occupazione proferite dalla Turchia. Dobbiamo liberare le regioni come Bab, Jarablus e Afrin. Sono dei territori siriani».