Slavoj Zizek: il vero nemico per gli islamisti è la nostra cultura “immorale”
I talebani non si battono contro il neocolonialismo occidentale o l'aggressione militare, ma contro le donne e i diritti umani “occidentali”
[20 Agosto 2021]
L’ayatollah Khomeini una volta ha scritto: “Non abbiamo paura delle sanzioni. Non abbiamo paura dell’invasione militare. Ciò che ci spaventa è l’invasione dell’immoralità occidentale”. Ed è questa paura che alimenta i talebani.
Un paio di giorni fa, l’aeroporto internazionale Hamad in Qatar è stato proclamato il migliore al mondo, battendo l’aeroporto Changi di Singapore. Ma i rapporti sui servizi di lusso disponibili ad Hamad sono stati totalmente oscurati da ciò che sta accadendo all’aeroporto di Kabul: migliaia di persone che cercano disperatamente di lasciare il Paese, individui aggrappati agli aerei che decollano e cadono dopo il decollo… come se stessimo assistendo l’ultimo tragico esempio dell’ironico supplemento al vecchio motto anticolonialista: “Yankee go home!” – ‘Yankee torna a casa… e portami con te!’
Il vero enigma sta in quella che deve essere stata una sorpresa per gli stessi talebani: la rapidità con cui la resistenza dell’esercito afghano si è dissolta. Se migliaia di persone stanno ora cercando disperatamente di prendere un volo per uscire dal Paese e sono pronte a rischiare la vita per scappare, perché non hanno combattuto contro i Talebani? Perché preferiscono cadere dal cielo verso la morte, alla morte in battaglia? La risposta facile a questo è che coloro che affollano l’aeroporto di Kabul sono la minoranza corrotta dei collaboratori americani… Ma che dire delle migliaia di donne che restano a casa spaventate? Sono anche loro collaboratori?
Il fatto è che l’occupazione statunitense dell’Afghanistan ha gradualmente creato una sorta di società civile laica, con molte donne istruite, impiegate e consapevoli dei propri diritti, e anche con un’importante vita intellettuale indipendente. Quando Goran Therborn ha visitato Kabul e Herat un paio di anni fa per tenere un discorso sul marxismo occidentale, con sorpresa degli organizzatori, si sono presentate centinaia di persone. Sì, ora i talebani sono più forti che mai, più forti di quanto lo fossero 20 anni fa, quando le potenze occidentali arrivarono in Afghanistan per liberare il Paese da loro, il che dimostra chiaramente l’inutilità dell’intera operazione, ma dovremmo per questo motivo ignorare le conseguenze progressive (almeno parzialmente e non intenzionalmente) del loro intervento?
Yanis Varoufakis ha toccato questo punto difficile in un recente tweet: “Nel giorno in cui l’imperialismo liberal-neocon è stato sconfitto una volta per tutte, i pensieri di DiEM25 sono con le donne dell’Afghanistan. La nostra solidarietà probabilmente significa poco per loro, ma è ciò che possiamo offrire per il momento. Tenete duro sorelle!”
Come dobbiamo leggere le due parti del suo tweet, ovvero perché la sconfitta dell’imperialismo liberale arriva con la regressione dei diritti delle donne (e non solo)? Abbiamo noi (quelli che ci consideriamo gli oppositori di sinistra dell’imperialismo neocoloniale globale) il diritto di chiedere alle donne afghane di sacrificare i loro diritti in modo che il capitalismo liberale globale possa subire una grande sconfitta? Quando Varoufakis è stato accusato di subordinare la liberazione delle donne alla lotta antimperialista, ha twittato: “Avevamo previsto come l’imperialismo neocon avrebbe rafforzato il fondamentalismo islamico misogino (MIF). Lo ha fatto! Come hanno reagito i neocon? Incolpando noi del trionfo del MIF… Vigliacchi e criminali di guerra”.
Devo dire che trovo questo dare la colpa ai neocon un po’ problematico: i neocon trovano facilmente un linguaggio comune con i talebani – ricordatevi che Trump ha invitato i talebani a Camp David e ha stretto con loro un patto che ha aperto la strada verso la capitolazione degli Stati Uniti.
Inoltre, ci sono già reazioni neocon alla caduta di Kabul che la trattano come la sconfitta definitiva della tradizione occidentale dell’illuminismo laico e dell’edonismo individualista… No, non sono stati i neocon a dare impulso al fondamentalismo islamico, questo fondamentalismo è cresciuto in reazione all’influenza del laicismo liberale e dell’individualismo occidentale.
Decenni fa, l’ayatollah Khomeini scriveva: “Non abbiamo paura delle sanzioni. Non abbiamo paura dell’invasione militare. Ciò che ci spaventa è l’invasione dell’immoralità occidentale”. Il fatto che Khomeini abbia parlato di paura, di ciò che un musulmano dovrebbe temere di più dell’Occidente, va preso alla lettera: i fondamentalisti musulmani non hanno problemi con la brutalità delle guerre economiche e militari, il loro vero nemico non sono il neocolonialismo economico occidentale e l’ aggressività militare, ma la sua cultura “immorale”.
In molti Paesi africani e asiatici, il movimento gay è percepito anche come espressione dell’impatto culturale della globalizzazione capitalista e del suo indebolimento delle forme sociali e culturali tradizionali, così che, di conseguenza, la lotta contro i gay appare come un aspetto della lotta anti-coloniale.
Non vale lo stesso per, diciamo, Boko Haram? Per i suoi membri, la liberazione delle donne appare come la caratteristica più visibile dell’impatto culturale distruttivo della modernizzazione capitalista, tanto che Boko Haram (il cui nome può essere approssimativamente e descrittivamente tradotto come “l’educazione occidentale è proibita”, in particolare l’educazione delle donne) può percepirsi e dipingersi come un agente che combatte l’impatto distruttivo della modernizzazione, imponendo una regolazione gerarchica del rapporto tra i sessi.
L’enigma è quindi: perché i musulmani, che sono stati indubbiamente esposti allo sfruttamento, al dominio e ad altri aspetti distruttivi e umilianti del colonialismo, nella loro risposta prendono di mira quella che è (almeno per noi) la parte migliore dell’eredità occidentale: il nostro egualitarismo e le libertà personali, comprensivi di una sana dose di ironia e di una presa in giro di tutte le autorità?
La risposta ovvia è che il loro obiettivo è ben scelto. Ciò che rende l’Occidente liberale così insopportabile per loro non è solo il fatto che pratica lo sfruttamento e il dominio violento, ma che, per aggiungere al danno la beffa, presenta questa realtà brutale nelle vesti del suo opposto: libertà, uguaglianza e democrazia.
Quindi dobbiamo imparare di nuovo la lezione cruciale di Marx: il vero capitalismo viola sistematicamente le sue stesse regole (“diritti umani e libertà”), basti ricordare che, all’inizio dell’era moderna che celebra le libertà umane, il capitalismo ha resuscitato la schiavitù nelle sue colonie… Ma, allo stesso tempo, il capitalismo ha fornito degli standard per misurare la sua ipocrisia, quindi non dovremmo dire, “poiché i diritti umani sono una maschera dello sfruttamento, lasciamo perdere i diritti umani”, ma: “Prendiamo i diritti umani più sul serio di coloro che hanno fondato l’ideologia dei diritti umani!’ Questo è ciò che fin dall’inizio significava socialismo.
Quindi cosa avrebbero dovuto fare gli americani? Sì, hanno incasinato la situazione, ma dopo averlo fatto, hanno perso il diritto di scappare dal caos che hanno creato. Avrebbero dovuto restare e iniziare a comportarsi diversamente. Come?
Concludo solo con un capovolgimento della nota metafora di come, quando buttiamo l’acqua sporca da una vasca da bagno, dobbiamo stare attenti a non buttare via anche il bambino pulito e sano. Lo fanno i razzisti dopo essersi resi conto che gli interventi occidentali destinati a diffondere i diritti umani e le libertà ai poveri e sporchi Paesi del Terzo Mondo falliscono miseramente: OK, allora buttiamo fuori dalla vasca dei diritti umani e delle libertà l’acqua sporca della gente del Terzo Mondo che non è abbastanza matura per la democrazia laica, e teniamoci dentro il bambino bianco puro…
Forse dovremmo fare l’esatto contrario: buttare via il bambino bianco puro e stare attenti a non perdere l’acqua sporca dei poveri e degli sfruttati del Terzo Mondo che meritano davvero i diritti umani e non solo la nostra simpatia e carità.
di Slavoj Zizek
filosofo culturale, ricercatore senior presso l’Institute for Sociology and Philosophy dell’università di Lubiana, Global Distinguished Professor di tedesco alla New York University e direttore internazionale del Birkbeck Institute for the Humanities dell’Università di Londra.
Questo articolo è stato pubblicato originariamente su RT e le dichiarazioni, i punti di vista e le opinioni dell’autore e non rappresentano necessariamente quelle di greenreport.it