Strage di giovani in Iraq: 104 morti nelle proteste contro il carovita e la corruzione
Violenti scontri tra manifestanti e forze di sicurezza. L’Onu: rispettate i diritti umani
[7 Ottobre 2019]
Dopo 6 giorni di violente proteste e il rincorrersi di cifre e voci sulle vittime, è sto lo stesso governo dell’Iraq a tracciare un bilancio terribile delle proteste dei giovani disoccupati contro il carovita e la corruzione: 104 i morti accertati e oltre 6.100 i feriti. Tra le vittime ci sono anche 8 poliziotti e sono stati incendiati 51 edifici pubblici e 8 sedi di Partiti.
Il portavoce del ministero dell’Interno, Saad Maan, ha annunciato l’apertura di una inchiesta per individuare chi abbia sparato a «dimostranti innocenti». Come se non bastasse, nei giorni scorsi in uno Paese che teoricamente galleggia sul petrolio c’è stato un blackout elettrico e di Internet che ha colpito tutto l’Iraq.
Sin dall’inizio della rivolta, concentrata soprattutto nella capitale Bagdad, il governo, guidato dal primo ministro Adil Abdul-Mahdi, ha cercato di sedare gli animi faendo proporre al Consiglio anticorruzione di licenziare un migliaio di funzionari accusandoli di appropriazione indebita e sperpero di denaro pubblico.
I manifestanti hanno ricevuto l’appoggio del potente leader religioso sciita Moqtada al Sadr che, secondo l’agenzia Nova, ha chiesto ai parlamentari della coalizione irachena al Sairoon (In marcia insieme) e ai suoi alleati di boicottare i lavori della Camera dei rappresentanti fino a quando il governo non approverà un programma di iniziative per rispondere alle esigenze dei cittadini lo riporta l’agenzia Nova.
Al Sairoon ha 54 seggi su 329 in parlamento e al Sadr si è schierato con i manifestanti dopo che l’ayatollah Ali al Sistani, la massima autorità sciita dell’Iraq, aveva detto che «Il governo iracheno ha fallito nella lotta alla corruzione sollecitata dalla popolazione».
Anche l’Alto commissariato Onu per i diritti umani è preoccupato per quel che sta accadendo in Iraq e la sua portavoce, Marta Hurtado, pur disponendo ancora di cifre molto più basse di quelle poi fornite dal governo irakeno, ha evidenziato che oltre ai morti si segnalano anche decine di arrestati, la maggior parte dei quali rilasciati dopo una breve detenzione.
Quel che è evidente è che sia le proteste che la repressione sono state molto violente e l’Alto commissario dell’Onu per i diritti umani, Michelle Bachelet, si è detta preoccupata per le informazioni secondo le quali «In alcune zone, le forze di sicurezza avrebbero utilizzato pallottole vere e pallottole di gomma e avrebbero utilizzato anche tiri ad altezza d’uomo di granate lacrimogene su dei manifestanti».
L’Onu ha esortato il governo irakeno a mostrare la massina calma nella gestione delle manifestazioni e di lasciare spazio ai manifestanti perché possano esprimersi nel rispetto della legge: «Il ricorso alla forza dovrebbe essere eccezionale e le assemblee dovrebbero essere tenute sotto controllo normalmente senza ricorso alla forza. L’utilizzo di armi da fuoco è vietato, salvo come ultima risorsa per proteggersi contro una minaccia imminente di morte certa o di ferite gravi».
Di fronte a questa strage di giovani irakeni, è evidente che il famoso addestramento delle forze dell’ordine al quale si sarebbero dedicate – anche con ingenti fondi investiti – le forze di intervento straniere in Iraq, non ha avuto un grosso successo formativo-
Gli uffici della Bachelet hanno chiesto un’inchiesta rapida sulle morti e su come sono stati dispersi i manifestanti: «Tutti gli incidenti nei quali le azioni della forze di sicurezza hanno causato dei morti e dei feriti dovrebbero essere oggetto di inchieste rapide, indipendenti e trasparenti». La Hurtado ha aggiunto ce «Le richieste dei manifestanti sono legittime perché la maggior parte dei manifestanti sono dei giovani e dei disoccupati che reclamano il rispetto dei loro diritti economici e sociali. Le autorità hanno l’obbligo di fare tutto ciò che è in loro potere per aiutare i loro cittadini a raggiungere i loro obiettivi, in particolare rispettando il loro diritto a un lavoro. Chiediamo al governo irakeno di permettere alla popolazione di esercitare liberamente i suoi diritti alla libertà di espressione e di riunione pacifica».
L’Alto commissariato dell’Onu è anche preoccupato per la detenzione di almeno tre giornalisti, due dei quali sono stati poi liberati, così come per l’interruzione di Internet in tutto l’Iraq. «Le chiusure generalizzate di Internet possono danneggiare la libertà di espressione, restringendo indubbiamente il diritto di ricevere e di comunicare delle informazioni e possono esacerbare le tensioni«, ha aggiunto la Hurtado.
La rappresentante speciale del segretario generale dell’Onu per l’Iraq, Jeanine Hennis-Plasschaert, ha incontrato dei rappresentanti dei manifestanti a Bagdad e li ha nuovamente invitati alla calma, sottolineando l’importanza di un dialogo diretto tra la gente che è scesa nelle strade e la leadership irakena. Secondo l’Onu, «La situazione attuale limita la facoltà degli agenti umanitari di lavorare e fornire aiuto al di fuori di Bagdad, mentre in Iraq più di 6 milioni di persone hanno ancora bisogno di un’assistenza umanitaria.
Il segretario generale dell’Onu, António Guterres, si è detto preoccupato per la repressione violenta delle manifestazioni in diversi Paesi del mondo e in particolare in Iraq: «La libertà di espressione e di riunione pacifica sono dei diritti fondamentali e devono essere rispettati. Il rispetto di questi diritti è uno dei fondamenti della nostra società ed è essenziale per far progredire la democrazia, lo sviluppo e la pace».