Trump, Putin ed ExxonMobil, un team per distruggere il pianeta? (VIDEO)
La Russia non ha ancora ratificato l’Accordo di Parigi, se Trump uscirà lo farà anche Putin?
[12 Dicembre 2016]
La scelta dell’amministratore delegato della Exxon come Segretario di Stato chiarisce il motivo per cui Putin ha voluto l’elezione di Trump: un affare da 500 miliardi dollari ucciso dalle sanzioni
L’allineamento degli interessi tra il presidente russo Vladimir Putin, con la scelta della Russia per il presidente degli Usa (Donald Trump), e le Big Oil, rappresenta la più grave minaccia per l’umanità (e la democrazia) dal sorgere delle potenze dell’Asse negli anni ‘30.
Ecco perché, mentre Trump potrebbe non essere in grado di distruggere da solo azione globale per il clima e la pietra miliare dell’Accordo climatico di Parigi – come si è impegnato a fare durante la campagna elettorale – probabilmente potrebbe farlo con l’aiuto dalla Russia e dell’industria petrolifera da migliaia di miliardi di dollari.
Questo spiega molto della scelta del Segretario di Stato da parte di Trump. I report dei media ora dicono che sarà Rex Tillerson, Ceo l gigante petrolifero Exxon Mobil, che aveva fatto un accordo petrolifero da 500 miliardi di dollari con Putin che è stato bloccato dalle sanzioni.
Lo stallo del più grande affare petrolifero mai fatto non si limitava a “mettere Exxon a rischio”, come ha riportato il Wall Street Journal nel 2014. La scorsa settimana [vedi video] Rachel Maddow della Msnbc ha spiegato che questa operazione è così grande che “potrebbe cambiare la traiettoria storica della Russia.”
Questo accordo potrebbe spiegare perché Putin sembra aver interferito nelle elezioni degli Stati Uniti a favore di una vittoria Trump. Recentemente la Cia ha modificato il suo formal assessment sulle attività della Russia per concludere che il governo del presidente Vladimir V. Putin non stava solo cercando di minare le elezioni, come ha riferito sabato il New York Times, “ma aveva anche agito per dare un vantaggio al candidato”
Questo può essere sicuramente un caso plausibile, come ce ne sono stati molti, perché Putin abbia avuto una sufficiente motivazione sufficiente semplicemente per interferire per minare la legittimità delle elezioni Usa.
D’altra parte, è stato sempre un po’ sconcertante che Putin sembrava di ammirare così tanto un ragazzo che si era impegnato ad aprire completamente i rubinetti del petrolio on-shore e off-shore di petrolio (e del gas) e delle trivellazioni nazionali degli Usa. Dopo tutto, il risultato finale di queste politiche sarebbe inevitabilmente un prezzo più basso del petrolio e del gas, che rappresentano la più grande singola fonte di entrate per la Russia. Ecco perché da gennaio vediamo titoli come “Oil Price Collapse Pushing Russia’s Economy To The Edge” e da ottobre del tipo “Why U.S. Oil Production Trumps Any Russian-OPEC Deal”.
Ma per Putin e i cleptocrati che beneficiano delle sue regole, poco importa chi arricchire di più le sue casse al momento. Non è un caso che proprio la settimana scorsa, Putin ha rivelato la Russia ha venduto una quota del 19,5% di Rosneft, il gigante petrolifero controllato dal Cremlino, a 11,3 miliardi di dollari al Qatar e ad altri, contro le aspettative che situazione di stallo del Cremlino con l’Occidente avrebbe spaventare i grandi investitori, “come ha riportato Fortune in un pezzo assolutamente da leggere che collega i principali pezzi di questo puzzle.
“Solo poche settimane fa, la maggior parte degli osservatori dell’industria avevano cancellato le chances che Rosneft riuscisse a trovare un investitore straniero», riporta Fortune. Ma questo accordo, il più grande affare petrolifero del 2016, «ha indicato una possibile rivalutazione da parte degli investitori stranieri dei rischi di trattare con la Russia, in un momento in cui l’elezione di Donald Trump come presidente Usa ha aumentato le aspettative di un disgelo tra Mosca e Washington».
E quale è il beneficio per Putin? Quegli 11,3 miliardi di dollari vanno al Cremlino, non a Rosneft. Non c’è da stupirsi se “funzionari russi erano giubilanti che Rosneft avesse tirato fuori un accordo che fornirà una gran parte del denaro di cui hanno bisogno per colmare le lacune nel bilancio dello Stato causate da un rallentamento economico e dalle sanzioni” (Reuters).
La cleptocrazia – e apparentemente l’ingerenza in un’elezioni straniera – sembra che paghi molto bene.
E se le sanzioni venissero levate – qualcosa che un nuovo Segretario di Stato potrebbe contribuire a far accadere – per la Exxon sarebbe un pagamento off big time. Come ha spiegato Bloomberg in un pezzo di ottobre, “Exxon Faces Collateral Damage From a New Cold War”, i progetti della compagnia previsti per il 2018 sono ponderati per risorse con prezzi bassi o maggiori costi, «come ad esempio il GNL e il petrolio sabbie bituminose».
Immaginate, però, se il gigante petrolifero fosse libero di produrre e vendere petrolio dei lotti dei 63,7 milioni di acri di territorio russo che ha in concessione, che sono oltre 5 volte la quantità di territorio che ha in concessione questo Paese. Per la Exxon sarebbero di nuovo happy days.
Un ultimo punto: Alcuni hanno sostenuto che «L’Accordo di Parigi saprà sopravvivere e prosperare durante l’era Trump” Certo, se il resto del mondo si unisce per far fronte agli impegni ad abbassare continuamente l’inquinamento da anidride carbonica, è possibile.
Ma Putin non ha mai gradito l’Accordo di Parigi, perché significherebbe che una gran parte delle riserve di combustibili fossili della Russia rimarrebbe sotto terra, piuttosto che zampillante per fornire vaste entrate per il Cremlino. Nessuna sorpresa, quindi, che l’obiettivo per i gas serra di Putin “è uno dei più deboli avanzati da qualsiasi governo, da qualsiasi parte”, come spiega Action Tracker. E che “si situa molto al di sopra delle emissioni che deriverebbero dalle politiche attuali”.
“Che cosa sta trattenendo la Russia dal ratificare l’Accordo di Parigi sul clima?” ci chiedevamo in un editoriale della fine di settembre. L’agenzia di stampa russa Tass ha spiegato che “la Russia non è per una ratifica fast-track”. Potrebbe forse essere che Putin fosse in attesa di vedere i risultati delle nostre elezioni, risultati che la Russia è stata in grado di influenzare, secondo la maggior parte dei rapporti dei servizi segreti Usa?
Al 12 dicembre, l’Onu segnala che la Russia non ha ancora ratificato l’Accordo. Se il nuovo presidente del seconda più grande emettitore mantiene il suo impegno di uscire da Parigi, poi il quinto più grande emettitore avrà una grande grandissima scusa per uscirne.
Ora, immaginate quanto scompiglio Putin, Trump e un nuovo segretario ptetrolifero di Stato potrebbero provocare sui negoziati futuri per costringere altri Paesi a non continuare a prendere nuovi impegni per far calare le loro emissioni, che sono la pietra angolare della strategia di Parigi per evitare cambiamenti climatici catastrofici.
Lee Raymond, predecessore di Tillerson alla Exxon, una volta ha spiegato: “Non siamo una società statunitense e non prendiamo decisioni basate su ciò che è bene per gli Stati Uniti”. Perché il nostro nuovo Segretario di Stato dovrebbe pensarla in modo diverso?
di Joe Romm*
*Founding editor di Climate Progress
Questo articolo è stato pubblicato l’11 dicembre 2016 su ThinkProgress con il titolo “Trump, Putin, and ExxonMobil team up to destroy the planet – Pick of Exxon CEO for Secretary of State…”
Le opinion espresse dall’autore non rappresentano necessariamente a quelle della redazione di greenreport.it