Unicef: 41 milioni di bambini hanno bisogno di aiuto, servono 3,9 miliardi di dollari
Colpiti da guerre, persecuzioni e catastrofi naturali non hanno accesso a servizi essenziali
[30 Gennaio 2019]
L’Unicef ha pubblicato il suo nuovo NICEF ha lanciato oggi il suo nuovo rapporto “Humanitarian Action for Children” che contiene gli impegnidell’Agenzia Onu per l’infanzia a fornire nel 2019 l’accesso ad acqua, nutrizione, istruzione, salute e protezione. a 41 milioni di bambini in 59 Paesi del mondo e che è anche un appello alla comunità internazionale a donare complessivamente 3,9 miliardi di dollari.
Dal rapporto Unicef emerge che «Sono 34 milioni i bambini che vivono in situazioni di guerra o disastri naturali e che hanno urgente necessità di misure di protezione. Fra loro, 6,6 milioni vivono nello Yemen, 5,5 milioni in Siria e 4 milioni nella Repubblica democratica del Congo».
Le 5 crisi umanitarie che hanno bisogno di maggiore e immediato aiuto sono: Siria, con interventi per 904 milioni di dollari a beneficio dei rifugiati siriani e delle comunità che li ospitano nei vari Paesi del Medio Oriente (Egitto, Giordania, Libano, Iraq e Turchia) e azioni per 319,8 milioni all’interno della Siria stessa; Yemen (542,3 milioni di dollari); Repubblica democratica del Congo (326,1 milioni di dollari); Siria (319,8 milioni di dollari); Sud Sudan (179,2 milioni di dollari)».
Le principali crisi umanitarie che hanno colpito i bambini nel 2018 sono: Libia: con 241.000 bambini sono bisognosi di assistenza umanitaria e che in nostro governo continua a considerare un “porto sicuro”: Il Venezuela in piena crisi politica ed economica, con diversi Paesi dell’America Latina e dei Caraibi stanno ospitando 2,4 milioni di rifugiati e migranti venezuelani; l’Afghanistan dell’eterna guerra, dove si stima che nel 2019 3,8 milioni di bambini avranno bisogno di assistenza umanitaria e protezione; il Sud Sudan ancora in guerra civile, con 2,2 milioni di bambini non frequentano la scuola, Il Bangladesh dove dall’agosto 2017, più di 730.000 profughi di etnia Rohingya e religione musulmana, di cui 400.000 bambini, sono fuggiti dalle violenze di estremisti buddisti ed esercito nel Myanmar, rifugiandosi nel distretto di Cox’s Bazar; il Bacino del Lago Ciad (Camerun, Repubblica Centrafricana, Ciad, Niger e Nigeria) con quasi 21 milioni di persone coinvolte nei conflitti in corso; la Repubblica Centrafricana travolta dalla guerra etnico/religiosa, dove nel 2019 1,5 milioni di bambini – due terzi della popolazione infantile del Paese – avranno bisogno di assistenza umanitaria; l’Etiopia con 1,5 milioni di bambini sono sfollati; l’Ucraina Orientale, con quasi mezzo milione di bambini vittime del conflitto separatista delle repubbliche filorusse del Donbas che hanno bisogno di protezione e assistenza umanitaria.
L’Unicef sottolinea che «I bambini che sono continuamente esposti a violenze o conflitti rischiano di vivere un vero e proprio stato di stress tossico – una condizione che, senza il giusto sostegno, può incidere negativamente e in modo permanente sul loro sviluppo cognitivo, sociale ed emotivo. Molti bambini vittime di guerre, sfollamento e altri eventi traumatizzanti (inclusa la violenza sessuale) richiedono assistenza specializzata per essere aiutati ad affrontare e superare questi traumi. Gli interventi dedicati alla protezione dell’infanzia – tutte le azioni finalizzate a prevenire o a rispondere ad abusi, abbandono, sfruttamento, traumi e altre forme di violenza – ammontano, all’interno dell’appello generale, a 385 milioni di dollari (fra cui 121 milioni riservati ai servizi di tutela per i bambini colpiti dalla crisi siriana».
La direttrice dell’Unicef, Henrietta Fore, ricorda che «Oggi milioni di bambini che vivono in situazioni di conflitto o disastri subiscono terribili livelli di violenza, stress e trauma. L’impatto che hanno i nostri servizi di protezione dell’infanzia non sarà mai abbastanza enfatizzato. Se i bambini non hanno luoghi sicuri in cui giocare, se non possono essere riuniti alle loro famiglie, se non ricevono supporto psico-sociale, non possono guarire dalle cicatrici invisibili causate dalla guerra.»
L’Unicef opera in modo che la protezione dell’infanzia sia centrale in tutte le aree del suo intervento umanitario, come l’acqua, l’igiene, l’istruzione e tutte le attività inerenti la sfera della salute e del benessere dei bambin e nei primi 10 mesi del 2018 ha: fornito sostegno psico-sociale a 3,1 milioni di bambini e di loro genitori o tutori; garantito accesso all’acqua potabile per 35,3 milioni di civili; assicurato istruzione (formale e non) per 5,9 milioni di bambini; vaccinato 4,7 milioni di bambini contro il morbillo; salvato da morte per malnutrizione acuta grave 2,6 milioni di bambini.
Nel 2019 l’Unicef, insieme alle organizzazioni partner, ha come principali obiettivi: fornire sostegno psicosociale a 4 milioni di bambini e di persone che si prendono cura di loro; fornire accesso all’acqua potabile a circa 43 milioni di persone; raggiungere 10,1 milioni di bambini con istruzione di base formale e non formale; vaccinare 10,3 milioni di bambini contro il morbillo; curare 4,2 milioni di bambini da malnutrizione acuta grave.
L’Agenzia Onu per l’infanzia denuncia che «Purtroppo, la carenza di finanziamenti da parte della comunità internazionale, il crescente spregio del diritto internazionale umanitario da parte dei protagonisti dei conflitti e il diffuso diniego dell’accesso umanitario limitano gravemente le possibilità di intervenire a protezione dell’infanzia, per l’Unicef come per le altre organizzazioni umanitarie. Nella Repubblica Democratica del Congo, ad esempio, l’Unicef ha ricevuto solo un terzo dei 21 milioni di dollari previsti dall’appello umanitario del 2018, mentre in Siria è mancato circa un quinto dei fondi».
Manuel Fontaine, direttore dei programmi di emergenza dell’Unicef, conclude: «Fornire a questi bambini il sostegno di cui hanno bisogno è fondamentale, ma senza azioni internazionali coerenti e condivise, molti continueranno a esserne esclusi. La comunità internazionale deve impegnarsi a finanziare la protezione dei bambini nelle emergenze».