Yemen: non tutto è (ancora) perduto
Se la guerra si fermasse ora lo Yemen potrebbe eradicare la povertà estrema entro una generazione
[24 Novembre 2021]
Secondo il nuovo rapporto “Assessing the Impact of War in Yemen: Pathways for Recovery” dell’United Nations development programme (UNDP) prevede che se la guerra di invasione scatenata dall’Arabia saudita e dai suoi alleati sunniti (e occidentali) che devasta il Paese da 6 anni finisse adesso, lo Yemen, che attualmente è uno dei Paesi più poveri del mondo, potrebbe porre fine alla povertà estrema in una sola generazione, entro il 2047.
L’UNDP, che è al lavoro in tutto lo Yemen per aiutare le persone a soddisfare i loro bisogni più elementari, ripristinare i mezzi di sussistenza, sostenere le comunità e promuovere la costruzione della pace, spiega che «Attraverso modelli statistici che analizzano scenari futuri, il rapporto dimostra che la garanzia della pace entro gennaio 2022, insieme a un processo di ripresa inclusivo e olistico, può consentire agli yemeniti di invertire le profonde tendenze all’impoverimento che affliggono il Paese e vedere lo Yemen passare allo status di reddito medio nel 2050, eliminando la povertà estrema che oggi colpisce 15,6 milioni di persone».
Inoltre, il rapporto prevede che «In uno scenario integrato di pace e ripresa, la malnutrizione può essere dimezzata entro il 2025 e che il Paese può raggiungere 450 miliardi di dollari di crescita economica entro il 2050».
L’amministratore dell’UNDP Achim Steiner evidenzia che «Questo rapporto sullo Yemen fornisce nuove informazioni sulla peggiore crisi umanitaria e di sviluppo del mondo. Milioni di yemeniti continuano a soffrire per il conflitto, intrappolati nella povertà e con poche possibilità di lavoro e mezzi di sussistenza. Lo studio presenta un quadro chiaro di come potrebbe essere il futuro con una pace duratura, comprese nuove opportunità sostenibili per le persone. Per aiutare ad arrivarci, l’intera famiglia delle Nazioni Unite continua a lavorare con le comunità di tutto il Paese per plasmare un futuro pacifico, inclusivo e prospero per tutti gli yemeniti».
Il rapporto arriva mentre lo Yemen continua a rimanere imprigionato in una guerra in corso dal 2015, dopo la caduta del governo filo-saudita e occidentale e la presa del potere da parte degli sciiti Huthi che controllano ancora il nord del Paese e la capitale Sana’a. Una guerra civile e di invasione che, oltre alla perdita di vite umane, sta lacerando distruggendo i mezzi di sussistenza e il tessuto sociale e portando lo Yemen sull’orlo della carestia e che ha già provocato forti regressioni nello sviluppo del Paese. Secondo il rapporto, «Negli ultimi 6 anni la crisi ha fatto perdere allo Yemen 126 miliardi di dollari di potenziale crescita economica».
Il rapporto, realizzato dal Frederick S. Pardee Center for International Futures dell’università di Denver, è il terzo capitolo della serie Impact of War on Yemen e, come le precedenti edizioni, utilizza una tecnica di modellazione statistica integrata che prevede scenari futuri.
Pur identificando i potenziali dividendi della pace, il rapporto presenta anche cupe previsioni se la guerra dello Yemen dovesse continuare nel 2022 e oltre: «Se il conflitto continua fino al 2030, entro quell’anno ci saranno state 1,3 milioni di vittime. Inoltre, una percentuale crescente di questi decessi non avverrà a causa dei combattimenti, ma a causa degli impatti secondari che la crisi sta avendo sui mezzi di sussistenza, sui prezzi dei generi alimentari e sul deterioramento dei servizi di base come la sanità e l’istruzione». Il rapporto prevede che «Finora, il 60% dei decessi causati dalla crisi sia stato causato da questi fattori secondari, una percentuale destinata a crescere fino al 75% entro il 2030 se la guerra continua».
In questo modo, il rapporto fa luce sugli impatti meno conosciuti ma diffusi che una crisi persistente nello Yemen continuerà ad avere sulle dimensioni chiave dello sviluppo e del benessere: la crisi ha già spinto altri 4,9 milioni di persone nella malnutrizione e il rapporto prevede che «Questo numero crescerà fino a 9,2 milioni entro il 2030 se la guerra persiste; nello stesso anno il numero di persone che vivono in estrema povertà salirebbe a 22 milioni, il 65% della popolazione».
Pur confermando che la pace è l’unico modo percorribile per porre fine alle sofferenze nello Yemen, il rapporto invita anche le parti interessate nazionali, regionali e internazionali ad «Adottare un processo di ripresa inclusivo e olistico, trasversale ai settori e inclusivo dell’intera società yemenita. Il sostegno alla ripresa deve andare ben oltre le infrastrutture e avere al centro le persone; si prevede che gli investimenti incentrati sull’agricoltura, l’emancipazione delle donne, lo sviluppo delle capacità e una governance e istituzioni efficaci e inclusive abbiano il più alto ritorno sullo sviluppo».
Poi il rapporto evidenzia un tema ostico soprattutto per i sunniti wahabiti ma anche per gli sciiti che si combattono: «L’emancipazione delle donne è la chiave per la ripresa, con proiezioni che mostrano che gli sforzi concentrati sul miglioramento della condizione di donne e ragazze in tutto lo Yemen possono aumentare il suo PIL del 30% entro il 2050, dimezzando la mortalità materna entro il 2029».
Ma il rapporto invia soprattutto un messaggio di speranza: «Non tutto è perduto nello Yemen». Tuttavia, chiarisce anche che «Con gli effetti devastanti del conflitto ai quali abbiamo assistito negli ultimi 6 anni, non c’è tempo da perdere poiché la situazione continua a precipitare in una spirale discendente. I piani per sostenere la ripresa devono essere sviluppati continuamente anche se i combattimenti continuano».
Khalida Bouzar, direttrice dell’ufficio regionale dell’UNDP per gli Stati arabi, conclude: «Il popolo dello Yemen è desideroso di andare avanti verso una ripresa dello sviluppo sostenibile e inclusivo. L’UNDP è pronto a rafforzare ulteriormente il nostro sostegno a loro in questo viaggio per non lasciare indietro nessuno, in modo che il potenziale dello Yemen e della regione possa essere pienamente realizzato e in modo che una volta assicurata la pace, possa essere sostenuto».