Yemen: possibile una soluzione politica, ma la guerra si inasprisce e colera e fame sono in agguato
Intanto, nonostante la guerra, le violenze e i rischi terribili, nello Yemen continuano ad arrivare migranti dall’Africa
[18 Aprile 2018]
Intervenendo al Consiglio di sicurezza dell’Onu, Martin Griffiths, l’inviato speciale del segretario generale della Nazioni Unite per lo Yemen, si è detto convinto che è possibile una soluzione politica alla guerra, ma anche preoccupato per l’aumento del numero dei missili lanciati verso l’Arabia Saudita dagli Huthi sciiti al potere a Sana’a.
Griffiths ha sottolineato che «Una soluzione politica per mettere fine a questo conflitto è nelle nostre mani. I suoi contorni non sono un segreto; la fine dei combattimenti, la ritirata delle forze e il deposito delle armi pesanti in luoghi chiave con un accordo per istituire un governo inclusivo, che riunisca le parti intorno al consenso per costruire la pace».
Griffiths che ha assunto il suo incarico solo l’11 marzo scorso, non si nasconde però le difficoltà ha evidenziato la pericolosità degli scontri armati in corso nel governatorato di Saada e ha aggiunto: «Sono particolarmente preoccupato per l’aumento dei missili lanciati verso l’Arabia saudita in queste ultime settimane. Sono anche proseguiti gli scontri militari e gli attacchi aerei in numerose altre regioni dello Yemen, in particolare nei governatorati Sana’a, Taëz, Al Jawf, Ma’reb, A1-Hodeidah, Hajjah, A1-Baida e Lahej» e ha aggiunto che «Questi sviluppi mettono in pericolo gli sforzi per ritrovare la pace».
Anche il segretario aggiunto dell’Onu per gli affari umanitari, Mark Lowcock, si è detto fortemente preoccupato per i missili lanciati verso l’Arabia saudita dallo Yemen: «Questo aggiunge una dimensione supplementare alla guerra civile e mette numerosi civili in pericolo».
Lowcock ha però soprattutto ricordato al Consiglio di sicurezza che »Lo Yemen resta una delle attuali peggiori crisi umanitarie, I tre quarti della popolazione, cioè più di 22 milionidi persone, hanno bisogno urgente di aiuto umanitario, compresi 8,4 milioni di persone che faticano a trovare il loro prossimo pasto». Ma Lowcock è convinto che «Grazie a un’azione rapida e congiunta, le condizioni per il popolo yemenita possono migliorare« e ha ricordato che le agenzie umanitarie hanno intensificato l’assistenza e rafforzato le loro capacità nello Yemen. «L’intervento umanitario – ha detto – è uno dei più importanti e più complessi del mondo. 190 partner aiutano ogni mese milioni di persone in migliaia di luoghi».
Lowcock resta tuttavia molto preoccupato per i rischi di un’altra epidemia di colera: «L’epidemia di colera e di diarrea acquosa dell’anno scorso ha colpito più di un milione di persone. Mentre stiamo entrando nella stagione delle piogge, le condizioni all’origine di questa epidemia sono sempre presenti».
Il capo per gli affari umanitari dell’Onu ha detto che di fronte a questi pericoli «Tutte le parti in conflitto dovrebbero prendere delle misure concrete per proteggere i civili e facilitare l’accesso umanitario».
Nonostante i recenti progressi nell’assistenza umanitaria e un miglioramento degli accessi aerei e marittimi, «Restiamo molto preoccupati per le importazioni commerciali nei porti dello Yemen, più particolarmente a Hodeidah e Saleef», ha detto Lowcock.
Prima della guerra, lo Yemen contava sulle importazioni per coprire ben il 90% del d suo fabbisogno di alimenti di base e praticamente per tutto il fabbisogno di medicinali e carburante. La penuria di beni di prima necessità ha fatto schizzare i loro prezzi alle stelle e le famiglie più povere non sono più in grado di sfamarsi.
E’ in questo inferno di fame, miseria e guerra che secondo l’Alto Commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) sui vanno a infilare i migranti africani – soprattutto eritrei, somali, etiopi e sud-sudanesi – che fuggono da altre guerre, miseria e disperazione.
L’Unhcr ha detto di guardare «con estrema preoccupazione all’ulteriore peggioramento della situazione dei rifugiati, richiedenti asilo e migranti appena arrivati in Yemen. Il perdurare del conflitto, il deterioramento delle condizioni economiche e l’aumento della criminalità stanno esponendo le persone a pericoli e sfruttamento. A causa del prolungato conflitto e del clima di insicurezza che minacciano le istituzioni e indeboliscono lo stato di diritto, sono in aumento i resoconti di estorsioni, contrabbandi ed espulsioni. Molti vengono arrestati, tenuti prigionieri, maltrattati e poi costretti ad affrontare viaggi in mare o rimpatriati a forza dagli stessi contrabbandieri che li avevano portati in Yemen. Dal febbraio di quest’anno, l’Unhcr è impegnato a far fronte alla situazione di circa 100 nuove persone arrivate in Yemen che sono state arrestate e tenute prigioniere, hanno subito minacce di uccisione o espulsione, estorsioni e varie forme di abusi sia per mano dei trafficanti che durante la prigionia».
Le segnalazioni di abusi all’interno delle strutture di detenzione sono molte e l’Unhcr denuncia che «Alcuni nuovi arrivati hanno subito violenze fisiche e sessuali». I sopravvissuti hanno raccontato al personale dell’agenzia Onu di «essere stati colpiti da colpi di arma da fuoco; hanno riferito di percosse regolari, di stupri di adulti e bambini, di umiliazioni tra cui l’essere forzati a denudarsi, l’essere costretti ad assistere a esecuzioni sommarie e la privazione di cibo».
Per quanto riguarda le espulsioni, l’Unhcr dice di aver ricevuto segnalazioni di «persone costrette dai contrabbandieri a salire su imbarcazioni al largo della costa yemenita. Nel gennaio di quest’anno più di 50 somali sarebbero annegati durante una di queste operazioni. Molti di coloro che sono respinti nel Golfo di Aden ricadono nelle mani di contrabbandieri e trafficanti che li spingono a ritentare il viaggio. Altri subiscono estorsioni anche durante la loro espulsione».
Ad esempio, secondo quanto riferito all’Unhcr, a marzo «alcune persone facenti parte di un gruppo di migranti e richiedenti asilo che era stato portato a un punto di imbarco nello stretto di Bab Al Mandab in Yemen in attesa di espulsione, sono state tenute in ostaggio da contrabbandieri in cerca di riscatti per il loro rilascio. Sono state costrette a chiamare i propri familiari in Etiopia chiedendo l’invio di denaro fino a 700 dollari Usa a persona in cambio del loro rilascio».
l’Alto Commissariato Onu per i rifugiati denuncia che «I numerosi interventi e le attività di advocacy ad alto livello condotte dall’Unhcr su questi temi sono stati indeboliti o vanificati dalle complesse strutture di responsabilità e obblighi derivanti dal conflitto in corso in Yemen. L’Unhcr chiede a tutti gli attori statali e non statali di controllare efficacemente le strutture in cui vengono tenuti i nuovi arrivati per garantire che siano trattati umanamente e con dignità in conformità con la normativa sui rifugiati e sui diritti umani».
L’Unhcr sta anche cercando di avere il libero accesso per aiutare le persone bisognose di protezione internazionale conformemente al diritto internazionale e sta promuovendo, in coordinamento con le agenzie internazionali, la possibilità di accordi di rimpatrio per le persone che non hanno bisogno di protezione, garantendo il principio di volontarietà del ritorno».
Intanto l’Unhcr sostiene le autorità yemenite (evidentemente dei tre governi che si contendono il potere) nell’accoglienza, nella registrazione e nel provvedere ai documenti per rifugiati e richiedenti asilo e sta cercando di «rafforzare il sostegno all’Autorità per l’immigrazione, il passaporto e la naturalizzazione al fine di migliorare ulteriormente le modalità di accoglienza che tutelino la protezione dei nuovi arrivati. L’Unhcr apprezza inoltre il sostegno del Ministero degli Interni nell’accesso alle strutture di detenzione per effettuare lo screening delle persone in cerca di protezione e fornire loro assistenza».
Ma come mai i migranti africani scelgono un Paese pericolosissimo come lo Yemen per iniziare il loro lungo viaggio verso l’Europa oppure cercare di entrare nelle ricche monarchie del Golfo dove sono spesso destinati a una vita da schiavi? L’Unhcr risponde che «Nonostante il perdurare del conflitto, lo Yemen è storicamente un Paese di migrazione e transito dal Corno d’Africa alla penisola arabica e oltre. I movimenti migratori misti riguardano rifugiati, richiedenti asilo, vittime di tratta e migranti che intendono rimanere nello Yemen o transitare verso gli Stati del Golfo. L’Unhcr ha da lungo tempo richiamato l’attenzione sul rischio di spostarsi nello Yemen, un Paese colpito dalla guerra. Per i nuovi arrivati in cerca di protezione internazionale, l’accesso ai sistemi di asilo in questo Paese è molto difficile e le persone potrebbero non essere in grado di ufficializzare la loro richiesta di asilo o di essere registrate presso le autorità, in particolare nel nord del Paese. Il clima di insicurezza e il conflitto limitano seriamente la capacità dell’Unhcr e di altre organizzazioni umanitarie di raggiungere la popolazione bisognosa di assistenza umanitaria».
Per sensibilizzare chi sta pensando di intraprendere il pericoloso viaggio dal Corno d’Africa verso lo Yemen, già nel febbraio 2017 l’Unhacr aveva lanciato la campagna di sensibilizzazione “Dangerous Crossings”. Evidentemente con poco successo.