I co-finanziamenti Ue per l’efficienza energetica delle imprese stanno girando a vuoto
Per la Corte dei conti europea il risparmio energetico generato dai progetti cofinanziati apporta un pari allo 0,3% dell’esigenza di efficienza prevista per il 2030
[18 Gennaio 2022]
L’unica energia a “impatto zero” sull’ambiente è quella che non viene consumata, per questo l’Ue ha fissato ambiziosi per migliorare l’efficienza energetica: ridurre il consumo finale di energia del 20% entro il 2020 e del 32,5% entro il 2030, rispetto al consumo energetico previsto per tali anni nello scenario di riferimento del 2007 sulla base del modello Primes, e recentemente la Commissione Ue ha proposto di innalzare ulteriormente l’asticella al 36 %.
I risultati però non sembrano all’altezza delle aspettative, ad esempio osservando cosa sta accadendo nel mondo delle imprese, nonostante il caro bollette rappresenti oggi una minaccia per le industrie a livello continentale.
Con una nuova relazione speciale, la Corte dei conti europea chiede infatti chiarimenti sui contributi apportati dai fondi Ue all’efficientamento energetico nelle imprese, osservando da una parte che «i finanziamenti Ue non sono ancora sufficientemente collegati ai bisogni delle imprese» e aggiungendo dall’altra che quelli già in campo «consisteranno probabilmente in un modesto contributo agli obiettivi dell’Ue in materia di efficienza energetica».
Anche se diminuito negli ultimi anni (da una dotazione complessiva fissata in 3,2 miliardi di euro nel 2016 ai 2,4 mld di euro del 2020), a partire almeno dal 2014 l’Ue ha consacrato notevoli somme al sostegno al miglioramento dell’efficienza energetica nelle imprese. Soprattutto in alcuni Stati membri come il nostro, considerato che i due terzi della spesa riguardano Repubblica ceca, Polonia, Germania, Italia e Bulgaria.
Eppure la relazione solleva dubbi sull’effettivo valore aggiunto dei finanziamenti dell’Ue: «Migliorare le prestazioni energetiche delle imprese, qualunque sia il settore in cui esse operano, è cruciale se l’Ue vuole conseguire il proprio obiettivo di ridurre le emissioni di almeno il 55 % entro il 2030 – spiega Samo Jereb, il membro della Corte dei conti europea responsabile della relazione – Finora, però, il vero effetto dei finanziamenti dell’Ue sull’efficienza energetica delle imprese rimane non chiaro».
Ad esempio, secondo la Corte nella maggior parte dei casi gli investimenti che hanno ricevuto finanziamenti erano stati già pianificati dalle imprese; in altre parole, molti progetti sarebbero andati avanti senza il sostegno dell’Ue.
Soprattutto, anche per la Corte dei conti risulta «difficoltoso stabilire il contributo complessivo dei finanziamenti dell’Ue», dato che paradossalmente a livello europeo «non è possibile alcuna valutazione della performance: le autorità nazionali dispongono sì di indicatori, ma questi ultimi differiscono da uno Stato membro all’altro, e talvolta anche tra programmi di un medesimo Stato membro».
In assenza di informazioni consolidate a livello Ue, gli auditor della Corte hanno effettuato propri calcoli, giungendo a risultati poco incoraggianti: «I potenziali risparmi generati dai progetti cofinanziati nelle imprese ammontano approssimativamente allo 0,3% dello sforzo necessario per conseguire i valori-obiettivo di efficienza energetica dell’Ue per il 2030».
In altre parole, i progetti di efficientamento energetico finanziati dall’Ue stanno apportando un contributo minimo agli obiettivi europei, nonostante le ingenti risorse (dei contribuenti) messe in campo.