Cattura della CO2: Enea punta a realizzare nuovi materiali per edilizia e strade
Una nuova tecnologia sarà testata nell’impianto pilota ZECOMIX dell’Enea
[11 Giugno 2020]
Secondo i dati dell’International energy agency (Iea), attualmente le infrastrutture Carbon capture and storage (CCS) catturano in tutto il mondo oltre 35 milioni di tonnellate CO2 l’anno, equivalenti alle emissioni annuali dell’Irlanda. E l’Iea ritiene che nel prossimo decennio bisognerà aumentare di 20 volte i tassi annuali di cattura di C2 dalle centrali elettriche e dalle industrie, una tecnologia ritenuta ancora troppo costosa e insicura da quasi tutte le associazioni ambientaliste e da molti scienziati, che dicono anche che i progetti CCS distolgono fondi e risorse scientifiche dalla reale emergenza: quella di tagliare le emissioni di CO2..
Una delle nuove frontiere della ricerca dell’Enea nel campo della tecnologia carbon capture, utilization and storage (CCUS – separazione, riutilizzo e confinamento della CO2) è quella di «utilizzare gli scarti dell’industria siderurgica e del cemento per “immagazzinare” anidride carbonica e, contemporaneamente, produrre materiali di qualità e a basso costo da impiegare in edilizia e nella cantieristica stradale».
Una tecnologia che sarà testata nell’impianto pilota Zero Emission of Carbon with MIXed technologies (ZECOMIX) al Centro Enea Casaccia e all’Agenzia sottolineano che «Anche grazie a queste attività ZECOMIX è stato inserito come infrastruttura di ricerca nel progetto europeo “ECCSELERATE“, finanziato con circa 3,5 milioni dall’Unione europea nell’ambito del programma Horizon2020» e al quale partecipano per l’Italia anche Sotacarbo, Dipartimento di ingegneria civile, chimica, ambientale e dei materiali dell’università di Bologna e l’Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica Sperimentale che coordina il nodo italiano della rete europea di laboratori specializzati nella ricerca sulla cattura e sequestro di CO2 (CCS).
Stefano Stendardo, ricercatore Enea del Laboratorio di Ingegneria dei processi e dei sistemi per l’energia, spiega che «L’obiettivo è di rendere il processo di decarbonizzazione di industrie come acciaierie e cementifici economicamente vantaggioso e circolare. I loro scarti non andranno più a finire in discarica ma serviranno a catturare la CO2 prodotta. E una volta esaurita la loro capacità di stoccare anidride carbonica, questi “nuovi” materiali saranno reimmessi nei processi industriali stessi per la produzione di cemento e di acciaio, o utilizzati come inerti per fondi stradali».
Tra i settori interessati c’è l’industria siderurgica che, dicono all’Enea, «Potrebbe trasformare le sue scorie in materie prime riutilizzabili per la produzione di cemento, calcestruzzo e malte oppure per manufatti, sottofondi e manti stradali. Con notevoli vantaggi sia a livello ambientale che economico, perché vengono utilizzati scarti di produzione, ma anche per la qualità dei nuovi materiali che mostrano caratteristiche chimiche e fisiche migliorate fatti reagire con la CO2».
Stendardo evidenzia che «Ci aspettiamo i risultati più promettenti dagli scarti siderurgici. La sola produzione di acciaio da ciclo integrale, escludendo la fase iniziale di produzione di ghisa, genera ogni anno, a livello mondiale, circa 126 milioni di tonnellate di scorie che, con le nostre tecnologie, potrebbero stoccare da 6 a 9 milioni di tonnellate di CO2 e produrre nuova materia prima».
Ma la cattura e il sequestro della CO2 tramite carbonatazione potrebbero essere impiegate anche nel trattamento di altri tipi di scarti come le ceneri e le scorie prodotte dalla combustione di carbone e dalla termovalorizzazione di rifiuti urbani e i residui di costruzioni e demolizioni.
Scarti industriali a parte, ZECOMIX studierà anche altre possibilità di riuso dell’anidride carbonica come ad esempio e la produzione di combustibili come metanolo e kerosene. All’Enea dicono che «Inizialmente le emissioni provenienti dalle centrali elettriche a combustibili fossili, gli scarichi di cementifici e di altre fabbriche potrebbero essere la principale sorgente di CO2. In prospettiva, potrebbe essere impiegata anche la CO2 catturata dall’atmosfera stessa (la cosiddetta “Direct Air Capture”) o quella naturale per produrre “combustibili da carbonio non-fossile”, come già sperimentato in Islanda.