Climate transparency report: le emissioni dei Paesi del G20 aumentano ancora
L’Italia completamente fuori strada per poter raggiungere gli 1,5° C: tagli di gas serra al 38% ma sarebbe necessario il 72%
[14 Ottobre 2021]
Secondo il nuovo Climate Transparency Report, l’inventario e confronto dell’azione per il clima del G20 annuale più completo al mondo, «Nonostante gli impegni di emissioni net zero al 2050, e alcuni obiettivi climatici di medio periodo aggiornati, i paesi del G20 – che rappresentano il 75% delle emissioni globali di gas serra – stanno mettendo il pianeta sulla strada per superare la soglia degli 1,5° C di riscaldamento che porterà ad eventi meteorologici estremi sempre più pericolosi».
Infatti, ECCO, il think tank Italiano per il clima che ha rilanciato il rapporto in Italia, spiega che «Dopo un breve periodo di declino dovuto alla pandemia da Covid-19, le emissioni di gas serra stanno risalendo in tutto il G20. L’Argentina, la Cina, l’India e l’Indonesia dovrebbero superare i livelli di emissioni del 2019. Quest’anno il G20 si è impegnato a presentare nuovi obiettivi climatici e ad accelerare l’azione per raggiungere l’obbiettivo di 1,5 °C. Quattro giorni prima della scadenza finale del 12 ottobre, 16 membri hanno consegnato i loro piani aggiornati. Gli obiettivi attuali limiteranno il riscaldamento solo a 2,4° C.
Laurence Tubiana, CEO di European Climate Foundation evidenzia che «I paesi del G20 sono davvero in ritardo. In ritardo con gli obiettivi climatici per il 2030, i piani di eliminazione graduale dei combustibili fossili e i pacchetti di finanziamento per il clima. Il Climate Transparency Report rivela che il G20 deve spostare le montagne per garantire che possiamo ancora percorrere lo stretto sentiero verso gli1,5° C. Per fortuna, non è impossibile. I compiti sono chiaramente definiti. Tutto ciò di cui abbiamo bisogno è che i leader dei più grandi emettitori del mondo che si facciano avanti e svolgano i loro compiti eccezionali.
Per Kim Coetzee di Climate Analytics, «I governi del G20 devono mettersi al tavolo con obiettivi nazionali di riduzione delle emissioni più ambiziosi. I numeri in questo rapporto confermano che non possiamo spostare in avanti le lancette dell’orologio senza di loro – lo sanno, lo sappiamo – la palla è saldamente nel loro campo prima della COP26».
La dipendenza dai combustibili fossili dei paesi più ricchi del mondo rimane forte. Gli Stati Uniti, la Cina e l’India stanno guidando la crescita prevista del consumo di carbone. I governi hanno speso infatti solo US$300 miliardi, sul totale di US$1,8 trilioni, per la ripresa verde, ignorando la rapida crescita delle industrie verdi negli ultimi anni.
Dopo il vertice dei leader del G20 a Roma il 30-31 ottobre, sotto la Presidenza Italiana, e con la 26esima conferenza delle parti Unfccc di Glasgow che inizia il primo novembre, con la co-presidenza Italiana, il rapporto sottolinea «La necessità che i leader delle principali economie mondiali alzino le loro politiche dal livello della retorica all’azione, e accelerino la transizione dai combustibili fossili, come richiesto dal rapporto sulle zero emissioni nette dell’IEA del 2021».
Gahee Han, dell’ONG sudcoreana Solutions ForOur Climate, è preoccupata: «Il rimbalzo delle emissioni in tutto il G20, il gruppo responsabile del 75% delle emissioni globali di gas serra, dimostra che ora sono urgentemente necessari tagli profondi e rapidi delle emissioni per ottenere annunci net zero».
Per quanto riguarda i due Paesi co-organizzatori della COP”6, L’Italia non é su una traiettoria per mantenere il limite di 1,5°C. L’obiettivo nazionale è quello di ridurre le emissioni del 38% al di sotto dei livelli del 2005 entro il 2030; per rimanere sotto l’1,5 ̊ C dovrebbero scendere almeno 72% a livello nazionale.
Invece, nel Regno Unito le energie rinnovabili stanno contribuendo a ridurre la dipendenza del Paese dai combustibili fossili, tuttavia la notevole produzione di gas naturale resta un problema e molte associazioni ambientaliste dicono che molti degli impegnio climatici presi del premier conservatore Boris Jhonson sono in realtà greenwashing politico di alto livello.
Anche gli Usa di Joe Biden non sono in linea con gli ,5° C e nel 2020 hanno avuto il record dei disastri meteorologici e climatici. Ma, con la dipartita di Donald Trump dalla Casa Bianca, nel 2020 l’uso del carbone è diminuito. Ma il rapporto avverte: «A meno che non si fermi l’espansione delle infrastrutture petrolifere e del gas, gli Stati Uniti sono a rischio di rimanere intrappolati in un’economia fossile e di beni bloccati ad alto costo».
La Francia nucleare non è in linea con l’1,5° C e deve aumentare la sua riduzione delle emissioni del 40% se vuole centrare l’obiettivo del 2030.
Anche l’Unione europea deve fare di più raggiungere l’obbiettivo di 1,5° C. Il Climate Transparency Report dice che «Il pacchetto “Fit for 55” è stato un importante passo avanti, tuttavia alcuni Stati membri, come l’Italia, stanno ancora investendo pesantemente nel gas naturale.
L’Argentina non è in linea con l’1,5° C perché «L’esplorazione di gas naturale attraverso il fracking ha continuato ad aumentare nei giacimenti di gas argentini Vaca Muerta dopo che la domanda di energia è ripresa nel 2021». Tuttavia, l’Argentina avrebbe l’opportunità di passare direttamente alle fonti di energia rinnovabile.
Il Sudafrica ha presentato un nuovo ambizioso obiettivo climatico e potrebbe sbloccare molte opportunità implementando e applicando politiche per migliorare l’efficienza energetica e l’intensità delle emissioni nel settore industriale ed evitando l’acquisizione di costose capacità ad alta intensità di emissioni nel settore di elettricitá.
Il Climate Transparency Report rileva anche alcuni sviluppi positivi, come la crescita dell’energia solare ed eolica tra i membri del G20, con nuovi record di capacità installata nel 2020. Tuttavia, gli esperti osservano che, «A parte il Regno Unito, i membri del G20 non hanno né a breve né a lungo termine strategie in atto per raggiungere il 100% di rinnovabili nel settore energetico ben entro il 2050.
Ecco i punti più rilevanti del rapporto:
Nel 20220, grazie alle restrizion i imposte dai governi per impedire il dilagare della pandemia di Covid-19, alle emissioni di CO2 legate all’energia sono diminuite del 6%. Tuttavia, nel 2021, le emissioni di CO2 dovrebbero rimbalzare del 4% in tutto il G20, con Argentina, Cina, India e Indonesia che si prevede supereranno i loro livelli di emissioni del 2019.
Nel 2019 la quota di rinnovabili del G20 è aumentata dal 9% e del 10% nel 2020 nel Total Primary
Energy Supply (TPES) e si prevede che questa tendenza continui, salendo al 12% nel 2021. Tra il 2015 e il 2020, la quota di rinnovabili nel mix energetico del G20 è aumentata del 20%, raggiungendo il 28,6% della produzione di energia del G20 nel 2020 e si prevede che raggiungerà il 29,5% nel 2021.
Dal 2015 al 2020, l’intensità di carbonio del settore energetico è diminuita del 4% in tutto il G20. Ma si prevede che il consumo di carbone aumenterà di quasi il 5% nel 2021, una crescita guidata da
Cina (con il 61% della crescita), Usa (18%) e India (17%).
Gli Usa, (4,9 tCO2/pro capite) e l’Australia (4,1 tCO2/pro capite) hanno il record di emissioni pro capite nel G20 (la media è di 1,4 tCO2/pro capite), riflettendo l’elevata quota di combustibili fossili, in particolare gas naturale e petrolio, utilizzati per la produzione di calore.
Tra il 1999 e il 2018 ci sono stati quasi 500.000 decessi e quasi 3,5 trilioni di dollari costi economici dovuti agli impatti climatici in tutto il mondo, con Cina, India, Giappone, Germania e Usa che sono stati particolarmente colpiti nel 2018.
In tutto il G20, l’attuale quota di mercato media dei veicoli elettrici (EV) per le auto nuove resta basse al 3,2% (esclusa l’Ue), con Germania, Francia e Regno Unito che hanno le quote più elevate di veicoli elettrici.
Tra il 2018 e il 2019, i membri del G20 hanno fornito 50,7 miliardi di dollari all’anno di finanze pubbliche
per i combustibili fossili. I maggiori fornitori di finanza pubblica sono stati il Giappone (10,3 miliardi di dollari l’anno), Cina (poco più di 8 miliardi di dollari/anno) e Corea del Sud (poco meno di 8 miliardi di dollari/anno).
Enrique Maurtua Konstantinidis della Fundación Ambiente y Recursos Naturales (FARN), conclude: «E’ estremamente deludente che sia passato un decennio da quando è stato preso l’impegno di razionalizzare ed eliminare gradualmente i sussidi inefficienti ai combustibili fossili, ma i membri del G20 stanno ancora pompando miliardi di dollari USA in combustibili sporchi, che stanno causando il cambiamento climatico».