Corte dei conti europea: azzerare le emissioni delle auto è una strada in salita

L’obiettivo Ue dal 2035 è lodevole, ma ci sono rischi in termini di sovranità industriale. I biocarburanti non sono l’alternativa

[23 Aprile 2024]

Ridurre o eliminare le emissioni prodotte dalle auto è una componente essenziale della strategia climatica dell’Unione europea per arrivare alle emissioni net zero entro il 2050, ma secondo la nuova  relazione speciale “Infrastrutture per la ricarica dei veicoli elettrici: vi sono più stazioni di ricarica, ma la loro diffusione non uniforme rende complicato viaggiare nell’UE” della Corte dei conti europea, «Per raggiungere tale scopo, è necessario diminuire le emissioni di carbonio prodotte dalle autovetture a motore endotermico, esplorare le opzioni di combustibili alternativi e favorire la diffusione dei veicoli elettrici sul mercato di massa. Negli ultimi due anni la Corte dei conti europea ha pubblicato una serie di relazioni in cui dimostra che il primo punto non si è finora concretizzato, il secondo risulta – stando al caso dei biocarburanti – non essere sostenibile su vasta scala e il terzo rischia di essere costoso sia per l’industria che per i consumatori dell’Ue».

L’Ue ha fatto progressi nel ridurre le emissioni di gas serra in generale, ma non nel settore dei trasporti, che in Europa produce circa un quarto delle emissioni climalteranti, la metà delle quali proviene dalle sole auto. Presentando la frelazione speciale, Nikolaos Milionis della Corte dei conti Ue ha avvertito che «Il Green Deal non porterà alcun frutto, se non verrà affrontato il problema delle emissioni delle auto. Dobbiamo però riconoscere che, nonostante le nobili ambizioni e i requisiti rigorosi, la maggior parte delle auto convenzionali emette ancora la stessa quantità di CO2 di 12 anni fa».

Infatti, anche se le norme per i collaudi sono diventate più rigorose, gli auditor della Corte hanno constatato che «Le emissioni prodotte in condizioni di guida reali dalle auto convenzionali, che rappresentano ancora quasi tre quarti delle nuove immatricolazioni, non sono diminuite in misura consistente in 12 anni. Nonostante l’accresciuta efficienza dei motori, le auto pesano in media circa il 10 % in più e hanno bisogno di maggiore potenza per spostarsi (circa +25 %)».

Inoltre, gli auditor hanno riscontrato che «Le auto ibride ricaricabili (plug-in), un tempo ritenute un’alternativa più ecologica dei veicoli tradizionali, sono ancora classificate “a basse emissioni” anche se il gap tra le emissioni misurate in condizioni di laboratorio e quelle misurate su strada è in media del 250%», confermando così le denunce di molte associazioni ambientaloste.

I combustibili alternativi, come i biocarburanti, gli elettrocarburanti e l’idrogeno, sono spesso indicati come i potenziali successori della benzina e del diesel, ma la relazione della Corte dei conti europea sui biocarburanti ha evidenziato «La mancanza di una roadmap chiara e stabile per risolvere i problemi a lungo termine del settore: la quantità di combustibile disponibile, i costi e la compatibilità ambientale». Milionis sottolinea che «Non essendo disponibili su vasta scala, i biocarburanti non possono rappresentare un’alternativa affidabile e credibile per le nostre auto».

La relazione speciale evidenzia che «In primo luogo, la biomassa prodotta sul mercato interno non è sufficiente per offrire una valida alternativa ai combustibili fossili tradizionali. Se questa biomassa è prevalentemente importata da Paesi terzi, viene meno l’obiettivo dell’autonomia strategica in materia di energia. Inoltre, altri settori produttivi (ad esempio, industria alimentare, farmaceutica e dei prodotti cosmetici) fanno concorrenza al settore automobilistico per l’uso delle stesse materie prime. In secondo luogo gli auditor dell’UE hanno concluso che, in parte a causa di questi problemi dal lato della domanda, i biocarburanti non sono ancora competitivi da un punto di vista economico: sono semplicemente più cari di quelli a base di carbonio e le quote di emissioni costano attualmente meno che ridurre le emissioni di CO2 utilizzando i biocarburanti, non sempre favoriti dalle politiche fiscali dei paesi dell’Ue».

L’ultimo aspetto di cruciale importanza rilevato dagli auditor è che «La compatibilità ambientale dei biocarburanti è sovrastimata. Le materie prime per la produzione di biocarburanti possono essere distruttive per gli ecosistemi e nocive per la biodiversità nonché la qualità del suolo e delle acque: sollevano quindi inevitabilmente questioni etiche sull’ordine di priorità tra beni alimentari e carburanti».

Quindi,  i veicoli a batteria sembrano essere l’unica alternativa possibile. Ma gli auditor hanno rilevato «Problemi sia dal lato della domanda che da quello dell’offerta, con il conseguente rischio di una contrapposizione tra strategia Green Deal e sovranità industriale dell’Ue. L’industria europea delle batterie è in ritardo rispetto ai concorrenti mondiali, mettendo potenzialmente in crisi la capacità interna prima che questa sia al massimo regime. Meno del 10 % della produzione mondiale di batterie è localizzata in Europa e per la stragrande maggioranza è in mano ad imprese non europee. A livello mondiale, la Cina rappresenta un impressionante 76 %».

Per Annemie Turtelboom, della Corte dei conti Ue, «Le auto elettriche possono davvero trasformarsi in un doppio dilemma per l’Ue: da un lato, tra le priorità verdi e la politica industriale e, dall’altro, tra le ambizioni ambientali e il portafoglio dei consumatori».

Nonostante i proclami e i grandi progetti di governi e della Commissione europea, la Corte evidenzia che «L’industria delle batterie dell’Ue è frenata in particolare dall’eccessiva dipendenza dalle importazioni di risorse da paesi terzi, con i quali non sono stati sottoscritti adeguati accordi commerciali. L’87 % delle importazioni di litio grezzo proviene dall’Australia, l’80 % delle importazioni di manganese dal Sud Africa e dal Gabon, il 68 % del cobalto dalla Repubblica democratica del Congo e il 40 % della grafite dalla China. Oltre al problema della dipendenza dalle importazioni di materie prima altamente ricercate con le conseguenti ricadute sui costi, molti di questi paesi sono politicamente instabili o rappresentano comunque un rischio geopolitico per l’autonomia strategica dell’Europa. E questo prima ancora di considerare le condizioni sociali ed ambientali in cui queste materie prime sono estratte».

Gli auditor della Corte hanno anche sottolineato che, «Nonostante un significativo sostegno pubblico, il costo delle batterie prodotte nell’Ue resta molto superiore al previsto. Ciò le rende inevitabilmente meno competitive rispetto a quelle di altri produttori mondiali e potrebbe anche rendere proibitivi i veicoli elettrici europei per una larga parte della popolazione».

Da quando la Corte ha pubblicato la relazione sulle batterie, le vendite di auto elettriche nuove in Europa sono fortemente aumentate: 1,5 milioni di immatricolazioni nel 2023, una nuova immatricolazione su 7, ma studi recenti mostrano che le vendite hanno beneficiato di sovvenzioni pubbliche e hanno riguardato per lo più il segmento dai 30 000 euro in su. La Corte ribadisce che «Una quota significativa di questo prezzo è rappresentata dalle batterie, che possono arrivare a costare in media fino a 15 000 euro in Europa. Insomma, se la capacità e la competitività dell’Ue non aumentano in misura significativa, la “rivoluzione delle auto elettriche” in Europa rischia di basarsi sulle importazioni e di finire per danneggiare l’industria automobilistica europea e i suoi oltre 3 milioni di posti di lavoro nel settore manifatturiero».

La mobilità elettrica necessita di un numero sufficiente di punti di ricarica, ma la Corte dice che «Molti dei cittadini europei che potrebbero essere tentati dalle auto elettriche si scontrano ancora con un problema di accessibilità» e la Turtelboom aggiunge che «L’Ue non ha tutte le carte in mano per poter elettrificare il proprio parco auto: l’accesso alle materie prime, i costi per l’industria e per i cittadini e le infrastrutture carenti potrebbero farle perdere la partita».

Già u in una relazione del 2021 sulle infrastrutture di ricarica nell’Ue, gli auditor della Corte avevano rilevato che, «Nonostante successi come la promozione di uno standard comune Ue per i connettori di ricarica dei veicoli elettrici, permangono molti ostacoli per i veicoli elettrici in viaggio nell’Ue. Innanzitutto, vi sono pochi punti di ricarica: al momento dell’audit, risultava estremamente difficile raggiungere l’obiettivo di 1 milione di unità entro il 2025. In secondo luogo, la disponibilità di stazioni di ricarica varia notevolmente da un Paese all’altro: sono particolarmente rare ad est, mentre il 70 % è situato in Francia, Germania e Paesi Bassi». Infine, gli auditor hanno sottolineato che, «In assenza di informazioni in tempo reale e di un sistema di pagamento armonizzato, viaggiare in Europa a bordo di un’auto elettrica è ancora ben lungi dall’essere una passeggiata».