Ex Ilva di Taranto, Legambiente: «Le promesse di decarbonizzazione appaiono vaghe e poco credibili»
«Senza valutazione d’impatto sanitario si produce sulla pelle dei tarantini. Si realizzi a Taranto un polo dell’idrogeno verde»
[28 Dicembre 2020]
Secondo Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, Francesco Tarantini, presidente di Legambiente Puglia, e Lunetta Franco, presidente di Legambiente Taranto, «E’ incredibile che, a diversi giorni dalla definizione dell’ennesimo accordo sul futuro dell’ex Ilva, si continui a dover far riferimento a note stampa o ad indicazioni generiche e sovente contraddittorie. E’ però evidente che, allo stato, resta del tutto assente quella che per Legambiente è la premessa a qualunque ipotesi di conservazione della produzione di acciaio a Taranto e cioè l’assoggettamento degli impianti ad una valutazione preventiva del loro impatto sanitario che escluda danni inaccettabili per la salute di cittadini e lavoratori. Ed è intollerabile che si prospetti il progressivo incremento dei livelli produttivi senza stabilire a priori che neanche un grammo di acciaio debba essere prodotto senza la certezza dell’assenza di nuovi morti».
Per Legambiente, la valutazione integrata dell’impatto ambientale e sanitario (VIIAS) è la questione dirimente: «Se manca, è un accordo inaccettabile: si produce sulla pelle dei tarantini. Se i Mittal non sono d’accordo il Governo ha il dovere di procedere autonomamente, anche attraverso l’emanazione di un decreto legge immediatamente esecutivo: non si può aspettare inerti gli esiti di future indagini epidemiologiche che, ex post, ci dicano che a Taranto si è continuato a morire di acciaio».
I tre esponenti del Cigno Verde nazionale e pugliese fanno notare che «L’impegno ad una progressiva decarbonizzazione, poi, viene declinato in modo generico, senza fornire date certe che scandiscano nitidamente il suo futuro inverarsi e appare perciò fumoso e poco credibile. Abbiamo letto che “si spegneranno i due altoforni più vecchi, si spegneranno le batterie più vecchie”. Ma quando verranno spenti i due altoforni? Quante e quali cokerie rimarranno in funzione e fino a quando? In che modo si pensa di conciliare la prospettiva di una progressiva decarbonizzazione con l’annunciato rifacimento di AFO5? E cosa intende proporre il Governo in merito all’utilizzo dei fondi europei del Just Transition Fund? A che punto è l‘elaborazione del piano territoriale per una transizione giusta relativo ai territori di Taranto e Brindisi, per sostenere lavoratori, PMI, start-up e incubatori nello sviluppo di nuove opportunità economiche, dei green job, per diversificare il tessuto produttivo e lasciarsi alle spalle la monocultura dell’acciaio?»
Ciafani, Tarantini e la Franco concludono: «Noi crediamo che, se si vuol mantenere una produzione di acciaio, sia prioritaria a Taranto la costruzione del forno elettrico e la realizzazione di un polo dell’idrogeno verde, che comprenda un impianto sperimentale che utilizzi l’idrogeno per produrre acciaio in maniera davvero pulita con l’obiettivo di arrivare in pochi anni ad una capacità produttiva di almeno un milione di tonnellate all’anno, sulla falsariga di quanto avverrà in Svezia con il progetto Hybrit. Pensare che in un futuro non troppo lontano l’industria dell’acciaio possa essere ancora dominata dal ciclo integrale del carbone è del tutto miope: anche per Taranto è tempo di orientarsi verso modelli produttivi industriali sostenibili, in linea con gli obiettivi europei».