Ex Ilva, Legambiente: «Il Governo batta un colpo, subito una roadmap per Taranto»

Prioritario e urgente garantire l’assenza di rischi per la salute, subordinando la produzione agli esiti di una Valutazione di Impatto Sanitario. Un Accordo di programma per gestire la transizione

[25 Giugno 2021]

All’indomani della sentenza del Consiglio di Stato che lascia in funzione l’area a caldo dello stabilimento siderurgico di Taranto, la prima cosa che il Governo dovrebbe fare è disporre un immediato aggiornamento della Valutazione Preventiva del Danno Sanitario recentemente effettuata da Arpa Puglia (che indica che la produzione autorizzata di 6 milioni di tonnellate, con gli impianti oggi in funzione, comporta rischi non accettabili per la salute) per stabilire su solide basi scientifiche se e quanto è possibile produrre utilizzando l’attuale assetto impiantistico, senza che ciò comporti rischi inaccettabili per la salute dei tarantini a partire dagli abitanti del quartiere Tamburi, il più prossimo e, quindi, il più esposto alle emissioni inquinanti dello stabilimento siderurgico.

E’ questa la premessa obbligata per qualunque ragionamento sul futuro dello stabilimento ed è anche la più urgente alla luce dei danni alla salute  e dei morti provocati sinora dall’inquinamento prodotto dall’ex ILVA, attestato da innumerevoli studi, ultimo quello sulla pesante incidenza di alcune sostanze sulle capacità intellettive dei bambini residenti nel quartiere Tamburi: c’è bisogno, qui ed ora, di fissare la capacità produttiva massima al di sotto della soglia che l’aggiornamento della Valutazione dell’Impatto Sanitario  indicherà, in modo da garantire che nessuna vita in futuro sia più sacrificata sull’altare delle esigenze produttive .

La  seconda cosa che il Governo dovrebbe fare è sedersi attorno ad un tavolo con gli Enti locali e con le forze sociali  per costruire un Accordo di programma che gestisca la transizione in tempi certi e ragionevoli dalla attuale produzione di acciaio basata sul ciclo del carbone ad un futuro centrato sull’utilizzo in siderurgia dell’idrogeno verde, capace di garantire l’abbattimento non solo dell’inquinamento, ma anche delle emissioni di anidride carbonica, e che in Svezia è già al centro, insieme al progetto Hybrit, di H2GreenSteel, iniziativa che coinvolge anche finanziatori italiani e punta a produrre 5 milioni di tonnellate di acciaio con l’idrogeno entro il 2030.  Un futuro basato anche sulla bonifica dei suoli contaminati e del Mar Piccolo di Taranto, reale volano di una diversificazione produttiva capace di cancellare il ricatto occupazionale rappresentato dalla monocultura dell’acciaio, ma che continua a rimanere sostanzialmente inattuata pur in presenza di notevoli risorse finanziarie a disposizione sia dei Commissari straordinari di Ilva in a.s.  che del Commissario straordinario per la bonifica di Taranto.

Ha ragione il Sindaco di Taranto a chiedere con forza l’Accordo di programma: esso rappresenta la cornice necessaria per coinvolgere i cittadini ed i lavoratori in un processo che non può essere gestito solo dall’alto, oltre a costituire una cartina di tornasole che misura la reale volontà dello Stato di portare a termine in tempi non biblici un processo di decarbonizzazione che, per ora, è presente solo negli annunci.

Sono passati 10 lunghissimi anni dalla prima A.I.A. – peraltro duramente contestata da Legambiente per le tante scelte pro-azienda in essa contenute, tanto da sembrare scritta sotto dettatura dei Riva – ma la promessa di  rendere la fabbrica compatibile col territorio continua a restare inattuata, così come ancora inattuate sono tante prescrizioni inserite nell’attuale Piano Ambientale, a partire da quelle che riguardano le cokerie, una delle principali fonti di emissioni nocive.

Il tempo è scaduto. Nessuno può pensare di chiedere ai tarantini di continuare ad avere fiducia nello Stato senza che, in tempi stretti, prenda corpo una Road Map per Taranto basata sulla trasparenza e sulle risultanze scientifiche, scandita da  impegni e scadenze precisi: il Governo batta un colpo, è già tardi.

Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente

Ruggero Ronzulli, presidente di Legambiente Puglia

Lunetta Franco, presidente di Legambiente Taranto