Il viaggio dei Pfas tra l’Oceano Artico e l’Atlantico

Le sostanze chimiche per sempre si spostano lungo lo stretto di Fram e circolano in tutto il mondo

[12 Gennaio 2024]

Le sostanze per- e polifluoroalchiliche (PFAS), utilizzate per produrre utilizzate per produrre di tutto, dai sacchetti per il cibo, ai tessuti e alle attrezzature antincendio,  hanno raggiunto le regioni più remote dell’Artico, ma lo studio “Passive Sampler Derived Profiles and Mass Flows of Perfluorinated Alkyl Substances (PFASs) across the Fram Strait in the North Atlantic”, pubblicato su Environmental Science & Technology Letters da un team di ricercatori dell’ University of Rhode Island e dell’Alfred-Wegener-Institut für Polar- und Meeresforschung (AWI), rivela che queste “sostanze chimiche per sempre” non rimarranno rimarranno lì indefinitamente.

Secondo il team guidato da  Lohmann guidato da Rainer Lohmann dell’università del Rhode Island, «L’Oceano Artico esporta potenzialmente nell’Oceano Atlantico settentrionale tanti PFAS quanti ne entrano, facendo circolare i composti in tutto il mondo».

Lohmann spiega che «I PFAS entrano nell’oceano attraverso una combinazione di deposizione atmosferica e vari scarichi provenienti da industrie, siti contaminati e impianti di trattamento delle acque reflue».

Per raggiungere l’Oceano Artico, alcuni PFAS fanno l’autostop in aria e cadono sulla superficie dell’oceano, ma altri entrano ci arrivano dagli oceani adiacenti. All’ università del Rhode Island ricordano che «Il potenziale impatto di questi composti sugli organismi marini dipende da quali PFAS sono presenti e in quali concentrazioni. Questi fattori sono in continua evoluzione man mano che l’acqua scorre tra l’Oceano Artico e l’Oceano Atlantico settentrionale. Questi corpi idrici sono collegati dallo stretto di Fram, che si trova a nord-est della Groenlandia, vicino all’arcipelago delle Svalbard. L’acqua calda viaggia verso nord lungo il lato orientale dello stretto, mentre l’acqua fredda scorre verso sud lungo il lato occidentale, fornendo un passaggio dinamico per il trasporto dei PFAS».

Lohmann e i suoi colleghi volevano monitorare il movimento dei PFAS in questa regione e identificare come la circolazione dell’acqua influenza il mix di contaminanti nell’Oceano Artico. Per farlo hanno implementato sistemi di campionamento passivi, che assorbivano i PFAS dall’acqua che scorreva in una membrana microporosa. Hanno posizionato questi sistemi in 3 siti nello stretto di Fram a quattro diverse profondità in ogni sito. Dopo un anno, il team ha recuperato i sistemi e ha misurato i PFAS raccolti utilizzando la cromatografia liquida-spettrometria di massa, che separa i composti da una miscela, permettendo di misurarli e  quantificarli.

I ricercatori hanno scoperto che: «10 PFAS sono stati rilevati in almeno un campionatore passivo, tuttavia una sostanza rilevata nell’area da precedenti team di ricerca non era tra questi. 2 composti noti come PFOA e PFOS, che vengono gradualmente eliminati, erano presenti ai livelli più alti. Erano regolarmente presenti anche i PFAS più recenti a catena corta. Sorprendentemente, diversi PFAS sono stati trovati in acque profonde meno di 3.000 piedi. Il team suggerisce che questi composti potrebbero essere arrivati ​​lì attaccandosi alle particelle mentre cadevano sul fondo del mare».

Per Lohmann, «Quest’ultima scoperta è sorprendente perché quell’acqua è “vecchia”, poiché non è stata in contatto con l’atmosfera per 50 o addirittura centinaia di anni. In genere ci aspettiamo che quest’acqua sia priva di composti industriali artificiali, tranne che in questo caso deve esserci un percorso aggiuntivo affinché i PFAS raggiungano quelle profondità, molto probabilmente attaccandosi alle particelle che si depositano».

Il team statunitense e tedesco ha calcolato la quantità di PFAS che scorre in ciascuna direzione attraverso lo stretto di Fram, dimostrando che «In un anno circa 123 tonnellate hanno viaggiato nell’Oceano Artico e circa 110 tonnellate nell’Oceano Atlantico. Questi valori sono i più grandi tra quelli segnalati nello stretto di Fram, a dimostrazione di quanto sia significativa la circolazione avanti e indietro dei PFAS nell’Oceano Artico».

Lohmann conclude: «I PFAS sono presenti in concentrazioni molto maggiori rispetto ad altri contaminanti che abbiamo esaminato in precedenza».