In Europa i decessi legati all’inquinamento atmosferico sono oltre 400mila l’anno. Italia tra i peggiori
Il rapporto tra inquinamento, Covid-19 e altre malattie. Ma i decessi sono in diminuzione grazie al miglioramento della qualità dell’aria
[24 Novembre 2020]
Secondo l’Air quality in Europe – 2020 report pubblicato dall’Agenzia europea dell’ambiente (Eea), nell’ultimo anno censito l’inquinamento atmosferico ha fatto quasi mezzo milione di vittime in Europa: nel 2018 l’esposizione al particolato fine (PM2.5) ha causato circa 417.000 decessi prematuri in 41 paesi europei (circa 379 000 dei quali si sono verificati nell’Ue-28), mentre 54.000 e 19.000 morti premature sono state attribuite al biossido di azoto (NO2) e all’ozono troposferico (O3) rispettivamente (i tre dati costituiscono stime distinte e non vanno sommati per evitare un doppio conteggio, dichiarano dalla Eea). In questo contesto, l’Italia si conferma uno dei Paesi con le performance peggiori, con 52.300 vittime da PM2.5, 10.400 da NO2 e 3.000 da O3.
La nuova analisi dell’Eea, che si basa sui più recenti dati ufficiali sulla qualità dell’aria forniti da oltre 4 000 stazioni di monitoraggio in tutta Europa nel 2018, non rifugge dalle attualissime implicazioni tra inquinamento e severità della pandemia da Covid-19. Anche in questo caso il report fa l’esempio dell’Italia, dove studi hanno suggerito che «l’inquinamento atmosferico dovrebbe essere considerato un co-fattore dell’alto livello di mortalità nel nord Italia; e che l’esposizione cronica fornisce un contesto favorevole per la diffusione del virus».
Ma a prescindere dalla pandemia in corso, l’Italia si conferma una delle aree più critiche di tutto il Vecchio continente per quanto riguarda la qualità dell’aria che respiriamo. Combinando le mappe per i tre standard Ue più frequentemente superati (valore limite giornaliero PM10, valore target O3 e valore limite annuale NO2) si ottengono i seguenti risultati: «Su una popolazione totale di 621 milioni nell’area modello, 7,4% (46,2 milioni) vivono in zone in cui due o tre di questi standard di qualità dell’aria vengono superati e lo 0,7% (4,5 milioni) vive in aree in cui tutti e tre gli standard vengono superati. La situazione peggiore si osserva in Turchia, dove il 4,2% della popolazione vive in aree in cui tutti e tre gli standard vengono superati, seguita dall’Italia (in particolare la pianura padana), dove è così anche per l’1,8% della popolazione».
Più in generale, l’Air quality in Europe report mostra che 6 Stati membri dell’Ue nel 2018 hanno superato il valore limite per il PM2,5: Bulgaria, Cechia, Croazia, Italia, Polonia e Romania. Solo 4 Paesi – Estonia, Finlandia, Irlanda e Islanda – avevano concentrazioni di particolato fine inferiori ai valori guida più restrittivi dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e sottolinea che «permane un divario tra i limiti legali per la qualità dell’aria dell’Ue e gli orientamenti dell’Oms, una questione che la Commissione europea intende affrontare con una revisione delle norme dell’Ue nell’ambito del piano d’azione per l’inquinamento zero».
Soffermandosi sui collegamenti tra la pandemia di Covid-19 e qualità dell’aria, l’Agenzia afferma che «Un esame più dettagliato dei dati provvisori dell’Eea per il 2020 e i modelli di supporto elaborati dal servizio di monitoraggio atmosferico di Copernicus (CAMS) confermano valutazioni precedenti che indicano una riduzione fino al 60% di alcuni inquinanti atmosferici in molti Paesi europei in cui sono state attuate misure di confinamento nella primavera del 2020. L’Eea non dispone ancora di stime su potenziali effetti positivi per la salute associati alla migliore qualità dell’aria durante il 2020».
L’Eea ricorda che «associazioni tra NO2, PM2.5 e/o concentrazioni di ozono nell’aria ambiente e aumenti del numero di casi di Covid-19, il numero di infezioni gravi da Covid-19 e il rischio di morte da Covid-19, sono stati riscontrati anche in Cina, Stati Uniti ed Europa. Sebbene le distribuzioni spaziali delle concentrazioni di PM, O3 e NO2 differiscano ampiamente, non si può escludere la possibilità di un accumulo di rischi derivanti da elevate esposizioni a tutti e tre gli inquinanti».
Il rapporto rileva anche che «l’esposizione di lungo periodo agli inquinanti atmosferici causa malattie cardiovascolari e respiratorie, individuate come fattori di rischio di decesso nei pazienti con Covid-19. Tuttavia, il nesso di causalità tra l’inquinamento atmosferico e la gravità delle infezioni da Covid-19 non è chiaro e sono necessarie ulteriori ricerche epidemiologiche».
Inoltre, l’Ocse nel 2019 ha stimato che se tutti gli Stati membri raggiungessero i loro obiettivi nazionali di riduzione dell’esposizione per il PM2,5 nel 2020, il PIL europeo crescerebbe dell’1,28% tra il 2010 e il 2020, tenendo conto dei costi di abbattimento di circa lo 0,01% del PIL. La Polonia, con l’obiettivo di riduzione più elevato, aumenterebbe il suo PIL fino al 2,9% e la Bulgaria dell’1,7%. L’impatto è dell’1,5% circa per Austria, Belgio, Cechia, Francia e Italia; 1,2% per Germania e Regno Unito, e anche per paesi con basse concentrazioni di PM2,5, come Irlanda o Norvegia, gli aumenti del PIL sono ancora sostanziali intorno allo 0,8%.
Nonostante i dati restino preoccupanti, la buona notizia che emerge dal rapporto Eea è che «la migliore qualità dell’aria ha portato, nell’ultimo decennio, a una significativa riduzione dei decessi prematuri in Europa». Ma il rapporto ribadisce che «i più recenti dati ufficiali dell’Eea indicano che la quasi totalità degli europei risente ancora delle conseguenze dell’inquinamento atmosferico, che causa circa 400 000 decessi prematuri in tutto il continente».
Il rapporto Eea dimostra che «le politiche dell’Ue, nazionali e locali e le riduzioni delle emissioni in settori chiave hanno migliorato la qualità dell’aria in tutta Europa. Dal 2000 le emissioni dei principali inquinanti atmosferici, compresi gli ossidi di azoto (NOx), provenienti dai trasporti, sono diminuite in misura significativa, malgrado la crescente domanda di mobilità e il conseguente aumento delle emissioni di gas a effetto serra del settore. Anche le emissioni inquinanti determinate dall’approvvigionamento energetico hanno evidenziato un marcato calo, mentre i progressi nella diminuzione delle emissioni derivanti da edilizia e agricoltura sono stati lenti. Grazie alla migliore qualità dell’aria, nel 2018 i decessi prematuri provocati dall’inquinamento da particolato fine sono stati circa 60 000 in meno rispetto al 2009. Per quanto riguarda il biossido di azoto, la riduzione è ancora maggiore: nell’ultimo decennio i decessi prematuri sono diminuiti di circa il 54%. Il proseguimento dell’attuazione delle politiche ambientali e climatiche in tutta Europa è un fattore fondamentale alla base dei miglioramenti».
Il direttore esecutivo dell’Eea, Hans Bruyninckx, ha commentato: «I dati dell’Eea dimostrano che investire in una migliore qualità dell’aria rappresenta un vantaggio in termini di salute e produttività per tutti gli europei. Politiche e azioni coerenti con l’obiettivo europeo di azzerare l’inquinamento permettono di vivere più a lungo e in migliori condizioni di salute, oltre a rendere le società più resilienti».
Il commissario europeo all’ambiente, oceani e pesca, Virginijus Sinkevičius, ha concluso: «E’ buona notizia che la qualità dell’aria stia migliorando grazie alle politiche ambientali e climatiche che abbiamo attuato. Ma non possiamo ignorare il dato negativo: il numero di decessi prematuri in Europa dovuti all’inquinamento atmosferico è ancora troppo elevato. Con il Green Deal europeo ci siamo posti l’ambizioso obiettivo di ridurre a zero tutti i tipi di inquinamento. Se vogliamo riuscirci e tutelare sotto tutti gli aspetti la salute delle persone e l’ambiente, dobbiamo ulteriormente ridurre l’inquinamento atmosferico e conformare le nostre norme di qualità dell’aria alle raccomandazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità. Esamineremo questo aspetto nel nostro prossimo piano d’azione», La Commissione europea ha recentemente pubblicato una tabella di marcia per il piano d’azione dell’Ue verso l’obiettivo dell’azzeramento dell’inquinamento, che rientra nel quadro del Green Deal europeo».