Inquinamento atmosferico e mortalità da Covid-19: il rapporto c’è
Il 15% dei decessi per Covid-19 nel mondo (e in Italia) potrebbe essere attribuito all'inquinamento atmosferico
[28 Ottobre 2020]
Non per tutti i rischi di morire di Covid-19 sono gli stessi e il nuovo studio “Regional and global contributions of air pollution to risk of death from COVID-19”, pubblicato su Cardiovascular Research da un team internazionale di ricercatori guidato da Andrea Pozzer dell’International Center for Theoretical Physics di Trieste e del Max-Planck-Institut für Chemie, collega l’esposizione a lungo termine all’inquinamento atmosferico a un rischio di morte molto più elevato.
Gli autori dello studio hanno stimato, per la prima volta, la percentuale di morti per coronavirus che potrebbe essere attribuita all’inquinamento atmosferico in ogni Paese del mondo. E ne è venuto fuori che «circa il 15% dei decessi in tutto il mondo da Covid-19 potrebbe essere attribuito all’esposizione a lungo termine all’inquinamento atmosferico». In Europa si arriva a circa il 19%, in Nord America al 17% e nell’Asia orientale a ben il 27%.
Lo studio evidenzia che si tratta di stime della «frazione di morti per Covid-19 che potrebbe essere evitata se la popolazione fosse esposta a livelli controfattuali inferiori di inquinamento atmosferico senza emissioni legate ai combustibili fossili e ad altre emissioni antropiche».
Pozzer spiega che «questa scoperta non dimostra una relazione diretta di causa-effetto tra l’inquinamento atmosferico e la mortalità da Covid-19. Si tratta piuttosto di un effetto indiretto: le nostre stime mostrano l’importanza dell’inquinamento sugli esiti fatali dell’infezione virale per la salute, cioè aggravando le comorbilità».
Le stime mostrano un quadro molto diversificato a seconda dei singoli Paesi. Ad esempio, l’inquinamento atmosferico antropogenico ha contribuito al 29% delle morti per coronavirus nella Repubblica Ceca, il 27% in Cina, il 26% in Germania. In mezzo ci sono Paesi come l’Italia (15%) o il Brasile (12%). L’impatto più basso dell’inquinamento sulle morti da Covid-19 sono in Paesi come Israele (6%), Australia (3%) e Nuova Zelanda (1%).
Pozzer sottolinea: «Sebbene i nostri risultati abbiano notevoli incertezze, possiamo chiaramente distinguere il contributo dell’inquinamento atmosferico alla mortalità da Covid-19. Tuttavia, la mortalità effettiva è influenzata da molti fattori aggiuntivi come il sistema sanitario del Paese».
Un altro autore dello studio, Jos Lelieveld, direttore del Max-Planck-Institut für Chemie e docente al Cyprus Institute del Climate and atmosphere research center di Nicosia, commenta le cifre della ricerca: «Poiché il numero di morti per Covid-19 è in costante aumento, non è possibile fornire il numero finale di decessi che in un Paese che può essere attribuito all’inquinamento atmosferico. Tuttavia, nel Regno Unito, ad esempio, sono morte di Covid-19 circa 44.000 persone dall’inizio della pandemia a metà giugno. Stimiamo che la percentuale dovuta all’inquinamento atmosferico sia del 14%, che corrisponde a quasi 6.000 morti. Negli Stati Uniti, con 220.000 morti per Covid, una frazione pari al 18% conduce a quasi 40.000 decessi attribuibili all’inquinamento atmosferico».
Un altro degli autori dello studio, Thomas Münzel dell’Universitätsklinikum Mainz, ha spiegato quali siano gli effetti sulla salute dell’inquinamento atmosferico: «Quando le persone inalano aria inquinata, le piccolissime particelle inquinanti migrano dai polmoni al sangue e nei vasi sanguigni, causando infiammazione e grave stress ossidativo, che è uno squilibrio tra i radicali liberi e gli ossidanti che normalmente riparano i danni cellulari. Questo causa danni al rivestimento interno delle arterie, l’endotelio, e porta al restringimento e all’irrigidimento delle arterie. Anche il virus Covid-19 entra nel corpo attraverso i polmoni, causando danni simili ai vasi sanguigni. Se l’esposizione a lungo termine all’inquinamento atmosferico e l’infezione con il virus Covid-19 si uniscono, allora abbiamo un effetto negativo aggiuntivo sulla salute, in particolare per quanto riguarda il cuore e i vasi sanguigni, il che porta a una maggiore vulnerabilità e a una minore resilienza al Covid-19. Se hai già una malattia cardiaca, sia l’inquinamento atmosferico che l’infezione da coronavirus aggraveranno i disturbi che possono portare ad attacchi di cuore, insufficienza cardiaca e ictus. Il particolato sembra aumentare l’attività di un recettore sulla superficie cellulare, chiamato ACE-2, noto per essere coinvolto nel modo in cui il Covid-19 infetta le cellule. Quindi, abbiamo un “doppio colpo”: l’inquinamento atmosferico danneggia i polmoni e aumenta l’attività di ACE-2, che a sua volta porta a un maggiore assorbimento del virus da parte dei polmoni e probabilmente dei vasi sanguigni e del cuore».
Per stimare la relazione tra la mortalità da Covid-19 e il particolato fine PM2,5, il team ha utilizzato anche i risultati di un precedente studio epidemiologico basato su dati statunitensi concernenti la relazione tra mortalità da Covid-19 e i livelli di PM2,5. Una relazione che trova conferma dai risultati di studi cinesi simili basati sull’epidemia di SARS, che hanno analizzato l’inquinamento da PM2,5 e le conseguenze dell’epidemia da SARS-CoV-1 nel 2003. Questi studi hanno confermato che in aree con inquinamento atmosferico moderato, il rischio di morire di malattia rispetto alle aree con aria relativamente pulita era superiore di oltre l’80%, mentre nelle regioni fortemente inquinate il rischio era doppio. Incrociando i dati globali PM2.5 ottenuti dai dati satellitari e dalle reti di rilevazione dell’inquinamento atmosferico a terra in un modello matematico, gli autori dello studio hanno determinato la percentuale regionale di morti per Covid-19 attribuibili all’inquinamento atmosferico.
Lo studio si conclude con un messaggio chiaro rivolto a chi ha la responsabilità di prendere le decisioni: «I nostri risultati suggeriscono il potenziale dei benefici sostanziali provenienti dalla riduzione dell’esposizione all’inquinamento atmosferico, anche a livelli di inquinamento atmosferico di particolato fine relativamente bassi. Una lezione da trarre dalla nostra prospettiva ambientale della pandemia COVID-19 è che la ricerca di politiche efficaci per ridurre le emissioni antropiche, che causano sia l’inquinamento atmosferico sia il cambiamento climatico, deve essere accelerata. La pandemia di Covid-19 si concluderà con la vaccinazione della popolazione o con l’immunità di gregge attraverso un’infezione estesa. Tuttavia, non esistono vaccini contro la cattiva qualità dell’aria e il cambiamento climatico. Il rimedio è mitigare le emissioni. La transizione verso un’economia verde con fonti di energia rinnovabile pulite promuoveranno sia l’ambiente che la salute pubblica a livello locale attraverso una migliore qualità dell’aria che a livello globale limitando i cambiamenti climatici».